HANDIMATICA 2004

CSR e disabilità nel bilancio sociale delle imprese

Bologna 26 novembre 2004

 

Tavola rotonda “Le esperienze delle imprese”

Intervento di Aurora Riccardi – Dirigente Area Welfare e Risorse umane di Confindustria

 

Il ruolo principale delle imprese è quello di creare reddito, nel rispetto delle legislazioni vigenti nei Paesi nei quali operano e degli standards minimi stabiliti a livello internazionale sui diritti umani, il lavoro, l’ambiente, ecc..

L’attività delle imprese non si esaurisce però qui.

Nelle aree in cui esse operano, infatti, la ricchezza, la competitività, la capacità di creare investimenti, contribuiscono a generare sviluppo.

Proprio questo sviluppo legato all’attività imprenditoriale si è rivelato determinante per creare occupazione, per innalzare i living standars, per trasferire conoscenze e skills, per sviluppare tecnologie, per favorire l’innovazione.

Se si considera, quindi, la tradizione di sviluppo dell’industria, ci si accorge che l’impresa è da sempre un “soggetto di Responsabilità sociale”.

Oggi, con l’apertura dei mercati, le sfide della competitività, la maggiore consapevolezza acquisita da parte di investitori e consumatori, quella che potremmo definire la “dimensione sociale” dell’impresa è stata notevolmente ampliata.

Le imprese dedicano, infatti, maggiore attenzione ai temi sociali, economici ed ambientali, confrontandosi non più solo con gli shareholders, ma anche con i diversi i stakeholders presenti nelle realtà nelle quali esse svolgono la loro attività.

Per tali ragioni, anche il reputational risk management, in base al quale l’impresa gestisce il suo business tenendo conto dell’impatto che esso ha su tutti i soggetti esterni, sta diventando un fattore di competitività che non può essere trascurato.

Il tema della Responsabilità sociale va, tuttavia, inserito in un contesto più ampio che è quello relativo al problema dello sviluppo sostenibile.

Questo, per le imprese, non deve diventare un nuovo vincolo, bensì un’opportunità, per dimostrare ancora una volta la loro profonda “dimensione sociale”, ed una sfida, per operare sempre con maggiore competitività e continuare a generare benessere.

Si tratta, però, di una sfida che va colta insieme ad altri soggetti - i lavoratori, i consumatori, gli investitori, le autorità pubbliche – con uno sforzo comune e con la piena assunzione delle rispettive responsabilità.

In un quadro di sviluppo sostenibile, il ruolo che le imprese possono giocare, anche sul terreno della disabilità, è importante, ma necessariamente limitato.

Nel “vuoto” di potere e responsabilità che la globalizzazione sembra aver paradossalmente generato in alcuni ambiti, al mondo del business non possono essere attribuiti oneri che appartengono, invece, alla sfera di competenza ed autonomia delle autorità pubbliche, sia a livello locale che nazionale ed internazionale.

Se è vero, quindi, che le imprese possono volontariamente fornire utili contributi, spetta, però, sempre ai singoli Governi ed alle istituzioni internazionali garantire il rispetto dei principi democratici e dei diritti umani, un quadro legale di riferimento solido, un clima favorevole allo sviluppo economico ed al progresso sociale e culturale, attraverso appropriate infrastrutture.

Le politiche di Responsabilità sociale, dunque, in quanto basate sulla volontarietà, si affiancano agli obblighi di natura giuridica, ma non si sostituiscono ad essi.

Sebbene sia comunemente presa a riferimento quella contenuta nella comunicazione della Commissione europea sulla Responsabilità sociale, è difficile individuare a priori una definizione universalmente applicabile di Responsabilità sociale.

Essa rappresenta, infatti, un concetto profondamente soggettivo, che acquista un valore diverso a seconda del contesto ambientale, sociale ed economico, della realtà produttiva specifica e degli stakeholders rilevanti ai quali viene riferito.

Una pratica, ad esempio, che risulta socially responsible in un Paese in via di sviluppo, può non esserlo se riferita alla realtà di un Paese di sviluppo avanzato.

Le imprese hanno una lunga tradizione di adozione volontaria di comportamenti socialmente responsabili.

Oggi, le sollecitazioni operate dal mercato sulle imprese affinché queste adottino pratiche di Responsabilità sociale stanno diventando ancora più forti e, di conseguenza, le iniziative socially responsible di cui si rende protagonista il mondo del business sono sempre più frequenti e diversificate, sia a livello locale che a livello internazionale.

Le esperienze più significative in tema di Responsabilità sociale si sviluppano, allora, tutte su base volontaria per rispondere al mercato.

La Responsabilità sociale rappresenta, quindi, un marcket-driven process.

Non esiste un approccio unico alla Responsabilità sociale.

Uno dei punti di forza su cui si basa lo sviluppo della responsabilità sociale, è la capacità di innovare continuamente le pratiche di Responsabilità sociale, adeguandole ai cambiamenti della realtà esterna, che impongono alle imprese di restare competitive, per continuare a creare sviluppo.

Le chiavi del successo delle iniziative di responsabilità sociale sono, infatti, il dinamismo, la creatività e l’innovazione, che permettono al management di ottimizzare l’uso degli strumenti di Responsabilità sociale, sviluppando iniziative non solo sempre nuove e diverse, ma anche – e questo è ciò che forse più conta – concretamente realizzabili, in quanto tailor-made, negli specifici contesti.

Non è auspicabile una convergenza delle esperienze di responsabilità sociale.

La Responsabilità sociale è, infatti, un processo dinamico, che rende necessario un continuo adattamento delle pratiche –e ancor più degli strumenti – ai mercati ed alle aspettative dei soggetti che li animano.

Pertanto, una “categorizzazione” degli interventi di Responsabilità sociale – attraverso, ad esempio, l’individuazione di standard che pretendono di essere universalmente applicabili – avrebbe solo l’effetto di “scollegare” progressivamente le imprese dal contesto nel quale operano, che è in continua evoluzione, mentre il modello di Responsabilità sociale imposto resterebbe fisso.

E’ necessario agevolare il processo opposto alla convergenza, vale a dire quello della diversificazione delle pratiche e degli strumenti di Responsabilità sociale.

Molte imprese, ad esempio, scelgono di adottare codici di condotta per orientare le loro politiche di responsabilità sociale.

L’utilità di tali strumenti è strettamente collegata alle modalità della loro elaborazione.

Un codice è, infatti, una buona “guida” in materia di Responsabilità sociale solo se, adottato volontariamente dall’impresa ed in coerenza con le sue specificità, è il risultato di una riflessione approfondita su quali sono i valori condivisi, gli obiettivi perseguibili e gli strumenti per raggiungerli.

Un’impresa non riuscirebbe, infatti, a “fare proprio” un codice imposto dall’esterno secondo un modello predeterminato.

Altre preferiscono adottare programmi di inserimento sociale, protocolli di intesa con le istituzioni locali e/o con il sindacato, processi interni aziendali di Responsabilità sociale, campagna di marketing sociale.

Analizzano i dati si scopre che non solo cresce il numero delle aziende che sta facendo della Responsabilità sociale una filosofia strategica, ma anche gli investimenti destinati a questi interventi sono in sensibile aumento.

Attualmente gli sforzi di Confindustria sul tema della disabilità sono rivolti allo sviluppo di iniziative territoriali finalizzate a diffondere, anche presso i rappresentanti delle amministrazioni locali, conoscenze e competenze in tema di inserimento lavorativo attraverso:

Tuttavia, poiché gli strumenti di gestione della Responsabilità sociale non appaiono ancora sufficientemente sviluppati, lo scambio di esperienze e buone pratiche costituirà in futuro un esercizio da incrementare, al fine di rafforzare il livello di attenzione delle imprese nei confronti della Responsabilità sociale.

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