Notizie di Domenica 29
torna indietroBACK
08:30 Eco: come la tv ha cambiato la stampa
09:00 I rischi della corsa allo scoop e i rimedi possibili
09:30 Wiesel: "Informazione, conoscenza, verità sono legate dalla possibilità dell'uomo di affermare la fiducia nella sua storia, ma anche nella sua umanità"
10:00 Eco: cosa accade con Internet? Si rischia "la censura per eccesso"
10:25 Giesbert: "Con la globalizzazione, l'informazione è diventata una merce"
10:40 Giesbert: "Con la globalizzazione il pensiero unico, l'immagine unica impongono la loro legge"
11:00 Apre la tavola rotonda. Le domande degli studenti
11:15 Ajello: fare un giornale oggi è drammatico. Si insegue troppo la tv.
11:25 De Bortoli: l'informazione rimane una forza positiva
11:45 Lucia Annunziata: Internet minerà la "cupola" dell'informazione ufficiale
11:55 Mentana: l'informazione non deve rispettare gerarchie, ma captare ciò che è interessante e importante
12:15 Andrès Ortega: la globalizzazione non deve diventare americanizzazione
12:30 Annunziata: "Chi decide le notizie?
15:30 Furio Colombo: "Si oscura la verità quando si accredita la leggenda metropolitana"
16:15 Laure Adler: difendere la deontologia del giornalismo al di là delle zone d'ombra.
16:40 Bignami: la vita su Marte? Una "leggenda planetaria"
16:50 Internet grande strumento di indipendenza culturale
17:00 Irene Bignardi: quale verità nel giornalismo culturale?
17:20 Colombani: "L'obiettività è un ambizione"
17:40 Colombani: "I giornalisti devono essere sovversivi"
Eco: come la tv ha cambiato la stampa
Torna all'inizio della pagina

"Nel corso dei secoli un nuovo medium non ha mai distrutto l'altro, ma lo ha profondamente trasformato". Questa la premessa di Umberto Eco alla tavola rotonda iniziale del Forum "Informazione, conoscenza e verità". Bisogna oggi analizzare la situazione della stampa, settimanale e quotidiana, dopo l'avvento della televisione e di fronte alle nuove possibilità di Internet. Prima della televisione, erano i giornali a dare per primi le notizie; poi questa è diventata prerogativa di radio e tv, che hanno lasciato alla stampa il compito dell'approfondimento e del dibattito politico. Quando anche quest'ultimo si è trasferito sul piccolo schermo, i quotidiani si sono avvicinati sempre di più ai settimanali, offrendo ai lettori gadget e supplementi vari.

I rischi della corsa allo scoop e i rimedi possibili
Torna all'inizio della pagina

"La stampa diventa sempre più interessata a pubblicare solo quello che è stato già pubblicato dai propri concorrenti". A parlare è ancora Umberto Eco: "mi trovo sempre più di fronte ad intervistatori documentatissimi che mi chiedono di rispondere alla stessa domanda che mi aveva fatto un altro giornale e di dare possibilmente la stessa risposta". L'intervista invece dovrebbe mirare a far dire all'intervistato qualcosa di inedito e inatteso. Che fare? si chiede il professore. Alla stampa rimangono due vie, entrambe difficili. Una è quella di tornare ad una formula scarna, che si limita a dare le notizie essenziali. Questa sarebbe però una "iattura" per la vita politica, perché verrebbe a mancare la funzione critica della stampa. L'altra via sarebbe quella dell'attenzione allargata. "Il quotidiano rinuncia a diventare settimanale e diventa austera e attendibile miniera di notizie su tutto quello che avviene nel mondo". Ovviamente però questo tipo di stampa costa molto, perché richiede il lavoro di molti giornalisti che preparano le inchieste con largo anticipo.

Wiesel: "Informazione, conoscenza, verità sono legate dalla possibilità dell'uomo di affermare la fiducia nella sua storia, ma anche nella sua umanità"
Torna all'inizio della pagina

Elie Wiesel, premio Nobel per la pace (1986), ha aperto il convegno di Bologna dedicato a Informazione, conoscenza, verità, chiedendosi qual è il ruolo dei media quando esseri umani si scontrano, quando uomini e donne muoiono per una causa tragica e senza speranza: "La sete di conoscere il mondo è antica e nasce dal bisogno di uscire dalla solitudine. Per l'uomo è una necessità, dalla quale nasce la ricerca dei mezzi di informazione. Mentre prima bisognava viaggiare per ricevere informazione, oggi l'informazione ci viene dietro, e basta premere un pulsante per assistere a guerre, o a operazioni chirurgiche di eccezionale importanza. Oggi possiamo e vogliamo sapere tutto immediatamente. Il tempo non esiste più, è un tempo concentrato". Secondo Wiesel, "con l'avvento di Internet l'individuo è esposto a una serie di informazioni non digeribili, né gestibili. Essere eccessivamente informati significa essere mal informati". Tuttavia la libertà di espressione è alla base della democrazia. "Ma se informazione significa fornire una serie di dati, di notizie utili, il fine è la conoscenza. Mi servo dell'informazione, ma tendo alla conoscenza, che si situa a livello dell'essere e crea i propri mezzi e le proprie verità. Chi ha la conoscenza può comunicarla". Wiesel ha sottolineato come lo scopo della conoscenza sia la verità, che si nasconde e viene continuamente ricercata e ha concluso con l'affermazione che "informazione, conoscenza, verità sono legate dalla possibilità dell'uomo di affermare la fiducia nella sua storia, ma anche nella sua umanità".

Eco: cosa accade con Internet? Si rischia "la censura per eccesso"
Torna all'inizio della pagina

"La stampa ha reagito bene al fenomeno Internet, con il quotidiano online". Secondo Umberto Eco, questo permette di avere subito le notizie più importanti ed è utilissimo come archivio. Però sappiamo che il tempo dedicato alla lettura sul computer non è uguale a quella sul supporto cartaceo. "I profeti del digitale ci dicono che grazie all'e-book presto potremo comporre il nostro quotidiano, scegliendo le notizie che ci interessano". Il giornale fatto in casa però potrebbe dire solo quello a cui l'utente è già interessato e gli sottrarrebbe la possibilità di cogliere, sfogliando il resto del giornale, la notizia inattesa o non desiderata. Un altro rischio di Internet è di "creare una censura per eccesso". L'eccesso di informazione porta a criteri casuali di selezione. Bombardati da una massa di informazione che hanno potenzialmente la stessa credibilità, dovremmo affidarci a pochi siti selezionati. Credendo di essere liberi, saremmo ugualmente dipendenti da un centro che ha agito come filtro, "solo che non ce ne renderemmo conto. Mentre oggi sappiamo distinguere tra il filtro chiamato Libero e il filtro chiamato Repubblica". A conclusione del suo intervento, Umberto Eco lancia la prima tavola rotonda del Forum per discutere dei temi sollevati.

Giesbert: "Con la globalizzazione, l'informazione è diventata una merce"
Torna all'inizio della pagina

Franz- Olivier Giesbert, direttore di Le Point, nel suo intervento "Globalizzazione, pensiero unico e ciclo dell'oblio", ha sottolineato come in pochi anni siamo passati da un capitalismo nazionale a un capitalismo globale. Oggi tutto si globalizza, l'economia, le abitudini di consumo, ma anche l'informazione e i suoi modi di diffusione. Secondo Giesbert soprattutto con Internet "cambia la natura dell'informazione. Internet deve attirare pubblico: è un centro commerciale, un supermercato che dà anche informazione. Ma su Internet l'informazione è marginale: i tantissimi giornali gratuiti online non sono affidabili, perché non vivono di informazione ma di pubblicità. L'informazione è diventata un prodotto di richiamo, è un'industria, sempre più veloce e meno cara. La globalizzazione dovrebbe favorire la pluralità, ma non è così: l'informazione è diventata una merce". Secondo Giesbert, anche il ruolo del giornalista è destinato a cambiare: "il giornalista non cerca più la verità, ma semplicemente la confezione. L'universo mediatico ha ridotto la qualità del giornalismo; sostituisce la riflessione e permette di non mettersi mai in discussione".

Giesbert: "Con la globalizzazione il pensiero unico, l'immagine unica impongono la loro legge"
Torna all'inizio della pagina

"Un tempo, i filosofi pontificavano sull'idea del corpo-mondo: ora ci siamo arrivati. Il mondo è uno stesso corpo e la testa si trova a Washington e i mass-media globalizzati riprendono, spesso senza spirito critico, il discorso americano". Lo ha detto Giesbert, sottolineando come gli Stati Uniti esportino le loro immagini, la loro etica. È la televisione oggi che fa la storia: per esempio, rispetto alle immagini del bambino ucciso dagli israeliani che hanno girato il mondo, l'emozione è troppo forte, non si può fare nessuna analisi. In questo modo, però, il pensiero unico e l'immagine unica hanno imposto la loro legge, senza lasciare spazio all'analisi e alla sfumatura. Per esempio, abbiamo avuto sotto gli occhi tutti i giorni il dolore dei kosovari, ma non abbiamo mai visto il dolore dei serbi. "Il "media"- mondo mostra sempre e soltanto una parte della realtà, quella che gli va bene o quella che può essere accessibile e che in verità si identifica con la prima". Giesbert ha ribadito che non si tratta di disinformazione nel vero senso della parola, ma l'effetto è spesso il medesimo. "Il pensiero unico o l'immagine unica semplificano troppo il messaggio perché esso risulti onesto. Sulla guerra del Golfo o su quella del Kosovo, tutti i giornalisti e tutti gli organi di stampa che esprimevano delle obiezioni erano considerati traditori della Patria, dell'Occidente e della specie umana". L'effetto di questa informazione unica è talmente potente da far credere che non esiste altra tragedia, se non quella che la inquieta; il martire del Kossovo cancella quello del Tibet, la carestia della Somalia annulla quella del Sudan. Dunque contrariamente a ciò che si sarebbe potuto pensare, la globalizzazione non fa che aggravare l'istinto gregario dei mass-media. Essa non ha favorito la diversificazione dei commenti e delle informazioni. Al contrario ha contribuito a unificare tutto. Giesbert ha concluso il suo intervento esortando l'universo mediatico a trovare degli anticorpi per non diventare solo uno strumento di manipolazione.

Apre la tavola rotonda. Le domande degli studenti

"Si dice spesso che noi giovani siamo poco interessati all'informazione giornalistica. Dipende solo da noi o anche al fatto che l'informazione giornalistica è pco interessata a noi?" E' una delle domande elaborate dagli studenti dell'Università di Bologna per i conferenzieri. A proporla è Umberto Eco coordinatore della prima tavola rotonda cui prendono parte Nello Ajello, Lucia Annunziata, Ferruccio de Bortoli, Enrico Mentana e Andrei Ortega. Assente giustificato Jorge Semprun, invitato a Parigi al premio Goncourt. Le altre domande degli studenti: Una immagine può falsare di più una notizia che non l'informazione scritta? Quali sono le influenze dei partiti e delle grandi industrie nelle redazioni?.Quali le influenze delle concessionarie di pubblicità? Si può scrivere un articolo negativo contro il maggior azionista o il maggior concessionario di pubblicità Qual è l'idea che i giornalisti hanno dei lettori?

Ajello: fare un giornale oggi è drammatico. Si insegue troppo la tv.
Torna all'inizio della pagina

"Se fare un giornale è sempre stato difficile, oggi è drammatico". Aprendo la discussine della tavola rotonda, Nello Ajelllo si riporta alla relazione di Eco sui rapporti tra quotidiani e tv. Titoli illusori, drastici, falsamente drammatici, spesso poco veritieri. Nel gennaio '99 a Milano ci fu una serie di omicidi stradali, sembrava di leggere le cronache delle sparatorie dei gangster nella Chicago degli anni '30. Dopo un po' il ciclo dell'oblio si era compiuto. Idem per il battage giornalistico intorno al caso dell'oncologo Di Bella e per la morte per incidente di Lady Diana tre anni fa I giornali parlano all'infinito della tv e si iscrivono ad una gara persa in partenza. Imbottire i giornali di divismo rosa significa arrendere, non combattere il nemico sul suo stesso terreno. All'imperialismo del tubo catodico non viene opposto un vero argine. I giornali non dovrebbero dunque pubblicare le notizie date dalla tv la sera prima, secondo Eco. Ma per molti la tv è la vita stessa, come si può ignorarla? Ciò che non passa per la tv non esiste, ha detto Giesbert. Per attirare i lettori oggi i giornali si aggrappano a tutto, come quelle ragazze che in mancanza di bellezza vantano un grande corredo. I quotidiani si reggono sui gadget. Che fare? Riflettere sulle due alternative proposte da Eco: giornale scarno ed essenziale o austero e attendibile. Meglio riflettere che piangersi addosso.

De Bortoli: l'informazione rimane una forza positiva
Torna all'inizio della pagina

"La stampa italiana ha mostrato anche indipendenza e autonomia; ci sono bravi giornalisti che si conquistano la loro libertà". Ferruccio de Bortoli, direttore del Corriere della Sera, durante la tavola rotonda "La globalizzazione nella produzione di notizie" ha spezzato una lancia in favore del giornalismo, ricordando inchieste come quella sul Russiagate, che non è mai stata smentita, o come quella sul lavoro minorile che ha causato una perdita secca di pubblicità ai giornali. Non solo: ha ricordato come alcune immagini del Vietnam cambiarono la percezione della guerra degli americani. De Bortoli ha sottolineato che Internet può portare una rivoluzione straordinaria, dando potere anche a coloro che sono esclusi dal mondo dei media: "Le nuove tecnologie aumentano la diffusione dell'informazione. Il problema sarà distinguere il lecito dall'illecito, il legale dall'illegale, il certo dall'incerto. Anche su Internet ci sarà bisogno di certificazione, di credibilità. Ma la stampa deve essere libera e deve pubblicare tutto ciò che vale la pena di pubblicare".

Lucia Annunziata: Internet minerà la "cupola" dell'informazione ufficiale
Torna all'inizio della pagina

"Esiste un establishment informativo che ha oggi un forte potere e che decide di cosa parlare e come parlarne". A parlare è Lucia Annunziata, che prosegue: " Questa è una delle ragioni per cui c'è distanza tra chi produce e chi fruisce l'informazione. Internet è uno strumento dalla straordinaria capacità democratica che può bucare questa cupola". Nel mondo dell'informazione, Internet rappresenta una vera rivoluzione. Finora Eco ha posto il problema dal punto di vista del fruitore. Ma è anche in corso una riflessione profonda dei i giornalisti su come si fa il giornale online. Tutta la contro-informazione che ci ha permesso di decifrare cosa realmente stava succedendo nei Balcani o in Cina la abbiamo ricevuta attraverso Internet. I media tradizionali riferiscono una grande parte di notizie ma ne tengono fuori tantissime altre. Che non rientrano nei sistemi politici ufficiali o che rappresentano punti di vista. Un esempio. Il rinnovo del cda di Mediobanca è il tormentone delle ultime settimane. Stamattina non c'era informazione più inglese di quella data dai giornali italiani: un percorso minato di allusioni e silenzi. Chi ha vinto e chi ha perso? Non si capisce. Le informazioni non sono state poche né scorrete, né ideologicamente orientate, ma comprensibili solo ad uno stretto gruppo di addetti cui i giornali oggi si rivolgono. "Il Grande Fratello è la prima prova di tipo 'internettista' applicata alla televisione, perché permette di fruire di una trasmissione senza mediazioni. E il grande successo di pubblico riscosso da un'iniziativa di questo tipo fa pensare che un uso massiccio di Internet non è più così lontano.

Mentana: l'informazione non deve rispettare gerarchie, ma captare ciò che è interessante e importante
Torna all'inizio della pagina

"Per fare informazione non dobbiamo rispettare vecchie gerarchie, ma dobbiamo piuttosto stare attenti a ciò che è interessante e importante. L'informazione non deve più soddisfare un élite, ma raccontare come va il mondo e essere anche in grado di offrire intrattenimento". Questo il senso dell'intervento del direttore del Tg5, Enrico Mentana, che, durante la tavola rotonda "La globalizzazione nella produzione di notizie", ha sottolineato come, con la crescita di una democrazia mediatica di massa plebiscitaria e populistica, l'informazione debba scrollarsi di dosso la presunzione e l'illusione di decidere cosa interessa. Mentana ha anche fatto delle previsioni sul futuro dei media: "Non credo e non ho mai creduto alla favola dei mass media che non si fanno male. Internet sta facendo malissimo ai quotidiani. In futuro i giornali dovranno essere gratis e vivranno di pubblicità. Ma la televisione avrà un assoluto predominio per gli avvenimenti prevedibili: sempre di più un fatto vivrà solamente della rappresentazione televisiva".

Andrès Ortega: la globalizzazione non deve diventare americanizzazione
Torna all'inizio della pagina

"Abbattendo le frontiere, Internet dà ai suoi utenti una consapevolezza mondiale. Ma questa non deve confondersi con un appiattimento culturale". E' questo il monito di Andres Ortega. Dietro l'americanizzazione ci sono grandi differenze. I satelliti mondiali possono creare anche un mondo più compartimentarizzato. In futuro, gran parte del traffico di Itrenet sarà di natura locale. L'accesso ai media per ora è molto impari, il 50 per cento della popolazione mondiale non usa neanche il telefono. Un rapporto recente sullo sviluppo dell'umanità afferma che è più facile che un villaggio cinese sia collegato ad Hollywood attraverso la tv che non per telefono ad un villaggio distante 50 km. L'impatto di Internet in società chiuse come la Cina o l'Arabia Saudita dovrebbe portare a una decentralizzazione del potere politico e mediatico. Bisogna puntare sulla capacità delle diverse culture di adattarsi, assimilare nuove tecnologie ma mantenersi diverse. I curdi, ad esempio, hanno i loro canali televisivi, i movimenti fondamentalisti islamici fanno buon uso delle tecnologie, gli hezbollah hanno i telegiornali più seguiti del medioriente. Attenzione però: allo stato attuale il locale è locale, ma il globale è americano. Nei media, nel cinema, gli americani sfruttano il mercato europeo meglio del loro mercato. E questo dà agli Usa un potere senza precedenti, perché possono controllare il potere attraverso l'informazione. Tutti i giornalisti del mondo guardano la Cnn. Chiunque domini il contenuto avrà un'influenza politica e culturale fondamentale. E questo provoca uno sviluppo dell'effetto Cnn. Poiché i media globali sono alla base di un interventismo globale, sono spesso i media a determinare l'agenda politica internazionale. Per fare un esempio, la ragione per cui la Nato non ha inviato le truppe di terra contro Milosevic è stato il timore di come l'opinione pubblica avrebbe reagito. Se i media spingono i governi ad agire, accade anche il contrario: i governi cercano di manipolare i media e a volte ci riescono. Ci sono conflitti che non arrivano mai in superficie perché non ci sono telecamere. Perché le telecamere vengono usate in certi posti e non in altri? Su un altro versante, la carta stampata può anch'essa influenzare l'agenda politica, ma deve seguire un suo percorso. E considerare un po' meno la televisione Un'ultima considerazione sulla stampa gratuita: per Ortega è un'eventualità preoccupante, una stampa gratuita non potrà mai essere libera.

Annunziata: "Chi decide le notizie?
Torna all'inizio della pagina

L'audience" "Chi decide le notizie? L'audience".Con questa affermazione, Lucia Annunziata ha invitato ad ammettere le vere ragioni nella scelta delle notizie, durante l'acceso dibattito alla fine della tavola rotonda "La globalizzazione nella produzione di notizie"

Furio Colombo: "Si oscura la verità quando si accredita la leggenda metropolitana"
Torna all'inizio della pagina

"Noi abbiamo il dovere di dare sempre notizia di un'inchiesta che si apre e di stare sempre dalla parte di un'inchiesta". Così ha aperto il suo intervento "Leggende metropolitane nel giornalismo contemporaneo" Furio Colombo, giornalista, scrittore, deputato al Parlamento italiano, sottolineando la gravità del fatto che spesso le inchieste sui giornali si chiudano mentre l'inchiesta vera e propria si apre: "Il giornalista deve chiudere le inchieste un'ora dopo che il giudice le chiude, non un'ora prima". Dalla notizia alterata alla notizia che non esiste il passo è breve: "Vi sono notizie che non solo non sono vere, ma sono radicalmente inventate e vistosamente false. Eppure un gran numero di persone le crede vere, le diffonde, le ripete. E i giornali, ciclicamente, si prestano al gioco". Secondo Furio Colombo, il giornalismo scritto e televisivo è responsabile delle leggende metropolitane perché ne favorisce la diffusione. E poi le abbandona perché il nulla che c'è dietro non fa notizia. Accade che tali leggende, trasformate nuovamente in notizie, entrino nel contesto di discorsi di uomini di Stato inserite fra preoccupazioni fondate che, di nuovo, attribuiscono forza alla leggenda e la rilanciano. Soltanto pochi giorni fa, per esempio, il presidente del Tribunale dei minori di Milano, a proposito dei fatti di Torre Annunziata, ha lasciato trapelare l'idea che i bambini scomparsi potrebbero essere stati rapiti allo scopo di venderne gli organi. E questo confonde le acque. Le leggende metropolitane hanno come protagonisti preferiti i bambini e in genere si situano in prossimità di grandi strisce di eventi che effettivamente appassionano e preoccupano. Le leggende sulle scomparse dei bambini hanno due grandi percorsi: uno si situa in prossimità del pericolo che i bambini corrono davvero in tutto il mondo, di essere vittima di violenza sessuale; l'altro si situa nelle vicinanze del tema angoscioso, mai chiarito e ampiamente discusso del trapianto di organi. "Ma mai - ha sottolineato con forza Furio Colombo - in alcun punto del mondo un'inchiesta si è chiusa con una prova definitiva. I media stanno diffondendo del materiale inerte, falso, non veramente pericoloso". In realtà il numero di bambini scomparsi senza lasciare tracce, negli Stati Uniti come in Italia, è di poche unità e spesso queste sparizioni dipendono da cause matrimoniali (una madre o un padre che rapiscono il proprio figlio affidato all'altro genitore); dunque la percezione della scomparsa dei bambini è molto maggiore rispetto alla realtà. La responsabilità dei mezzi di informazione è grande: "Si oscura la verità quando si accredita la leggenda metropolitana".

Laure Adler: difendere la deontologia del giornalismo al di là delle zone d'ombra.
Torna all'inizio della pagina

"Ultimamente il giornalismo sembra avere perso di credibilità. Si parla di disinformazione, e disinformare significa non informare e compromettere la funzione minima del giornalismo". A parlare è Laure Adler, direttrice del canale radiofonico France Culture. "Ma potremmo ancora essere ottimisti. Molti giornalisti difendono la morale e prendono le distanze dalla notizia esclusivamente sensazionalista. E' nella zona d'ombra tra noi e gli altri che si gioca la deontologia del giornalismo. In questo Internet ha una grande importanza, perché chi cerca le notizie in Rete non è passivo, può produrre informazione a sua volta. E' l'uomo il produttore del senso del mondo". Per parlare della situazione del giornalismo oggi bisogna prendere in considerazione tre elementi, porsegue la Adler: propaganda, indiscrezioni, e sovrainformazione. Il giornalismo è nato con la rivoluzione francese, quindi è molto legato alla propaganda. La sua funzione era quella di esaltare alcuni eventi ed acune persone che poi sono andate al potere. L'idea del giornalista eroe della verità arriva solo in seguito. Ci sono poi le indiscrezioni. Alcune informazioni non vengono argomentate, nascondono e negano la realtà. Sono la perversione della trasmissione delle notizie. Il giornalismo non può opporsi alle "voci". Ma può segnalare che sono tali. Edgar Morin, in un saggio intitolato Le voci di Orleans, racconta come in una piccola città francese si sia diffusa una voce terribile: molte donne che provavano la biancheria nei negozi di commercianti ebrei sarebbero scomparse dai camerini di prova e coinvolte nella tratta delle bianche. Tre giorni fa ad Abidjan, in Costa d'Avorio, circolava la voce che l'acqua fosse avvelenata: e i giornalisti continuano a smentire, ma il rumore continua a girare. Infine, la sovrainformazione. Con la rivoluzione di Internet si è creato un rapporto nuovo tra la mente e la comunicazione. Le informazioni arrivano in tempo reale ma possono essere vere o false. Questo passaggio immediato modifica il mondo della comunicazione e rimette in discussione il concetto di verità. Il giornalista ormai è oggetto di un flusso di informazione continuo e rischia di diventare un burattino nelle mani del potere, perché diminuisce la capacità di selezionare. Non dobbiamo permettere che il giornalismo di ricerca venga soppiantato dal giornalismo-rivelazione.

Bignami: la vita su Marte? Una "leggenda planetaria"
Torna all'inizio della pagina

"Internet è nata dalla fisica, per la fisica e poi pian piano è arrivata ai giornalisti, che goffamente la usano per affermare la loro verità". Con questa affermazione l'astrofisico Giovanni F. Bignami, direttore dell'area scientifica dell'Agenzia Spaziale Italiana, ha iniziato il suo intervento all'interno della tavola rotonda introdotta da Furio Colombo. Le leggende metropolitane sono spesso leggende planetarie, come quella assolutamente rilevante dei marziani. Bignami ha ricostruito l'origine della leggenda della vita su Marte, individuando come tappa fondamentale per la sua diffusione un'immagine del New York Times del 1909. E ha concluso: "È evidente che la leggenda della vita su Marte nasce dal niente, dalla visione di semplici fluttuazioni". Ma non esiste solo l'informazione gonfiata, esiste anche l'informazione sottovalutata: Bignami ha sottolineato con forza l'assurdità del fatto che una notizia importante come quella che un satellite italiano ha reso nota a Roma la scoperta di un'esplosione poco meno violenta di quella del Big Bang, fosse oggi solo a pagina 27 del Corriere della Sera.

Internet grande strumento di indipendenza culturale
Torna all'inizio della pagina

"Sono rimasta invece molto ammirata da una campagna creata in modo indipendente dai ragazzi americani che hanno realizzato il film The Balir witch project" ha dichiarato la Bignardi in conclusione del suo intervento. "Hanno bombardato i fruitori di Internet con comunicazioni dirette e quando il film è uscito c'era un pubblico ansioso di vederlo e si è rivelato un clamoroso successo. Nel mondo degli eventi culturali, un mondo dalle possibilità di scelta infinite, in cui le notizie non ci sono ma le cose si devono proporre all'attenzione per la loro forza naturale, Internet offre una grande occasione di indipendenza per comunicare le iniziative interessanti".

Irene Bignardi: quale verità nel giornalismo culturale?
Torna all'inizio della pagina

"Quasi mai troviamo la verità in materia di informazione culturale, che è la forma più eminentemente soggettiva del giornalismo". Introducendo il suo intervento, Irene Bigardi cita La leggenda di Joe Gould, un libro scritto da un giornalista del New Yorker ed edito in Italia da Adelphi. Joe Gould scriveva la storia orale del mondo ed era undici volte più lunga della Bibbia. Allo stesso modo della storia orale, si può parlare dell'immensità degli eventi culturali. Solo in Italia escono ogni anno 20mila libri e ci sono più di 600 festival; dove si deve indirizzare la curiosità del cronista? Le notizie che appaiono nelle pagine della cultura, a meno che non si facciano ricerche accuratissime, sono in sostanza la cassa di risonanza degli uffici stampa, che possono essere i motori o i filtri dei vari eventi. Scegliere di cosa parlare e giudicare con il proprio gusto tira in ballo la conoscenza, la cultura e soprattutto l'etica. Esistono i clan, le passioni personali; dare rilevanza ad uno spettacolo su un giornale equivale a pubblicità gratuita. Ogni singolo giornalista deve difendersi da questi meccanismi. Un esempio recente: l'ultimo film di Tornatore, Malena. Su questo film come su molti altri, è stata fatta ad opera della casa produttrice una campagna di stampa così forte che qualsiasi voce critica successiva viene completamente azzerata. In termini di spazi, che sono quelli che impressionano la memoria del lettore, tutto ciò che è propaganda è più forte dei momenti di riflessione. Spetta soprattutto alle scuole e all'università creare un pubblico di lettori capace di elaborare un giudizio critico personale, per fare fronte a questo rischio.

Colombani: "L'obiettività è un ambizione"
Torna all'inizio della pagina

"Tutta l'informazione è soggettiva, l'obiettività è un ambizione. Dobbiamo cercare di esprimere la nostra soggettività in modo onesto e leale". Jean-Marie Colombani, direttore di Le Monde, intervenendo nella tavola rotonda "Leggende metropolitane nel giornalismo contemporaneo", ha così ricordato l'impossibilità di eliminare del tutto la soggettività nel dare una qualsiasi informazione. Ma un giornalista deve ricercare inesorabilmente la verità e avere il culto dell'indipendenza. Colombani ha invitato a riflettere sulla "telecrazia", un fenomeno tutto italiano per cui c'è un uomo che possiede le tre televisioni principali e che andando al governo potrà controllare anche le televisioni statali. Il direttore di Le Monde è poi intervenuto sui cambiamenti che Internet introdurrà nel mondo dei media: "Anche la televisione è minacciata da Internet, il mezzo di comunicazione del nuovo millennio. La carta stampata non è così disarmata: si può essere credibili su Internet solo se si possiede un marchio precedente già accreditato. Le cose non sono così semplici e brutali come si potrebbe pensare". E ha manifestato la sua fiducia nella carta stampata: "Il giornale vi offre in una sola mano, in un solo giorno un quadro generale di quello che accade sulla Terra. Almeno per una categoria di persone quest'oggetto sarà sempre insostituibile".

Colombani: "I giornalisti devono essere sovversivi"
Torna all'inizio della pagina

Qual'è dunque il compito dei giornalisti oggi? Si chiede Jean Marie Colombani a chiusura del dibattito con il pubblico. E risponde: "Guardare sempre dietro il messaggio ufficiale, dietro la comunicazione ufficiale. Noi dobbiamo essere sovversivi, è quello che possono apportare i giornalisti in tempi difficili come i nostri. Guardiamo cosa accade in Cile, dove tutti i poteri ufficiali si oppongono alla creazione di un giornale indipendente. E' per denunciare situazioni come queste che vale la pena di battersi".