HANDIMATICA 2004
SALA EUROPA – POMERIGGIO
26/11/2004
Buonasera e benvenuti, grazie a tutti
partecipanti, apriamo questo convegno su “scuole: tecnologie in evoluzione
continua, per gli alunni disabili quali opportunità”. Prima di iniziare vi devo
dare una notizia di carattere logistico, questo convegno, dal CINECA, che ha
contributo collaborativo da parte di Acanto, questa manifestazione è ripresa in
diretta su Internet, è ripreso non solo il contenuto del convegno, quello
stiamo facendo questo momento, ma saranno inserite anche tutte le slides, tutta
la sottotitolazione che vedete scorrere sullo schermo, e tutto quanto il
materiale raccolto dall'interprete della lingua italiana dei segni. Questo
potrà essere visto accedendo al sito www.handimatica.it a partire da adesso, e
fra un po' sarà integrato anche con tutti i dati che vengono anche dall’altra
sala, che è la sala Italia, quindi, per la sala Europa e per la sala Italia,
tutti i convegni che sono stati fatti, saranno registrati e visibili
collegandosi al sito. Bene, fatta questa comunicazione di carattere logistico,
entriamo sul tema vivo di questo convegno: scuola e tecnologie. Allora, queste
due parole devono essere coniugate in qualche maniera, l'importante è quando si
coniugano, e come è importante in tutte quelli accoppiamenti in cui interviene
la tecnologia, è che sia la tecnologia ancella della scuola, e non sia la
scuola ancella della tecnologia, come sappiamo, cioè, la tecnologia è diventata
una presenza molto ingombrante un grande fratello potremmo dire se il termine
non fosse stato pochino banalizzato delle recenti trasmissioni televisive, un
grande fratello nel senso del romanzo di Orwell, che è presente, è un po'
invadente, invece, noi vorremmo cogliere in questo tipo di discorso tutte le opportunità
e le cose buone che porta la tecnologia, ma, metterle al servizio di
quell'aspetto che è la creatività e l’innovazione che l'insegnamento può dare.
In questo senso, è opportuno fare un riferimento un pochino alla storia della
parola tecnologia, la parola tecnologia, dal greco, è la fusione di due parole,
“tecne” per i greci era l'arte, Prassite e Fidia possedevano una “tecne”, e la
parola “logia” che era la sapienza, quindi sapienza nell'uso delle cose, ecco,
questa sarebbe una bella accezione da usare, purtroppo la tecnologia è
diventata invece una cosa molto più arida, molto più senza fantasia, invece
dovremmo tornare a questo. Se mi permettete di fare un esempio su un uso
corretto della tecnologia, visto che siamo qua a Bologna, terra di buona cucina,
io mi rifarei alla tavola a quanto dice la Artusi, che intitola il suo libro:
la scienza in cucina e l'arte del mangiar bene. In questo caso direi: la
scienza, la tecnologia, la conoscenza dell'arte è la scienza, ma quello che
serve per fare la buona cucina, è l'arte di chi mette insieme queste cose e che
dà il contributo innovativo, quindi speriamo che questo convegno offra
attraverso i vari interventi un esempio di buona cucina perché ha sia i buoni
ingredienti che i buoni cuochi. Allora, fatta questa premessa, io adesso cedo
la parola ai primi oratori che sono Piero cecchini e Stefan von Prondzinski di ASPHI, che vi parleranno
di una, il titolo esatto è, scusate ma devo leggerlo perché è lungo: l’aula per
tutti, tecnologia ed interfacce per migliorare la possibilità di attività e
partecipazione di alunni e insegnanti, prego.
Piero Cecchini – un
buongiorno a tutti, ho l'onore di fare il primo intervento insieme a Stefan von
Prondzinski che mi seguirà nella seconda parte, dovremmo trattare proprio l’argomento
dell’uso delle tecnologie in aula, questa era l’intenzione che guidava questo
incontro. Per fare l'intervento abbiamo pensato di darci dei tempi abbastanza
ridotti e per trattare un argomento come questo abbiamo pensato di usare anche
le immagini che ci facciano da sfondo: vogliamo parlare della tecnologia e
dell'uso della tecnologia nell'aula, quindi nella scuola. Adesso ci facciamo
guidare da questa presentazione, come vedete abbiamo fatto una matrice in cui
c'è l'aula e la tecnologia dall'altra parte, e poi ci sono gli anni, le date,
abbiamo scelto di iniziare dagli anni 50 e 60, sullo schermo vedete che c'è
rappresentata un'aula così come era allora, con i banchi, la lavagna, la
cattedra e la carta geografica. Allora le aule potevano proprio essere le aule
speciali, c'erano delle aule che erano riservate agli alunni disabili che
stavano a parte, e poi c'era la tecnologia. Questa foto credo che rimandi bene
a cos'era la tecnologia allora: questi erano computer in cui si entrava
letteralmente dentro per accedere alle memorie, un intreccio di cavi e di
valvole, poi arriviamo all'anno 1977, è entrata la formica potremmo dire,
vedete che l'aula è sempre quella però i banchi hanno questa novità
costruttiva. Le aule speciali, proprio perché il ‘77 è l'anno
dell'integrazione, devono essere sciolte, e i ragazzi devono entrare nelle aule
normali. Questo processo naturalmente avverrà con un certo tempo, ma è
avvenuto. Per quanto riguarda la tecnologia vedete che gli elaboratori sono
ancora delle cose enormi, che stanno a parte, ci sono i tecnici che lavorano
con i camici ma sono ambienti ancora molto separati. Poi negli anni ‘80 – ‘90
invece avviene qualcosa di particolare, cioè l'avvento del pc ha cambiato
completamente il rapporto con questa tecnologia, perché il computer è entrato
nell'ambiente di lavoro, ma è entrato nelle case, e, per quanto riguarda la
scuola, l'aula è rimasta la stessa, i ragazzi disabili abbiamo detto che sono
entrati in qualche modo nelle classi, ed una novità di quegli anni è rappresentata
dalle aule laboratorio, cioè, la tecnologia è entrata nei laboratori dove si
faceva e si fa informatica. Poi arriviamo ai giorni nostri e l'aula spesso è
sempre ancora quella, con quelle caratteristiche, e per quanto riguarda l'uso
delle tecnologiche c'è la possibilità di vedere sempre più spesso una
tecnologia che o è a parte dall'aula, quindi c'è lo stanzino con l'informatica
per gli alunni disabili oppure entra nelle classi ma è sempre un qualcosa a
parte, in genere è un computer appoggiato contro il muro in cui c'è la
postazione per il ragazzo disabile. Poi abbiamo visto la comparsa in alcuni
casi delle aule multimediali che sono ancora abbastanza rare e che cominciano
ad avere l'uso della tecnologia proprio per la comunicazione nella didattica. E
che cosa accade per la tecnologia? Abbiamo simboleggiato questo cambiamento,
questa novità, con un palmare, cioè ci sono degli strumenti che non hanno più
bisogno di essere connessi con il computer, ma che consentono di inviare e
ricevere comunicazioni e messaggi, ma soprattutto comunicazioni, ci sono
macchine che consentono di restare connessi e di comunicare con tutti gli altri
strumenti che stanno nella società, cioè noi abbiamo un'aula come avete visto
che è ancora come quella di una volta e abbiamo i ragazzi che vanno a scuole
che sono pieni di tecnologie, sono pieni di telefonini e di strumenti che
servono proprio per comunicare. A questo punto noi abbiamo un'aula che è molto
simile a quella disegnata da Norman Rockwell diversi anni fa, che ha queste caratteristiche,
ed abbiamo tutta quella tecnologia, allora dovremmo pensare come questa
tecnologia possa diventare qualcosa che si può usare, e vedete che abbiamo dei
personal che sono connessi a reti locali ed a internet, che possono essere
collegati senza fili, dei palmari, dei tablet, tutto questo può usufruire della
banda larga quindi possiamo trasmettere molte informazioni, e poi abbiamo WiFi,
bluetooth, ci sono delle sigle che ci portano a una diversa comunicazione di
collegamento, poi fanno capolino però, finalmente, anche degli strumenti che
sono pensati per l'ambiente di apprendimento, parliamo ad esempio delle lavagne
digitali, degli strumenti per la teleconferenza che consentono di destrutturare
l'aula, di trasformarla, proiettori per vedere che cosa accade, e poi abbiamo
anche la tecnologia a supporto della disabilità: screen reader, sintesi vocali,
dispositivi braille, riconoscitori di voce, le varie tastiere espanse, tutta la
serie di sensori che naturalmente avete visto e vedrete nell'area espositiva di
HANDImatica. Se noi andiamo a vedere uno schema come questo vedete che l'uso
delle tecnologie "per tutti" richiede una certa complessità e anche
lo studio delle connessioni è molto complesso perché ci sono tante funzioni che
vengono svolte dai vari attori che, che sono lo studente, in questo caso, il docente e i compagni. Quindi a questo
punto noi ci poniamo un problema: come facciamo a progettare un'aula che sia
effettivamente per tutti? Adesso passo la parola a Stefan von Prondzinski che
condurrà la seconda parte di questo intervento.
Stefan von Prondzinski – buon
pomeriggio a tutti, quando Piero mi ha chiesto di preparare insieme a lui una
relazione sull’aula per tutti non era difficile dire di si, non era neanche
difficile scrivere questa frase “aula per tutti”, e credo che non sarà
difficile trovare una grande numero di persone che condividono questa richiesta
dell'aula per tutti, ma quando ci siamo chiesti "tutti" chi è tutti?
Com'è definito il gruppo di tutti? Ci siamo trovati di fronte a un grande
problema, non avevamo ben chiaro l'idea di "tutti". Possiamo partire
dall'idea che facciamo la somma delle persone, se io in questo momento dovessi
elencare le vostre caratteristiche di tutti i presenti arriveremmo a un elenco
lunghissimo di caratteristiche, quindi un concetto di "tutti" che
alla fine non è fattibile perché se noi dobbiamo elencare le caratteristiche di
tutti gli esseri umani non arriviamo alla fine, quindi ci vuole un qualcosa di
diverso, ci vuole un modello di riferimento che analizza la persona in senso
globale e non analitico. Cosa deve analizzare? Non le sue caratteristiche
esterne, ma ad esempio il suo funzionamento. In base a questa analisi troviamo
dei modelli operativi di progettazione, e lì c'è il modello dello standard che
si basa sul concetto di maggioranza. Qual è la caratteristica o il
funzionamento di maggioranza della persona? Ed in base a quello viene fatta
un'aula, l'aula della prima classe elementare dove vedo le sedie e i tavoli
della stessa altezza, poi abbiamo un alunno che è alto un metro e l'altro
alunno è 1 e 40, per il primo la sedia è troppo alta, per il secondo la sedia è
troppo bassa. Quindi a quel punto quello che è stato pensato per la media, per
la maggioranza non va bene a nessuno, e dobbiamo riadattare l'aula, lo
strumento, l’ambiente, lo standard, purtroppo, per il nostro percorso non è un
punto di riferimento. L'aula per tutti può essere progettata in base a un
modello diverso, un modello universale, un modello integrativo e soprattutto un
modello interattivo, questo modello non dovevamo farlo noi due, Piero e io, ci
siamo informati e esiste già qualcuno che ha fatto questo modello
multifunzionale del funzionamento dell'uomo: è stata l'organizzazione mondiale
della sanità con l'introduzione dell'ICF, della classificazione internazionale
del funzionamento della disabilità e della salute. Questo era un modello
completamente innovativo che portava a una nuova filosofia, una nuova cultura,
la struttura di questo modello è particolarmente complesso a prima vista, dopo,
si vede che è molto ben analizzato, abbiamo due parti di questo modello, uno
riguarda il funzionamento disabilità, l'altro i fattori contestuali, ogni parte
ha delle componenti e qui vediamo il corpo e le funzioni e strutture, questa
parte analizza tutte le funzioni dell'essere umano e tutte le sue strutture che
sono uguali per tutti. In più vengono classificate tutte le attività e
partecipazioni che possono essere qualificate e misurate in forma di capacità e
di performance, dove la capacità è la prestazione massima in un ambiente
standard, mentre la performance è quella che noi facciamo in un ambiente
attuale, reale. Il fattore innovativo era quello di considerare l'ambiente, i
fattori personali, un elemento non staccabile dal funzionamento dell'essere
umano, questo fattore ambientale può essere misurato in termini di facilitatori
e di barriere, quindi l'ambiente, gli strumenti, i sistemi, le politiche,
possono ostacolare o facilitare il funzionamento della persona. Questo era un
modo di vedere il mondo completamente diverso, in questo modo si cerca di
enfatizzare ciò che abbiamo in comune come esseri umani per rendere più facile
il rispetto e l'adattamento alle cose che ci rendono diversi, non più guardare
solo la diversità, ma prima partire su ciò che abbiamo in comune. A quel punto
possiamo focalizzare l'attenzione su come le persone funzionano e di cosa hanno
bisogno per vivere al meglio le loro potenzialità: è possibile in questo modo
porre fine all'isolamento e alla discriminazione e promuovere così
l'integrazione. Il punto di partenza è la salute: la salute comprende la
disabilità, ogni persona in qualunque momento della sua vita può trovarsi in
condizioni di salute che in un ambiente negativo potrebbero diventare
disabilità, quindi tutti noi siamo esposti nel percorso della nostra vita di
trovarci in situazioni dove il nostro organismo funziona di meno, questo
funzionare di meno è in relazione all'ambiente in cui viviamo. Stamattina
arrivando a Bologna ho trovato una nebbia di 30 metri di visibilità, questa
nebbia mi ha reso molto difficile e molto pericoloso l'arrivo a Bologna, ci
sono condizioni ambientali che rendono anche più facile la partecipazione. Qui
vedete un'immagine al contrario, dove alla fine è difficile capire cos'è la
disabilità: qui vediamo delle persone che sono in un momento molto positivo, un
contesto, una situazione piacevole, uno deve guardare due volte per capire: ma
dov'è qui la disabilità? Sembra quasi che il ragazzo sia disabile oppure
limitato, in quanto non prende l'iniziativa, la ragazza, che ha una disfunzione
nel cammino in questo contesto la sua disabilità non è presente. Quindi il
contesto ambientale, la situazione, è fondamentale per ridurre o eliminare la
cosiddetta disabilità. A quel punto ci siamo chiesti: l'aula per tutti come
deve essere? In base all'analisi dell'ICF l'aula per tutti deve tenere presente
le diverse forme di funzionamento della persona, quindi deve essere di modello
universale, deve facilitare le diverse forme di attività e di partecipazione in
relazione ai fattori ambientali, quindi un modello interattivo. L'aula deve
analizzare i prodotti all'interno di un sistema interrelazionale, quindi non
prendere un qualche ausilio informatico, per poi vedere se questo ausilio, va
bene nella classe, noi abbiamo bisogno di elencare tutte le condizioni e i
fattori che definiscono questo contesto per vedere che quest'elemento è
integrabile in quel contesto. Facciamo un esempio: guardiamo come all'interno
dell'ICF viene analizzato il problema della comunicazione che è un’attività
importante nell'aula. La comunicazione fa parte come capitolo del settore di
attività personale, comunicazione. La comunicazione è suddivisa in tre livelli,
noi possiamo ricevere comunicazione, possiamo produrre comunicazione, e possiamo
intercambiare, conversare, o personalmente o mediante le tecnologie, possiamo
scendere ad un livello ancora in profondità, possiamo analizzare su come
ricevere l'informazione, in questo momento voi ricevete da parte mia
informazione verbale, messaggi verbali, ma allo stesso momento io posso
comunicare mediante messaggi non verbali, posso usare la mia mano, posso girare
la mia testa per vedere se tutti sono attenti, per comunicare con voi, io posso
comunicare con simboli comuni che spesso troviamo nella applicazione di
proiezione, noi possiamo comunicare con disegni e fotografie come Piero
stamattina ha cominciato a farvi vedere la storia in termini fotografici, noi
possiamo comunicare anche con il linguaggio dei segni, basta guardare a
sinistra e vedete un’altra forma di comunicazione. Noi possiamo comunicare con
i messaggi scritti, basta guardare qui dietro, c'è una persona che traduce la
mia voce in informazione scritta, quindi in questa situazione usiamo diverse
forme di comunicazione che non sono qui casualmente, prima di fare
l'HANDImatica sono stati contattati tutti i servizi per tradurre, i sistemi di
proiezione, per preparare le diapositive, quindi ci vuole una grande
organizzazione anche tecnologia per fare questo. Noi vorremmo scegliere un esempio
di un prodotto e capire come possiamo analizzare un prodotto come una lavagna
per facilitare la comunicazione e l'apprendimento di tutti. Ripasso la parola a
Piero.
Piero Cecchini - ringrazio
Stefan e riprendo l'argomento proprio dal concetto di lavagna. Abbiamo pensato
di osservare la lavagna, fra l'altro abbiamo una di queste lavagne proprio
nello stand ASPHI, probabilmente molti di voi l’avranno vista, se qualcuno di
voi è interessato a capire meglio naturalmente lo potrà fare visitando il nostro
stand. Abbiamo voluto guardare alla lavagna come un oggetto per la
comunicazione interattiva, cioè quell'aula che abbiamo visto nelle immagini
precedenti essere rimasta praticamente immobile, ha sempre però un oggetto che
è quello dell'apprendimento condiviso: la lavagna, che per sua caratteristica è
il luogo dove si scrive, davanti alla quale si parla, lo fa l'insegnante e lo
fanno anche gli alunni e che viene cancellata puntualmente. L'introduzione di
alcuni oggetti multimediali come lavagne di questo tipo ci sembra
particolarmente interessante all'interno di un’aula in cui ci sono persone,
come diceva prima anche Stefan, che sono fra loro diverse ma che hanno molti
tratti comuni, qual è la particolarità maggiore di lavagne come queste? Che
ricevono informazioni e le possono rimandare in output, che possono essere di
tipo analogico ed anche di tipo digitale, e noi sappiamo che quando
l'informazione è digitale consente poi al computer di trasformare un messaggio
che è solo testo in voce o viceversa la voce in testo, o di poterla trasmettere
a distanza. Quindi l'uso di questi strumenti lascia intravedere la possibilità
di avere un ambiente in cui le persone possono effettivamente partecipare
secondo le loro possibilità, quindi lasciano bene sperare per un concetto di
integrazione, cioè diventano strumenti che guardano proprio alla possibilità di
avere le persone che stanno dentro nello stesso contesto educativo. Qui questa
immagine ci richiama a un fatto importante, la lavagna viene cancellata, ma una
lavagna di questo tipo invece lascia una traccia, di questo filmato che abbiamo
girato l'altro giorno sono rimaste le tracce digitali, e quindi abbiamo il
testo che potremmo trasformare, abbiamo le immagini ed abbiamo la memoria di
quello che è stato fatto. A questo punto, e siamo alla fine, alla conclusione
dell'intervento, quello che ci viene da chiedere a gran voce è la possibilità
di fare progetti sperimentali che analizzino l'introduzione di strumenti come
quelli che sono stati analizzati nella prima parte dell'intervento e anche di
oggetti come questa lavagna, cioè di avere degli ambienti in cui si possa
lavorare in modo sperimentale e che diano gli elementi per potere progettare
delle aule che abbiano delle dotazioni di base, per tutti naturalmente, e che
poi possano prevedere l'introduzione di ausili personali per l'alunno disabile
che guarda caso saranno tutte le volte saranno diverse fra loro proprio perché
la persona ha delle necessità sue particolari. L'organizzazione dell'attività
didattica, quindi attività disciplinari, attività di supporto individuale,
attività scuola - casa. Per potere poi sostenere l'uso di strumenti come questi
è inevitabile andare verso una formazione continua, è la necessità che noi
abbiamo di avere una formazione continua su questo che possa essere fatta in
presenza e attraverso il web, quindi a distanza e attraverso l'e-learning. Nel
nostro piccolo, nel 2005 faremo partire due progetti su questo tema proprio per
analizzare la possibilità di uso di questi strumenti e ci auguriamo che altri
seguano questa traccia e che vogliano rimanere collegati su una esperienza come
questa. Io ho concluso, vi ringrazio per l'attenzione, passo la parola al
relatore.
Giorgio Sommi - la
tecnologia ci propone continuamente un limite che si sposta davanti a noi, sul
discorso di quello che sta avvenendo sui computer tutti abbiamo percepito il
fatto che si sta scendendo di dimensioni e cercando di liberarsi dalla
schiavitù dei fili, tutto diventa più piccolo e più portabile, e tutto, se
possibile, collegabile senza dover andare a cercare una spina nel muro. Questo
porta a un discorso di grande autonomia, di grande libertà ma introduce anche
dei nuovi problemi dei quali occuparsi, in particolare è affascinante il
discorso di potere avere su una cosa che ha le stesse dimensioni di un libro,
forse anche meno, la possibilità di caricare e leggere un’intera biblioteca,
perché è di questo che si parla, si parla di centinaia di libri caricati nella
memoria di qualcosa che io mi porto appresso e che leggo come leggo lo schermo
del computer. Però devo tenere presente una cosa, questa è una libertà, ma c'è
anche un altro discorso: quando devo rendere fruibili questo da parte di tutti,
che ne faccio dei prodigi di quantità se non ho anche dei prodigi di qualità di
quello che ho? Questo è il problema che verrà trattato dal prossimo oratore,
cioè che cosa accade in un libro digitale che ha certi vantaggi grandissimi
quando questo deve essere utilizzato da una persona disabile che ha tutti i
diritti di servirsene? Quindi cedo la parola a Flavio Fogarolo del CSA di
Vicenza il quale parlerà dei libri di testo in formato digitale. Prego.
Flavio Fogarolo – grazie
buonasera, concludo io, non solo diritto alla accessibilità ma occasione per
migliorare la qualità dell'integrazione scolastica, ecco, già se ci fosse
l’accessibilità sarebbe già qualcosa, poter avere questi libri di testo, ecc.,
ma è un qualcosa in più, cioè è un modo, come vedremo, di cambiare la modalità
d’integrazione, di fare scuola in modo diverso, un qualcosa in più,
un'occasione che va senza dubbio sfruttata. La riflessione parte dalla legge 9
gennaio 2004, la legge Stanca, che risponde finalmente a due problemi molto
sentiti nella scuola: uno è l'accessibilità dei prodotti didattici multimediali
e l'altro è l'accesso ai libri di testo in formato digitale. La legge è
composta di due commi, il primo è abbastanza chiaro: le disposizioni della
presente legge si applicano altresì al materiale formativo e didattico
utilizzato nelle scuole di ogni ordine e grado, il significato è chiaro, la
legge dice che tutto deve essere accessibile che l'amministrazione pubblica
deve acquistare prodotti che siano accessibili, da tutta una serie di
definizioni, c'è un regolamento tecnico
che dice cosa è accessibile, questo ricorda semplicemente: attenzione, non è
che e il software didattico, il dizionario, l'enciclopedia sia un'altra cosa,
anche questo è applicativo, anche questo deve essere accessibile. Meno male che
l'ha detto perché qualcuno altrimenti rischiava di dimenticarsene. Il secondo
comma è un po' più contorto: le convenzioni stipulate tra ministero
dell'istruzione dell'università e della ricerca e le associazioni di editori
per la fornitura di libri alle biblioteche scolastiche, prevedono sempre la
fornitura di copie su supporto digitale degli strumenti didattici fondamentali
accessibili agli alunni disabili e agli insegnanti di sostegno nell'ambito
delle disponibilità di bilancio. Questo dice che dobbiamo avere i libri di
testo in formato digitale, in realtà il soggetto di tutto sono le convenzioni
stipulate tra il ministero dell’istruzione con i fornitori di libri e le
biblioteche, chi è dentro la scuola sa che non esiste convenzione di questo
tipo. Questo ha creato qualche problema evidentemente, questo è frutto degli ultimi
cambiamenti che ha avuto la legge in sede di commissione, con vari proposte,
come sempre succede un po' di compromesso, perché la legge è stata approvata
all'unanimità, questo significa che prima si sono messi d'accordo? Si è
arrivati a questa dicitura che non è il massimo, però dice qualcosa di molto
chiaro, di molto importante. Intanto, si vede dagli atti parlamentari, è
chiaro, si vede che l'intenzione di chi ha presentato queste modifiche è stata
quella di estendere l'efficacia della legge, quindi non solo libri di testo ma
tutti gli strumenti didattici e formativi, compresi chiaramente i libri delle
biblioteche. Secondo punto importante quando dice: accessibili agli alunni
disabili e agli insegnanti di sostegno. Queste sono righe importanti secondo me,
perché gli insegnanti di sostegno non hanno un problema di accessibilità, in
genere leggono, parlano, vedono, perché devono essere accessibili agli
insegnanti di sostegno? Sono accessibili agli insegnanti di sostegno perché
sono uno strumento didattico, e poi vedremo cosa vuol dire questo, quindi non è
solo un modo diverso di leggere i libri, è un modo diverso di fare scuola e di
far sostegno, e questo chiaramente è una cosa che va sfruttata. Il primo punto:
accessibilità di prodotti multimediali. In Italia è ancora molto scarsa
l'attenzione agli studenti con esigenze particolari nella progettazione del
software didattico e di consultazione. Noi abbiamo avuto in questi anni una
notevole attenzione rispetto all’accessibilità dei siti web, se ne parla da anni,
si spinge da una direzione all'altra l'utenza, gli stessi tecnici, abbiamo una
normativa però non sappiamo veramente qual è la causa e qual è l'effetto, se i
siti sono accessibili è perché c'è la legge Stanca? O la legge Stanca c'è
perché stato un movimento, una attenzione, una spinta, una cultura
dell'accessibilità? Probabilmente è un po' un misto, tutti e due. Per quello
che riguarda il nostro software didattico e di consultazione non esiste niente
di tutto questo, la situazione attuale è praticamente identica a quella che era
3 - 4 - 5 anni fa, cioè, le case editrici producono il software pensando
all'utente medio, come diceva prima Stefan quello alto un metro e trenta, e non
pensando ai casi particolari: se è così va bene, sennò va bene lo stesso. In
questi giorni noi siamo qua a HANDImatica a Genova c'è il TED. Anche qui non si
capisce perché due appuntamenti di questo tipo non potevano andare d'accordo:
questa non è integrazione, una da una parte e l'altro dall'altra: di là si
parla di handicap e dall'altra parte si parla di tecnologie. Guai se si
incontrano. L'anno scorso girando per gli stand del TED andavo a chiedere alle
case editrici: cosa dite riguardo l’accessibilità? Le vostre enciclopedie, i
vostri prodotti, sono accessibili? Non uno che mi abbia detto che è
accessibile, ma soprattutto non uno che sapesse cosa volesse dire accessibile,
mi guardavano con gli occhi fuori dalla testa, la cosa non esiste. Siamo
veramente indietro da questo punto, sono ignorate regole basilari, per esempio,
se uno fa fatica a leggere dobbiamo dargli dei caratteri chiari, scrivere bene,
la possibilità di ingrandire i caratteri, il fatto di non essere legati al
mouse, tanti programmi si possono usare solo con il mouse, testo riconosciuto
dalla sintesi vocali, per esempio, se la sintesi non legge di quello lì non ce
ne facciamo niente, quindi abbiamo difficoltà estrema ad usare molti prodotti
che pure le scuole acquistano, che usano: vocabolari, dizionari, enciclopedie,
sistemi autore per costruire gli ipertesti, che poi chiaramente anche gli
ipertesti che vengono costruiti non sono accessibili, ecco, accessibilità non
significa assenza di immagini, filmati o animazioni, cioè il sito spartano,
rigido, solo testo, cose di questo tipo, ognuno può mettere tutte le animazioni
che vuole, tutte le immagini, si tratta di progettare le cose affinché tutti
possono usufruire, come l'assenza di barriere architettoniche non vuole mica
dire fare le case a un piano, significa semplicemente pensare un modo in cui
tutti possono raggiunger le varie parti. In Italia non esiste un dizionario
d'italiano con i caratteri ingrandibili, a volte lo chiedono, sono tutti
ragazzini piccoli, scuole elementari, un dizionario di latino che possono usare
i ciechi non esiste, basta andare nel salone di là, quante tecnologie ci sono,
le abbiamo acquistate, ce le hanno le scuole, dovremmo dare autonomia ai
ragazzi, finalmente possono fare le loro ricerche con i loro strumenti, da
soli, non lo possono fare perché nessuna casa editrice ha mai pensato a loro,
ed i prodotti per costruire opere multimediali, ecc.. Quindi il primo comma di
questa legge chiaramente è importante e speriamo veramente che questo venga
approvato presto, anche perché i ritardi si accumulano, non è come il sito web
che una volta deciso di rifarlo in modo accessibile, si cambia, il sito vecchio
non esiste più, c’è solo il sito nuovo accessibile, un prodotto di questo tipo
vuole dire magazzini pieni di vecchi cd, di vecchi prodotti, prima che il nuovo
prodotto sostituisca il vecchio si aspettano anni, se poi anche si aspettano
anni per fare le leggi applicative, veramente, siamo messi male. Il secondo
punto era l'accesso ai libri di testo in formato digitale, un altro grosso
problema, sono sempre di più gli alunni delle nostre scuole che usano il
computer come strumento di lavoro, per compensare minorazioni di tipo visivo,
motorio, o disturbi alla lettura. Per tutti loro diventa essenziale disporre
dei libri in formato digitale. Cosa si fa adesso? Qualcuno riesce ad averli
dalle case editrici, molto pochi, per gli altri è necessario un lungo lavoro di
trasformazione, scanner e ocr, pazienza e tempo. Attualmente, solo gli alunni
disabili visivi sono assistiti, anche se in modo incompleto, nella fornitura di
libri in formato alternativo, per loro esistono delle leggi, parlo di ciechi ed
ipovedenti, di tutela, soprattutto gli enti locali, la provincia, per cui, come
avevano prima, hanno ancora libri in Braille, possono avere anche i libri
ingranditi, libri in formato digitale, ecc.. Per gli altri l'onere ricade
interamente sulla famiglia o sulla scuola, insisto, anche se in modo incompleto. Per esempio la
biblioteca dei ciechi di Monza, che pure ha un accordo con l’associazione degli
editori, riesce ad avere dagli editori il 40% dei libri, significa che tutti
gli altri libri vengono presi a mano. Se pensate che una qualsiasi famiglia che
va a chiedere alle case editrici i libri digitali, quindi privatamente, riesce
ad averne 3 - 4 – 2, su 7 - 8 - 10 libri, grossomodo. Quindi, la biblioteca di
Monza con il suo accordo che ha fatto con l’associazione editori, riesce ad
avere gli stessi libri che ha una famiglia normale, questo vuol dire veramente
quanta urgenza ci sia di intervenire su questo punto, ripeto, ore ed ore di
scanner, adesso voi pensate cosa vuole dire per una famiglia, a volte, prendere
tutti i libri di testo, prenderli tutti con lo scanner, trasformarli, magari
libri in altre lingue, libri in tedesco, ho conosciuto una famiglia che ogni
sabato e domenica dovevano passare tutti i libri in tedesco, e naturalmente non
sapevano il tedesco, e tutti i libri in latino, il latino è peggio perché in
tedesco esiste il correttore ortografico, almeno gli errori dello scanner li
trova, col latino non esiste un correttore ortografico, questo fa veramente
rabbia perché le famiglie lo vivono come una ingiustizia, questi file ci sono e
non solo dagli editori, questo è il bello, molto spesso ci sono anche, più
volte, dei trascrittori Braille, dove i libri sono stati presi con lo scanner
ed esiste il file, ma di una ditta o di un altro centro di trascrizione, però
alle famiglie non possono arrivare. A chi servono i libri di testo in formato
digitale? Ecco, questo è un punto su cui vorrei insistere, non è un discorso
che interessa solo i ciechi e gli ipovedenti, certamente interessa i ciechi
perché un libro di carta non lo possono leggere quello sul digitale sì,
interessa gli ipovedenti perché possono ingrandire e cambiare i caratteri,
ecc., ma interessa anche gli alunni con minorazioni agli arti superiori, perché
possono, in questo modo, gestire il file, girare le pagine, trovare i punti che gli interessano senza
usare le mani, gli alunni dislessici, sempre di più adesso, questo è un punto
importante, se guardiamo anche i numeri, chiaramente i primi sono molto pochi,
coi dislessici già cominciamo, i primi si parla di qualche per mille, qui
cominciamo a parlare di qualche per cento, e sapete che gli alunni dislessici,
se hanno possibilità di sentire un file, magari con un supporto di tipo visivo,
aumentano di molto la loro comprensione e riescono a studiare da soli. Infine
ci sono tutti gli alunni con difficoltà cognitive o linguistiche, tutti gli
alunni che hanno bisogno di libri di testo adattati, personalizzati, libri di
testo che siano semplificati, dove c’è bisogno, schematizzati, ristrutturati.
Un lavoro lungo che attualmente viene fatto spesso dagli insegnanti di
sostegno, viene fatto con sistemi tradizionali: copia e incolla, taglia, etc.,
dove però copia si intende fotocopiatrice, taglia si intende la forbice,
incolla si intende la colla, e poi evidenziatore, pennarelli, ecc., per dare
una struttura diversa più chiara, più semplice, al testo. Riguarda tantissimi
alunni, pensate solo le scuole superiori, tutti gli alunni che fanno un
percorso di tipo non differenziato, ma su obbiettivi minimi, quindi che devono
che devono affrontare tutte le discipline devono portare un programma su tutte
le discipline e devono essere aiutati su tutte le discipline. E’ chiaro che
produrre questo materiale e questi libri alternativi è molto più semplice se si
parte da un qualcosa che esiste, e si toglie quello che non c’è, si dà una
forma diversa a quello che resta, si cambia la formattazione, che non, se
dobbiamo scriverlo di nuovo tutto quanto. Insisto su questo punto perché la
legge dice: accessibile agli alunni e agli insegnanti di sostegno, quindi, gli
insegnanti di sostegno hanno diritto ad avere anche questo tipo di testo. A chi
servono quindi i libri? Definire le tipologie dei destinatari è indispensabile
per capire anche che cosa vuole dire accessibilità e fruibilità. Gli alunni
ciechi hanno bisogno di un formato accessibile agli screen reader, chiaramente,
col loro strumento deve essere trasparente, e secondo, deve essere esportabile
come testo per poter fare delle stampe in Braille se ne hanno bisogno, e poi
per gestire le esercitazione al computer, i libri di testo non sono fatti solo
per essere letti, ci sono anche degli esercizi da fare, ci sono dei compiti,
dei questionari da completare, quindi devono essere testi su cui si può
lavorare. Qui abbiamo fatto uno schema dove ci sono i quattro formati che vanno
per la maggiore: il pdf, l’ e-book reader che è il sistema degli e-book della
Microsoft, formati doc o rtf, quelli di word, poi html, xml, i linguaggi di
marcatura. Il pdf per i ciechi è accessibile se è fatto bene, normalmente gli
screen reader lo leggono, l’e-book, assolutamente non è accessibile per i ciechi, da qui, il
doc e l’html è pienamente accessibile. Gli ipovedenti di che cosa hanno
bisogno? Per loro serve la possibilità di ingrandire e reimpostare la pagina,
cioè non basta ingrandire, quello che ho chiamato qui "zoom statico",
assolutamente non va bene, lo zoom statico è quello che consente d'ingrandire
la pagina, però non la ristruttura, quindi, ingrandendo la pagina, si perde una
porzione, non vedo più la riga intera ma ne vedo mezza, quindi per leggere una
riga devo spostarmi con il mouse o con il cursore, questo fatto 1-2-5 volte per
una frase va bene, ma pensare di leggere, di studiare un libro per ore con
questo sistema è veramente impossibile. Quindi questi programmi che danno solo
questo zoom di tipo statico assolutamente non sono adatti. Spesso l'ipovedente
ha bisogno di ricorrere alla sintesi vocale perché nel momento in cui si stanca
a seguire con gli occhi, se il testo che ha una struttura abbastanza semplice
di tipo sequenziale, lui fa prima a fare partire la sintesi vocale e lavorare
con le orecchie anziché con gli occhi, riposare gli occhi, quindi la sintesi
vocale deve essere riconosciuta. Infine anche in questo caso c'è bisogno di
potere eseguire le esercitazioni al computer, morale: il pdf non va bene perché
ha uno zoom solo di tipo statico, l'e-book reader, sì e no, perché ha la
possibilità di ingrandire un po’ il carattere, però di poco, arriva
praticamente a due o tre livelli di ingrandimento, possiamo arrivare al
corrispondente di un 14 – 16 di font, questo può andar bene per certi casi di
ipovisione lieve ma quando incominciano i problemi grossi questo non va più
bene , e comunque, non è possibile estrapolare il testo per fare gli esercizi,
chiaramente anche in questo caso il doc e i documenti, l’html, vanno più che
bene. Per gli alunni con minorazioni motorie, probabilmente sono quelli dove ci
sono meno problemi, dove, perché a loro bastano dei browser ad alta
accessibilità che si possono gestire con tastiere alternative, con sensori, con
riconoscimento vocale e loro possono girare la pagina, trovare un punto senza
grosse difficoltà, rimane il problema delle esercitazioni al computer. I
dislessici di cosa hanno bisogno? Serve un formato che sia utilizzabile con i
programmi maggiormente usati nelle scuole, il “Carlo” lo conoscete benissimo,
il “Carlo” attualmente riconosce solo l’rtf, si può convertire, è tanto per
capire di cosa stiamo parlando, e riconosciuto dalle sintesi vocali. Per gli
alunni con disabilità cognitive o di linguaggio, in questo caso importantissimo
sono anche i sordi che hanno bisogno di libri ristrutturati e adattati proprio
dal punto di vista linguistico, dato che il lavoro va fatto dagli insegnanti,
hanno bisogno di poter copiare, tagliare, incollare, spostare, riformattare,
chiaramente, serve un formato che sia gestibile con i più comuni programmi di
videoscrittura che ci lasci fare queste cose. Questo schema conclusivo mostra
come di fatto questi sistemi, che sono attualmente il pdf e l’e-book, che sono
quelli preferiti dalle case editrici per la diffusione dei loro libri, siano
assolutamente inadatti per il nostro scopo, mentre a noi servono formati
flessibili che possono essere gestiti e modificati. Ci sono dei problemi
aperti: senz’altro, ad esempio, il problema di testi non puramente testuali,
libri di matematica, libri di chimica, greco antico, musica, in questo caso
trovare delle alternative testuali in sistemi che siano accessibili a tutti è
evidentemente molto difficile, però anche qui si sta lavorando, per esempio per
la matematica, mentre stiamo parlando qui, nell'altra sala vengono presentati
ben due progetti che consentono di gestire la matematica ai ciechi, tutti e
due, che, hanno possibilità di importazione, anche qui le difficoltà ci sono,
ma la situazione è in evoluzione. C'è chiaramente il problema del diritto
d'autore. Qui nessuno vuole andare contro queste cose, è sacrosanto, è
oltretutto anche una cosa che va tutelata anche nel nostro interesse, perché se
non c'è più diritto d'autore, chiaramente questi smettono di fare libri e siamo
messi peggio di prima, però, la cosa da rimarcare, come in altri contesti, è
che l'accessibilità e protezione non sono oggi tecnicamente conciliabili, un
file veramente protetto è inaccessibile, un file accessibile purtroppo non ha
protezione. L'unica soluzione è quella di tutelare il diritto d'autore
lavorando più sul controllo della distribuzione che non mettendo dei finti
blocchi ai prodotti distribuiti. Già oggi abbiamo ben tre centri in Italia, che
sono la biblioteca dei ciechi di Monza, il Cavazza di Bologna e la fondazione
Galliano di Cosenza, che distribuiscono i file digitali, anche di libri con
diritti d'autore, di libri recenti di narrativa, di best sellers; li
distribuiscono su file attraverso delle procedure particolari, cioè: la persona
si qualifica, dimostra di avere esigenze particolari, porta il certificato
d'invalidità, si fa dare i libri secondo una certa procedura e dichiara la sua
responsabilità, se questo è possibile con dei privati, tanto più, può essere
fatto con delle scuole dove c'è un ente pubblico, un’istituzione, c’è un
dirigente etc.. quindi, la soluzione, per noi, può essere solo questa, basata
sul controllo della distribuzione, non su filtri e su blocchi. Il problema
della fruibilità, questo è un altro grossissimo problema, noi non possiamo
prendere un file da otto mega darlo al ragazzino di prima media e dire questo è
il tuo libro di storia. Il file deve essere preparato, deve essere predisposto,
deve essere reso in modo fruibile, amichevole, in modo che lui ci possa
navigare che possa trovare velocemente le informazioni che gli servono e possa
passare da un punto all'altro. Quindi il documento va riorganizzato, vanno
previsti strumenti di selezione, navigazione, indici e così via. Nel caso di
oggetti secondari, molto frequenti nei nostri libri di testo, i riquadri, le
note, le e tabelle, devono essere tutti correttamente collegati, è un lavoro lungo,
ci vuole anche un po' di pazienza, però è indispensabile per offrire veramente
un qualcosa che sia valido. Naturalmente per i non vedenti va prevista una
descrizione delle immagini, se queste hanno un peso informativo particolare, se
sono immagini puramente decorative possiamo lasciar perdere, ma dove le
immagini sono importanti per la comprensione, vanno descritte con parole.
Quindi, i libri di testo in formato digitale, quindi non solo come diritto
all'accessibilità, ma anche come occasione per migliorare la qualità. Quindi,
alcune riflessioni veloci per finire: perché le tecnologie non fanno
integrazione? Io lo do per scontato, attualmente le tecnologie non fanno
integrazione o fanno poca integrazione, la situazione migliore è quella in cui
il ragazzino con il suo computer, con le sue tecnologie, molto diverse da
quelle dei compagni, a volte molto anche invadenti, che manifestano in modo
chiaro anche la sua diversità, comunque, il ragazzino in classe con gli altri
riesce a fare cose che fanno gli altri, col suo computer insieme agli altri. E’
purtroppo una rarità questa. Molto spesso abbiamo questa situazione: che il
ragazzino con il suo computer va da un'altra parte in un'aula di sostegno o
aula multimediale, è interessante anche cercare di capire perché molto spesso
anche in scuole, situazioni in cui si è fatto un grosso lavoro per
l'integrazione, in cui certi principi sono ormai ben consolidati, davanti a
queste tecnologie, a questa specie di totem, sua maestà il computer, fanno
tranquillamente marcia indietro, rinunciano a certi principi, e si accetta
tranquillamente che il ragazzino vada fuori, che faccia da solo, che usi il
computer da solo, il programma per gli handicappati, il software per questo e
per quello, ecc.. C'è da chiedersi il perché, e poi andiamo in aule
informatiche dove tutti quanti hanno il computer davanti, anche lui ha il suo
computer davanti, ma purtroppo non può usarlo come agli altri, perché non ha
gli strumenti, non ha l’accessibilità. Perchè le TIC siano davvero risorse per l'integrazione
servono diverse cose, servono gli strumenti, chiaramente, serve il computer,
senza quelli non si fa niente, servono le competenze sia tecniche che
didattiche, bisogna saperle usare, servono gli atteggiamenti, la cultura
dell'integrazione, volere l'integrazione, lavorare per l'integrazione, serve
l'accessibilità, che i software, i prodotti, i contenuti siano aperti a tutti,
e serve, infine, l’organizzazione, perché se ognuno va via per conto suo, se la gente non si parla,
gli insegnanti non si parlano, le risorse rimangono bloccate non si combina
niente. Probabilmente servirà anche qualcos'altro, abbiamo individuato questo:
noi per anni ci siamo concentrati solo sui primi due, che erano chiaramente
quelli che ci bloccavano tutto, gli strumenti e le competenze, non c'erano i
computer, non ci sono i soldi per acquistare, quello diventa il problema,
superato quello trovare qualcuno che lo sappia usare e sappia fare. Adesso
questi due qui non sono più problemi: gli strumenti, in qualche modo si trovano,
le competenze ci sono, quelle tecniche ci sono di sicuro, e quelle didattiche
si possono sviluppare, diventano veramente cruciali gli altri punti, e ci
stiamo impantanando proprio lì, sulla cultura della integrazione, per cui,
purtroppo, molto spesso accettiamo cose che prima non avremmo mai accettato, ci
stiamo impantanando sull'accessibilità perché non riusciamo a usare come
vorremmo questi strumenti, e ci stiamo impantanando sull'organizzazione, per
cui ognuno fa per conto suo, ognuno parte con il computer, ognuno fa quello che
vuole. Io finisco con alcune immagini: con le TIC abbiamo fatto tanta strada,
le abbiamo comperate, abbiamo cominciato ad usarle, non solo noi, i ragazzi,
tanta formazione, tanta fatica per imparare e fare cose nuove, tanti sforzi da
parte di tantissime persone, oggi siamo in una situazione in cui la mancanza di
accessibilità diventa come un paracarri inutili, noi siamo in questa
situazione: abbiamo fatto tantissima strada, stiamo creando una scuola
tecnicamente alla portata di tutti e andiamo a metterci dei paracarri dove non
dovrebbero esserci e dove non ha senso che ci sia. Grazie per l’attenzione.
Giorgio Sommi - grazie a
Flavio Fogarolo per il suo interessante intervento, mi viene da commentare che
qui si tratta di presentare un cibo a qualcuno dandogli soltanto dei buoni
ingredienti messi lì senza applicare la ricetta che dice come si combinano
oppure dimenticando addirittura degli ingredienti, per fare una buona cucina ci
vogliono dei buoni ingredienti, ma come dicevo prima, ci vuole anche un buon
cuoco.
Il prossimo
intervento tratta di un problema che introduce l'aspetto di un altro grande
fratello che è presente, incombente, che è internet. Uno degli aspetti più
significativi del successo di internet è stato probabilmente quello che l'ha
fatto decollare, quello che ha dato il nome del web, è la possibilità di
condividere delle informazioni e nella condivisione c'è l'integrazione e c'è la
possibilità di costruire, anche a distanza, qualcosa che unisce, è un discorso
che pian piano porta a costruire una classe che non è fatta soltanto dalla
presenza fisica delle persone all'interno di una classe, ma dal fatto che tutti
sono uniti da un comune intento, dal desiderio di condividere qualcosa e di
conoscere. Nel titolo del prossimo intervento di Enza Benigno e Silvia Dini
dell'istituto tecnologie didattica del CNR di Genova, che sono qui nonostante
la contemporaneità del TED, si parla di formazione continua. Cedo la parola a
Silvia Dini, ricordando soltanto che ci sono due aspetti importanti: la
condivisione e la conoscenza.
Silvia Dini - sono stata
preceduta da interessantissime esposizioni che hanno messo in risalto come
cambia la scuola, cambia la classe, grazie anche alle tecnologie, cambiano i
libri, cambia anche la formazione, e cambia la possibilità di avere classi che
non siano legate all'aula fisica, ma siano classi virtuali, comunità virtuali.
In questo caso, classi anche di docenti stessi. Abbiamo parlato di alunni
disabili, ma chi lavora con gli alunni disabili in prima linea sono proprio gli
insegnanti di sostegno. Il progetto che da molti anni, è un progetto
pluriennale, portato avanti dall’istituto tecnologie didattiche, che è proprio
su questo: sulla formazione continua basata sull'uso delle tecnologie e sullo sviluppo
di progetti didattici dove le tecnologie avessero una importanza fondamentale.
Nel settore delle disabilità le tecnologie e dell'informazione e comunicazione
hanno proprio modificato la qualità e il tenore di vita di molti alunni, ed in
questo, hanno giocato un ruolo cruciale la scuola e i suoi docenti, non
soltanto i ricercatori, anzi, in particolare proprio i docenti e quelli di
sostegno che operano in un contesto dinamico e spesso problematico, vuoi per
motivi organizzativi, vuoi per altre situazioni, e a questi docenti è richiesta
una buona dose di flessibilità, di adattamento e a volte su più casi diversi e
anche di adattamento all'ambiente, utilizzare tecnologie a disposizione. Quindi
sono docenti che quotidianamente costruiscono la loro professionalità e quindi
necessitano anche di comunicare, di condividere e di confrontare le proprie
esperienze per non rimanere isolati a risolvere ogni volta ciascuno i propri
problemi. Nel caso del progetto chiamato "clicca il mondo" portato
avanti dall'ETD, le TIC svolgono un ruolo indispensabile, in particolare viene
data enfasi alla realizzazione ed al consolidamento di uno spazio per la
formazione permanente per favorire due cose: lo sviluppo di una comunità di
pratica, per condividere quindi quanto sperimentato con altri colleghi
nell'ottica di elaborare un approccio culturale metodologico comune, e lo
sviluppo collaborativo di progetti e sperimentazioni didattiche, riferiti a
soggetti con specifiche disabilità, usando ausili o approcci metodologici che facciano
uso delle TIC. Ci siamo posti alcune domande, come può un docente di sostegno
rendere più efficace la sua azione educativa grazie all’uso delle TIC, è
possibile valorizzare la propria professionalità e migliorare la qualità della
didattica specializzata e in che modo un docente può avvalersi del web.
Partiamo dall'identikit del docente di sostegno: è un docente opportunamente
specializzato, opera in un contesto dinamico e problematico, ha un rapporto
individualizzato con il ragazzo, anche se il docente appoggia tutta la classe
ma spesso deve comunque avere un rapporto diretto e specifico su uno o più
ragazzi. E’ un lavoro spesso e volentieri solitario, questi dati provengono
dalla realtà, dal nostro contatto con gli insegnanti di sostegno quindi penso che
possano essere condivisi da chi conosce la scuola, ed è nella scuola, abbiamo
notato un elevato rischio di burnout per l’eccessiva responsabilizzazione, e
soprattutto, l'insegnante è un costruttore della propria professionalità e se
la costruisce direttamente sul campo, la formazione spesso non basta, ma la
realtà poi aiuta a migliorare, quindi quali esigenze sono state espresse dai
docenti di sostegno? Innanzitutto la necessità di individuare spazi e tempi per
la formazione continua, considerato che risultano spesso insufficienti le
competenze acquisite attraverso i corsi di specializzazione, molto spesso la
teoria è ottima come base per sapere che cosa c'è, poi applicarlo è un'altra
cosa, soprattutto col fatto che le tecnologie cambiano e arrivano quindi
considerevoli informazioni provenienti dal mondo della ricerca psicopedagogica
e anche tecnologica, quindi c'è la necessaria di tenersi sempre aggiornati ma
nello stesso tempo ci si sente anche un po' pressati, quindi, occorre
comprendere l'utilità delle TIC a favore della propria professionalità per
mille situazioni: l'accesso a informazioni a basi documentati, a materiali
didattici, per comunicare e collaborare con colleghi per provvedere quindi al
proprio aggiornamento e, aspetto molto interessante, per condividere le buone
pratiche didattiche e prendere parte a una comunità di pratica. La comunità di
pratica, in questo progetto, è un concetto centrale, è un contesto in cui un
docente professionista, quindi c'è una forte valutazione della professionalità
del docente di sostegno, che alimenta la sua competenza attraverso un continuo
rimando fra esperienza e anche una sua costruzione riflessiva. Cioè
l'insegnante di sostegno non solo fa, ma ha anche un pensiero su quanto fa, che
ha una progettualità, che, se condivisa, può contribuire a costituire delle
buone prassi, quindi in una comunità di pratica, le conoscenze formali e
esplicite e le conoscenze empiriche si alimentano a vicenda in risposta a problemi via via emergenti, altro
aspetto interessante è che questo, consente di lavorare su problemi reali,
concreti, problemi che riscontrano i docenti nella loro professione
quotidianamente, questi diventano gli argomenti per la formazione, quindi c'è
un ciclo dove si alimenta la professionalità proprio a partire dall'attività
stessa dell'insegnante. Questo è un breve schema per riepilogare le dinamiche
della comunità di pratica, cioè una base di conoscenza condivisa attraverso
modalità di problem solving e di socializzazione, sia come modalità di
interazione, sia come ulteriori possibilità di scambio e di modalità online, e
anche però, in parte, in presenza, perché il progetto di formazione era
prevalentemente online, ma prevedeva anche incontri in presenza. Il progetto
"clicca il mondo" aveva come obbiettivo, aveva ed ha, perché è da
circa sei anni che viene portato avanti sempre con buoni risultati e sempre con
grandi attenzioni, non ha avuto un calo di attenzione, proprio perché è
orientato a esigenze reali dei docenti, più o meno 40 - 60 docenti sono stati coinvolti
in questo arco di tempo all'interno di questo progetto e quali sono gli
obiettivi? Individuare spazi e momenti di formazione ma anche di informazioni
per tutti gli insegnanti e soprattutto scambiare esperienze. Favorire
l'elaborazione di progetti didattici in maniera collettiva, in maniera
cooperativa, da realizzare e verificare parallelamente o successivamente allo
svolgimento del corso, facendo uso, comunque, di risorse tecnologiche. I
progetti di maggiore interesse vertevano proprio sulla costruzione di ipertesti
e, più recentemente, sulla realizzazione di tele e videoconferenze con gli
alunni, quindi sull’organizzazione di sessioni di aula virtuale fra gli alunni
delle scuole che costituiscono la rete che hanno aderito a questo progetto.
L'attività si sviluppa in quattro aree di interesse per l'autoformazione: sono
la sperimentazione, è stata l’area più importante, la fase di progettazione, il
monitoraggio, cioè il tutoraggio dei progetti a opera di esperti che di volta
in volta potevano essere richiesti in base all'argomento della sperimentazione
e un'area più libera (informazione bazar) dove in maniera meno strutturata si
potevano fare circolare informazioni o fare richieste. L'area di lavoro
relativa alla progettazione, i gruppi o i singoli docenti, ma soprattutto sono
stati i gruppi di docenti, cioè a livello di organizzazione si è notato che il
docente singolo aveva più difficoltà poi a partecipare concretamente ai
progetti, quindi risultava migliore dove c'era l'appoggio di una scuola, dove la
scuola stessa aveva modificato in parte il proprio assetto, quindi i gruppi di
docenti intervengono per uno sviluppo di un progetto didattico riferito a
soggetti con specifiche disabilità. Nelle varie edizioni, vedete, si è trattato
di ricostruire ipertesti, videoscrittura con ausili, interventi sulle psicosi e
sulle disabilità motorie. Nella fase di sperimentazione i docenti coordinano le
loro attività di sperimentazione, ed in questi anni, grazie al web, grazie ad
internet, la tele-video conferenza, è stata l’argomento più interessante. La
formazione, e, se vogliamo, anche la supervisione che può essere necessaria per
i docenti di sostegno o comunque per chi lavora con situazioni di disagio e di
difficoltà era curata da un esperto psichiatra o psicologo, ma anche da esperti
su tematiche specifiche più legate alle tecnologie. La formazione è rivolta
specificamente a fare da contenimento alle possibili difficoltà, cadute di
motivazione, cioè alle difficoltà che via via… I problemi emergono man mano che
si lavora, quindi, era un modo per monitorare, non solo, ma nell’area di
monitoraggio, il partecipante può addirittura proporre un caso sul quale sta
lavorando, oppure un’esperienza didattica, su cui richiedere proprio un
intervento collettivo per essere aiutato a valutare sul proprio operato e per
essere aiutato, cosi, a vedere, sotto aspetti diversi, ecco, un occhio esterno
ha comunque un modo diverso di valutare e di intravedere anche soluzioni.
Quindi, questo è stato molto importante e molto produttivo. Il bazar, come
dicevo prima, era uno spazio per lo scambio di informazioni più libero. Le
metodologie, come dicevo prima, questo progetto sono che questo progetto è
basato sull'uso della rete per creare ambienti virtuali proprio
sull'interazione diretta dei partecipanti, quindi forte comunicazione
interpersonale e la produzione di progetti didattici in maniera collaborativa.
Grazie alla cooperazione possono essere privilegiate forme di apprendimento
diverse rispetto alla formazione uno a molti che si ha normalmente quando si
fanno corsi di aggiornamento, e queste forme diverse scaturiscono dal gruppo di
lavoro, dalla condivisione, dal confronto culturale, docenti di zone diverse
hanno realtà diverse con le e quali si confrontano, quindi anche questo
interviene pesantemente sulla propria attività, e dalla cooperazione nel
raggiungimento di obiettivi comuni sui quali poi ci si confronta a fine
progetto, il progetto di formazione segue l'anno scolastico come periodo di
intervento, la cooperazione facilita lo sviluppo di un ambiente nel quale chi
apprende ha la possibilità di: applicare le proprie conoscenze alla risoluzione
di problemi, di controllare e partecipare attivamente al proprio apprendimento,
di sentirsi parte di un gruppo di lavoro e imparare dagli altri e con gli
altri, perché sono molti i risvolti dell’uso della tecnologia per cooperare,
non è solo uno strumento per comunicare meglio, non è uno strumento neutro
sicuramente. Questo riepiloga graficamente l’organizzazione di questo tipo di
percorsi formativi: gli esperti e i tutor fanno da polo, ai quali si rivolgono
i partecipanti che vengono messi in collaborazione tra di loro, questa invece è
come si svolge l'attività poi normalmente nell'ambito del progetto. Questa è la
piattaforma virtuale messa a disposizione dall’ ITD, dall'istituto tecnologie e
didattiche, la piattaforma sulla quale collegarsi per effettuare appunto tutta
la parte di supporto tecnica e telematica per lo scambio e l'incontro virtuale.
Queste, brevemente, le indicazioni metodologiche: i tutor danno indicazioni
nell'area di progettazione e invitano i partecipanti a discutere nel gruppo
locale, perché sono previsti incontri in presenza o virtuale, i tutor stimolano
la discussione e gli esperti danno indicazioni di contenuto su specifiche disabilità
nell’area deputata alla formazione come vi dicevo prima. Il forum pubblico,
questo qua è il messaggio di benvenuto,
è aperto a tutti, certo che chi vuole aderire deve cercare di mantenere
l'impegno almeno per l'anno per il quale ha dato la sua disponibilità, il
progetto ha un nome altisonante, clicca il mondo, anche un po’ scherzoso, il
messaggio vuole essere un modo per rompere il ghiaccio. Per saperne di più ci
si può collegare all'indirizzo internet http://saxophone-fc.etd.ge.cnr.it, e,
come nome utente inserire la parola "ospite" e come password inserire
il nome “clicca”, appunto il nome del progetto. “Clicca il mondo”, e qui
concludo, è quindi una comunità di pratica che privilegia la valorizzazione
delle competenze della professionalità dei docenti, la valorizzazione della
condivisione e della documentazione delle esperienze, e la valorizzazione della
progettualità, quindi, è una formazione attiva e non una formazione subita
questa. Per qualunque altra informazione si può contattare direttamente Enza
Benigno, questo è il suo indirizzo di email per chi fosse interessato a
partecipare può collegarsi alla piattaforma e poi contattare lei per sapere a
che punto sono e come pensano di intervenire ulteriormente. E qui chiudo e restituisco la parola, grazie.
Giorgio Sommi – grazie a
Silvia Dini per il suo intervento, ho dimenticato di complimentarmi con i
relatori per la qualità delle loro slides, potremmo discutere se queste slides
sono multicanale, ancora non lo sono, però hanno fatto un bello show di quelle
che sono le tecnologie disponibili attualmente anche per fare le presentazioni,
a questo riguardo, ricordo, di nuovo, per chi non fosse stato qua all’inizio,
tutto quanto avviene in questo convegno viene ripreso in diretta su internet ed
è disponibile accedendo al sito www.handimatica.it. Il CINECA, che collabora
con ACANTHO, fa la raccolta di: non solo il materiale visivo, che è quello che
vedete voi in questo momento dalla sala, ma anche di tutte le slides, di tutte
le sottotitolazioni e di tutto quello che hanno detto le interpreti con la LIS.
Ricordato
questo, passiamo al prossimo intervento. Il prossimo intervento è di Silvia
Mossini, del Laboratorio di Telematica per il territorio della provincia di
Parma. Il tema, è un tema affine a quello che abbiamo ascoltato, quello
dell’e-learning, cioè uso di un collegamento, uso delle famose tecnologie TIC:
l’e-learning per il sistema dell'istruzione sul territorio della provincia di
Parma, in particolare un progetto che si chiama “Scuola et Bardi”, ed altre
esperienze che verranno raccontate dalla dottoressa Mossini, prego.
Silvia Mossini – Buon giorno a tutti, io lavoro per il laboratorio di
telematica per il territorio, che è una società pubblica della provincia di
Parma, e che è supporto tecnologico, ma anche metodologico ad una serie di
esperienze che utilizzano le tecnologie dell'informazione e della comunicazione
con l'obiettivo di ampliare l'offerta di formazione sul territorio provinciale
inteso proprio nel suo complesso. Non parlerò di progetti che sono
particolarmente destinati a studenti con disabilità, ma progetti che cercano
comunque di superare la distanza, distanza, come vedremo, fisica, dai luoghi
deputati della formazione, distanza anche culturale, cioè rientro all’accesso
di possibilità formative da parte di persone che magari ne sono state escluse o
hanno abbandonato prima della fine i percorsi di apprendimento. Quindi queste
possibilità, garantite sul territorio provinciale, da questi progetti che
cercano proprio di utilizzare le risorse dell'apprendimento a distanza, ma
anche, appunto, il supporto e le metodologie, come vedremo, per colmare queste
distanze. Iniziamo velocemente guardando, con uno sguardo veloce al territorio
provinciale: la nostra provincia è costituita per più di due terzi da
territorio montano, quindi appenninico, quindi difficoltà per gli studenti per
raggiungere le sedi della formazione, studenti di scuola secondaria superiore,
quindi necessità di verificare con progetti di questo tipo la possibilità di
dare a questi studenti la scuola vicino a casa. Questi progetti sono inseriti
da parte dell'amministrazione provinciale di Parma in un piano telematico
territoriale che mira proprio a favorire nuove dinamiche di sviluppo e
riequilibrio territoriale attraverso l'apprendimento a distanza. Il progetto
della scuola di Bardi che vedremo tra poco è uno dei progetti del piano
telematico territoriale. Riequilibrio territoriale significa possibilità di
accedere a risorse e soprattutto a risorse della formazione. Oggi abbiamo
sentito anche dagli interventi che mi hanno preceduto quanto è risaputo che la
tecnologia è lì, c’è, c’è tutto, dobbiamo trovare il modo di usarla nel miglior
modo possibile per raggiungere gli obiettivi propri del maggior numero di
possibili utenti, quindi per ampliare l'accesso alla formazione. Il paese di
Bardi è un paese dell'Appennino, come dicevo, soggetto a bassa densità di popolazione,
marginalizzazione geografica. E’ un paese da sempre soggetto a spopolamento,
gli studenti e i lavoratori sono costretti al pendolarismo e l'idea è stata
quella di utilizzare le risorse telematiche, in un ambiente che è stato creato
presso il locale istituto comprensivo, per dare la possibilità agli studenti
residenti nella vallata di frequentare la scuola vicino a casa per tre giorni
alla settimana. Parliamo di e-learning. Se parliamo di e-learning oggi,
parliamo di nuove opportunità di apprendimento che consentono di ampliare
l'accesso a risorse formative e soprattutto consentono di superare distanze:
distanze spaziali, distanza dai luoghi deputati della formazione, da Parma per
esempio, superamento di distanze temporali, possibilità di accedere, quindi,
alle risorse formative, materiali didattici, in momenti diversi, per persone,
per esempio lavoratori o persone che non possono frequentare un'offerta
strutturata. Un apprendimento che quindi diventa flessibile e può essere
personalizzato; una tipologia di approccio didattico che è basata su ciò che la
rete telematica oggi offre, che costituisce il valore aggiunto della rete
telematica che è proprio l'interazione, la comunicazione e la collaborazione.
Parlare di e-learning significa quindi parlare di rete in molti sensi: un
sistema per l'e-learning è formato in primo luogo dalla rete telematica, quindi
accesso a risorse telematiche affidabili, veloci, soprattutto, e a costi
contenuti. Significa creare una rete di collaborazione tra istituzioni e soggetti
competenti sul territorio, significa mettere insieme risorse finanziarie
fornite dall'amministrazione provinciale con la collaborazione delle scuole che
si sono messe in rete per creare questo progetto. Significa rete tra sistemi
formativi, scuola superiore ma anche educazione continua ed educazione per
adulti, e significa soprattutto una rete di tecnologie, di metodologie e di
professionalità. Quindi vediamo che l'e-learning è un sistema in cui la
tecnologia, banda larga, piattaforme, possibilità di accedere a sistemi di
videoconferenza con delle sessioni live, è uno dei nodi problematici di questo
sistema. Altri nodi sono costituiti dai materiali didattici che devono essere
multimediali, interattivi e accessibili, dalle metodologie, quindi, nuovi approcci
metodologici alla didattica, e soprattutto da una rete di sistemi di supporto
formati da un tutoring attivo, da nuove figure professionali. Vedremo come
tutti questi aspetti sono stati affrontati nei progetti in corso sul
territorio. Dicevo una rete ampia di soggetti formata da amministrazione
provinciale, amministrazioni comunali e comunità montane, da distretti
scolastici e centri servizi amministrativi, da scuole superiori del territorio,
centri territoriali permanenti e LTT, che è il supporto tecnologico a tutta
l'esperienza. Progetti provinciali coinvolgono le scuole secondarie superiori
che sono in poli remoti, attrezzati su tutto il territorio provinciale, e
integrano diverse modalità di apprendimento, in questo caso si parla di
percorsi di apprendimento misto in cui le attività di aula sono affiancate a
attività in videoconferenza e attività online. Il progetto di scuola di Bardi
quindi riguarda un biennio di scuola superiore, gli studenti e residenti nella
vallata, che sono iscritti a tre scuole di diversi indirizzi. Una scuola di
indirizzo tecnico, un liceo scientifico e una scuola professionale frequentano
per tre giorni alla settimana la scuola vicino a casa costituita presso il
locale Istituto Comprensivo, una scuola che frequentano attività miste: alcune
materie sono in classe, alcune materie sono in videoconferenza, utilizzano una
piattaforma per l'e-learning con materiali strutturati e soprattutto il
supporto di comunicazione per tenere i contatti con le scuole di riferimento.
Questa esperienza è supportata da un forte supporto tutoriale dal punto di
vista sia tecnologico che didattico. Ulteriori informazioni su questo progetto
si possono trovare a questo indirizzo che vedete e che è presente anche nelle
slides che trovate in rete. Quali sono le principali criticità rilevate
rispetto a questo progetto? Soprattutto il forte ricambio, il frequente
ricambio del personale docente. Progetti di questo tipo che mettono insieme
scuole diverse, che vogliono raggiungere degli obiettivi formativi alti, dare
una scuola di qualità in un territorio marginale, hanno bisogno, utilizzano in
modo intensivo le tecnologie telematiche, hanno bisogno di personale altamente
qualificato, hanno bisogno di tutors altamente qualificati. Il frequente
ricambio del personale docente che, come sappiamo, nelle scuole di montagna non
ci rimane molto e spesso chiede il trasferimento molto velocemente, questa è
una grande criticità che ci ha costretto a mantenere un programma di formazione
continua di insegnanti che anno dopo anno si avvicendano in questo progetto.
Questa è una delle cose fondamentali. Progetti di questo tipo devono essere
supportati dalla sicurezza di avere personale formato. Carenza di materiali
interattivi, didattici, curriculari. Molti dei materiali che noi troviamo per
la scuola superiore sono materiali che non sono creati per il curricolo
scolastico, per fornire le competenze necessarie al curricolo scolastico, per
sostituire in qualche modo le attività di aula. Sono tutti materiali che
vengono utilizzati a supporto dell'attività didattica tradizionale, d'aula per
intenderci. Qual è stato l'impatto di questo progetto? Un impatto molto forte,
sia a livello locale che a livello provinciale nel suo complesso. siamo
riusciti a ridurre parzialmente il pendolarismo, soprattutto abbiamo creato un
polo formativo telematico a disposizione di tutto il territorio e che oggi
costituisce un polo che eroga formazione professionale, formazione per adulti
oltre che alla scuola diurna, il biennio di scuola consortile diurno.
Soprattutto questo progetto ha mostrato agli amministratori le potenzialità
delle nuove tecnologiche per fare accedere a risorse per la formazione un
numero crescente di persone che altrimenti non avrebbero potuto avere accesso a
queste risorse, perché distanti dalle sedi di formazioni oppure perché
impossibilitati, per ragioni di lavoro, di frequentare queste attività
formative. Questo ha portato a un sistema di poli, a livello provinciale, oggi
ne abbiamo otto come vediamo, poli telematici attrezzati per l'e-learning su
tutto il territorio provinciale. In ogni polo formativo possiamo trovare, oltre
naturalmente al laboratorio informatico, possiamo trovare una piattaforma per
l'e-learning tramite la quale accedere a materiali didattici curriculari. Abbiamo
la possibilità di avere strumenti per la videocomunicazione. Abbiamo la
possibilità di avere un supporto sia online, per le attività didattiche, che
on-site. Tutto questo ci ha permesso di creare dei gruppi classe delocalizzati
sul territorio e quindi di vedere il territorio nel suo complesso come una vera
e propria classe virtuale. Per questo motivo è stato possibile attivare una
serie di altri progetti. Il primo è questo, uno dei più importanti, è questo di
un biennio di scuola serale per adulti che rientrano in formazione. Anche qui
il modello è quello misto, formazione d'aula, materiale online, utilizzo
intensivo della video- comunicazione. Questo significa che oggi abbiamo
realizzato sul territorio una vera e propria delocalizzazione dell'offerta formativa
ridando pari dignità a tutte le parti del territorio. Attraverso il sistema di
video- comunicazione oggi anche un paese di montagna può offrire la propria
esperienza a tutto il resto del territorio. Non c'è più bisogno di essere
residenti a Parma, di frequentare la scuola di Parma, di dovere scendere per
frequentare la scuola serale dalla propria residenza o località di lavoro
dell'Appennino per potere accedere a queste risorse. Questo per noi è un
risultato molto importante perché è in funzione di un riequilibrio
territoriale, che significa potere vivere la propria vita in territori in cui
normalmente non si poteva avere accesso a risorse per la formazione. Sempre a
seguito di questi progetti è stato quindi possibile, con i materiali
strutturati, avviare dei percorsi di sostegno scolastico per gli studenti delle
scuole superiori e di aiuto durante il periodo estivo. Anche per questi
fortissimo è il supporto tutoriale. Su questo volevo insistere un attimo perché
nei nostri progetti la tecnologia è importantissima, i sistemi di video-
comunicazione sono importantissimi, i laboratori attrezzati importantissimi, la
cosa più importante è il supporto. Questi strumenti funzionano se c'è un
adeguato supporto. Questo significa se ci sono persone formate proprio per
questa nuova tipologia di apprendimento. Dicevamo moduli didattici online che
quindi possono essere aggregati per formare numerosi percorsi formativi e per
tutte queste attività viene utilizzata una piattaforma che è stata creata dal
laboratorio di telematica per il territorio e che è stata resa accessibile,
come vediamo, per i disabili visivi attraverso una collaborazione che noi
abbiamo attivato con un signore, che è un disabile visivo, non vedente proprio,
che ha partecipato, è stato coinvolto in un corso di formazione professionale
per esperti in metodologie di e-learning che è stato attivato sul nostro
territorio proprio per creare figure professionali di sostegno a questo tipo di
attività. L'inserimento di questa persona e il coinvolgimento di questa persona
non vedente è stato veramente fondamentale per la riuscita di questo corso
perché ci ha dato la possibilità di capire quali sono le problematiche, le
criticità legate all'e-learning per persone non vedenti. Tra l'altro, come
esito di questo corso, si è creata una cooperativa a Parma proprio di persone
che si chiama "alfa learning" che utilizza, sperimenta, progetta
attività anche in e-learning per disabili soprattutto per la riqualificazione
professionale di disabili visivi. Io mi
fermo qui e grazie per l’attenzione.
Giorgio Sommi - grazie a
Silvia Mossini per il suo intervento. Una frase che lei ha detto mi ha fatto
venire in mente un certo tipo di illusione, che speriamo non sia tale. Si dice
che non si è mai vista una mela matura che messa in un cesto faccia diventare
tutte le altre mele mature anche se sono marce. Ecco una certa speranza c’è che
attraverso Internet si diffondano i buoni esempi, e una frase detta prima da
Silvia Mossini mi ha fatto pensare a questo: fosse vero, speriamo che si possa
continuare, almeno che qualcosa prosperi perché sappiamo che anche i cattivi
esempi si diffondono molto rapidamente con Internet.
Il prossimo
intervento è di Carmelo Masala, che appartiene al consorzio Tecnofor di
Cagliari e ci parlerà di, anche qui un lungo titolo: “Accessibilità
informatica, apprendimento e situazione di handicap, esperienze in Sardegna”,
da dove viene il Dott. Masala. In particolare il progetto si chiama "m@rte
handicap", e in Marte c’è la chiocciolina. Fatemi dire un’altra cosa su
questa chiocciolina. Io che mi occupo da un pò di tempo di informatica, quando
è arrivata questa chiocciolina, taluni computer la prendevano come back-space
logico e quando uno batteva la chiocciolina facevano un salto all'indietro e
mangiavano il carattere scritto appena prima. Io non ho mai capito perché
questa chiocciolina debba aver avuto tale diritto di cittadinanza, e anzi, sia
diventato una specie di vezzo nelle reti, a parte il fatto tutti gli
episodi umoristici di quanto uno cita dal telefono “chiocciola” e qualcuno
scrive: ci, a, o, cc,i, o, elle, a. Va bene questo è un discorso: mai lasciare
prevalere la tecnologia, ma trattarla con un pochino di intelligenza. Prego
Dott. Masala.
Carmelo Masala - sono
abbastanza soddisfatto degli interventi che mi hanno preceduto perché in parte
hanno tracciato la strada di quello che doveva essere il contenuto del mio
intervento. Devo dire che avevo preparato una relazione che è stata consegnata
all'ASPHI (che troverete nel sito) in cui si formalizza la necessità di
utilizzare il modello ICF come supporto e guida a questi interventi che
riguardano questo sviluppo delle applicazioni informatiche e in particolare,
appunto, l'utilizzo dell'informatica nelle persone con situazioni di handicap.
In questa relazione c'è una premessa che è una sollecitazione alla precisione
semantica, con un piccolo excursus storico in cui si fa un accenno a quelli che
sono stati gli sviluppi, i passaggi dal concetto di invalidità, di invalido
civile, al modello ICF, passaggio che è avvenuto tramite il modello ICDH che
praticamente rappresenta l'ispirazione, il supporto alla legge quadro 104 del 92. Ricordo che nel modello ICDH e anche
nella legge quadro si parla di menomazione, disabilità e handicap. Ciò che c'è
di innovativo in quel modello è che la parola "handicap" cessa di
significare “ portatore di handicap”, quindi la parola handicap non significa
equivalente di paraparetico ad esempio, o emiplegico o afasico, ma significa
qualcosa che ha a che fare con l'impatto che la persona, che ha una menomazione
o una disfunzione di questo tipo, ha con la società. Quindi introduce un
concetto molto dinamico della parola "handicap" che significa che si
è handicappati momento per momento, diciamo in tempo reale, in base alle
circostanze della vita che ci pone degli ostacoli che poi rendono molto più
evidenti di quanto dovrebbero essere i nostri difetti. Dico questo perché
sopravvive probabilmente anche in questo contesto, vedete sempre il termine
portatore di handicap che diventa una sorta di bestemmia rispetto a questo
modello. Portatore significa uno che porta qualcosa, che ha un difetto. Invece
la parola handicap non significa più difetto ma situazione in cui il difetto
diventa più evidente di quanto dovrebbe essere. Il modello ICF va ancora più
avanti perché parla di partecipazione. Direi che anche l'ultima relazione era
un inno alla partecipazione. E si parla di partecipazione e non si parla più di
partecipazione necessariamente rivolta al soggetto in situazione di handicap,
ma si parla di partecipazione di tutti. E’ un modello che praticamente ci rende
classificabili tutte quelle condizioni che possono determinare il nostro
funzionamento. Quindi diciamo c'è una condizione di salute e questa nostra
condizione di salute può essere più o meno valida, più o meno accettabile, più
o meno funzionale in base all'intervento di tutta una serie di condizioni,
condizioni che possono avere un carattere fisico, come per esempio essere
amputati, possono avere un carattere funzionale, come ad esempio avere delle
difficoltà di linguaggio, possono condurre ad una situazione di disabilità, ma
la stessa situazione di disabilità a sua volta non statica, perenne, ma è
qualche cosa che poi diventa più o meno evidente, cioè io sono più o meno
abile, a seconda degli strumenti, delle condizioni dello mio status
psicologico, della situazione ambientale che appunto mi permette di essere
abile e di potere partecipare. Il tutto è molto bello, diciamo, ma poi nella
pratica è di difficile applicabilità, ovviamente, sia appunto perché ci sono
delle nostre categorie mentali che ci conducono ancora a dire "portatore
di handicap" e a dire ancora "disabile", e che ci rendono
poi difficile fare di volta in volta la
fotografia di tutto ciò che può determinare la mia situazione di inabilità in
quel momento e di difficoltà alla partecipazione. Si può essere molto pignoli,
diciamo. Io direi che il modello ICF può essere anche insensibile in questo
senso. Uno può avere diversamente abile a seconda che possa avere una
carrozzina in grado di poter fare il fuori strada o di essere più veloce e più
agile oppure al fatto che io abbia la strada asfaltata o c’e l’abbia piena di
fango, ad esempio. Quindi pur essendo ugualmente paraparetico, sarò più o meno disabile, più o meno partecipante a
seconda di tutta una serie di fattori contestuali che ho disponibili. Ho fatto
questa premessa per dire, come abbiamo già visto e come è già stato anche
esemplificato, questo discorso entra nell'informatica. Creare una rete quindi
ci può rendere abili nella partecipazione, ma ci potrebbe rendere meno abili se
abbiamo delle difficoltà a navigare in rete. Così come si è parlato dei libri
che possono essere letti al computer. Anche qui ci sono situazioni di abilità o
disabilità a seconda delle condizioni, e così vale per tutta una serie di
soluzioni. Si può dire che eliminare le barriere architettoniche per gli
emiplegici, non va bene per i parkinsoniani, perché i parkinsoniani hanno
bisogno di difficoltà ambientali perché nelle difficoltà ambientali si muovono
meglio, mentre gli emiplegici si muovono peggio. E tutto questo crea delle
differenze e crea la necessità di dovere intervenire, misurare, valutare di
volta in volta ciò che può modificare il nostro stato. Ovviamente tutto questo
ha anche dell'utopia, no? Passiamo a "m@rte". M@rte significa: moduli
di apprendimento reti tecno educative. Quindi non ha a che fare con il pianeta
se non nell'ambizione del progetto. Diciamo che da questo punto di vista il
progetto potrebbe essere considerato un progetto marziano. Progetto marziano
perché, almeno per come è stato attivato in Sardegna, prevede una
informatizzazione sistematica di tutte le scuole medie inferiori e superiori, o
quasi tutte diciamo. Sono circa 500 scuole, quindi sono 500 aule d'informatica,
10 computer per aula, quindi 5000 computer, tutti collegati in rete, rendendo
possibile ad ognuno uno scambio di informazioni, quindi una messa in rete
diretta, che si attua sia con una possibilità di comunicazione diretta, ad
esempio le chat, sia attraverso dei forum, sia attraverso un portale, e sia con
l'utilizzo diffuso di strumenti anche software. Ad esempio la De Agostini sta
provvedendo alla costruzione, credo che sia in fase già ormai di realizzazione,
di semi lavorati per facilitare l'insegnamento di alcune materie, quali per
esempio la fisica ed altre. Penso alla fisica perché mi immagino già che cosa
si può mettere con la multimedialità per quanto riguarda la fisica, rendendo
possibile però anche delle manipolazioni del programma, e quindi una certa
possibilità da parte degli insegnanti, si parla di semi lavorati in questo
senso, di poter adattare il programma al
proprio stile e alle necessità locali. Questo progetto, è un progetto anche
abbastanza costoso, credo che siano circa 60 miliardi il costo complessivo del
progetto. Si tratta di un progetto pilota che è stato voluto dalla regione
sarda, c'è il MIUR nella collaborazione. E’ un progetto pilota che potrebbe poi
essere esteso anche nelle altre regioni e questo si vedrà in base a quella che
sarà l'efficacia e i problemi che saranno resi evidenti dal progetto stesso. Il
progetto ha anche una sua sezione, devo dire tutto sommato ahimè piccola, per quanto riguarda la cifra
destinata, comunque presente, che riguarda l'handicap. Ecco devo dire il motivo
per il quale è stata usata la parola handicap, perché ormai con l’ICF si
dovrebbe parlare di partecipazione, di ricerca delle abilità. Si è chiamato
"handicap" perché l'ICF non era stato ancora pubblicato, quindi
quando è stato formulato il progetto eravamo ancora in pieno ICDH, quindi in
piena legge quadro. L'ICF è del 2001 quindi, l'impostazione del progetto è
avvenuta prima. La parte che riguarda l'handicap vuole essere il riconoscimento
che anche in questo progetto, per le cosiddette persone in situazioni di handicap,
quindi uso la vecchia terminologia, ci sia una accessibilità al progetto stesso
quindi all'utilizzabilità di questi computers e diciamo delle risorse che
questi computer possono offrire. Per avere questo appunto, sono state pensate
alcune cose. Innanzitutto ci si è chiesti quante fossero le persone
certificate. Voi sapete che il termine “situazione di handicap” nella scuola si
abbina anche all’essere certificati, quindi ad avere anche l'insegnante di
sostegno. Quindi, i soggetti, usiamo il termine handicappato, quindi quanti
handicappati erano presenti in queste scuole, quindi quale grado di onere ci
dovesse essere per rendere accessibile a tutti questi soggetti la rete stessa.
Si è pensata anche un'altra cosa: di sperimentare l'utilizzabilità di tutti
quei programmi che vengono costruiti per migliorare la situazione di handicap,
per migliorare la situazione di disabilità, per migliorare la situazione
menomazione, di vedere appunto in che modo tutti questi strumenti potessero
determinare anche dei miglioramenti nell'ambito dell'apprendimento, nell'ambito
della socializzazione, nell'ambito di una serie di condizioni che si devono
andare a classificare e individuare. Per fare questo si è ricorso, quindi,
faccio un passo indietro, al modello ICDH, e si sono create otto categorie di
disabilità. Si è pensato ad otto categorie di disabilità pur sapendo che
stavamo ricorrendo a un attributo personale piuttosto che a una situazione di
individualizzazione personale. Si è pensato quindi ai non vedenti, ai non udenti,
ai soggetti con ritardo mentale, soggetti con autismo, ai soggetti con disturbi
specifici di apprendimento, ai soggetti con disturbi motori. Insomma abbiamo
individuato otto categorie di persone e su queste categorie di persone si è
pensato di agire in diversi modi: un modo è quello di vedere se era necessario
ricorrere a degli ausili cosiddetti hardware: ad esempio tastiere speciali,
mouse, situazioni di accesso alla tastiera, lettore di schermo e così via, e si
è pensato anche di ricorrere a dei software cosiddetti didattici. Questo ha
comportato una prima fase che ha interessato 40 soggetti che ci ha dato una
panoramica delle necessità, delle esigenze, delle difficoltà di potere lavorare
con la scuola, con gli insegnanti di sostegno in una modalità che non è
universalmente accettata e che per certi versi può essere ancora contrastata.
Questo ha costituito una prima fase della realizzazione del progetto. Ora siamo
in una seconda fase per cui si sono complessivamente scelti 100 studenti,
quindi con altrettanti e più insegnanti di sostegno, per i quali si fa una
diagnosi funzionale sull'accessibilità informatica e sulle necessità
informatiche. Si fa un corso di formazione per gli insegnanti. Si è preparato
un protocollo di valutazione degli ausili informatici in cui si devono
esprimere dei giudizi sull'utilizzabilità, sul tipo di utilizzabilità, sulla
bontà della utilizzabilità e se vi è rispondenza, ad esempio, se l'uso indicato
dai costruttori, dai produttori di questi programmi o di questo hardware corrisponda
poi realmente alle necessità. Si è passato infine a una sperimentazione,
praticamente che si sviluppa momento per momento perché siamo, da questa fase
di tipo valutativo, orientativo, passati a un qualcosa che corrisponde ad un
vero e proprio "PEI, Piano Educativo Individualizzato" in cui i
moduli tecnico-educativi entrano massivamente. Quindi siamo in una fase in cui
dovremmo in parte vedere quello che dovrà succedere anche se, dobbiamo dire,
siamo a tre quarti del cammino per quanto riguarda le valutazioni,
l'individuazione delle necessità. Diciamo che quelli che nel nostro gruppo
conducono maggiormente l'esperimento hanno una formazione clinica, per cui
questo ci ha portato a prediligere, rispetto alla scelta categoriale iniziale,
a dover prediligere l'individuo e quindi la valutazione individuale delle
necessità. Quindi praticamente ci saranno 100 diverse diagnosi funzionali e ci
saranno probabilmente molte configurazioni personalizzate diverse, quindi poi
si tratterà di vedere se per esempio un'aula di informatica dovrà essere
attrezzata all'inizio della sua costruzione oppure se dovrà essere attrezzata
successivamente, in base ai diversi alunni che dovranno fare parte della
classe. Vi ricordo che quest'anno è stata promulgata la Legge Stanca che obbliga
le pubbliche amministrazioni all'accessibilità informatica, quindi penso che
anche un progetto di questo tipo dovrà prevedere soluzioni del genere. Questo
però significa dovere attrezzare l'aula con tutta una serie di componenti
hardware o software che potrebbero non necessariamente essere idonei per quei
ragazzi che poi di fatto, staranno all'interno della scuola, correndo il
rischio di avere degli strumenti che non servono e di non avere quelli che
servono. Quindi noi stiamo un po’ spingendo sulla possibilità di essere molto
analitici e quindi di ricorrere a dei progetti individualizzati, che sono poi
veri progetti per l’alunno. Ecco vi ho raccontato quella che è la nostra
storia, perché penso forse di essere andato oltre nel tempo, per cui se avete qualche
domanda sarò lieto di rispondere.
Grazie.
Giorgio Sommi - se qualcuno
ha domande le faremo tutte quante alla fine ai nostri relatori. L'ultima
relazione che è l’ultima in ordine, non a caso è stata scelta per ultima perché
abbiamo costruito come una colonna cominciando dall'alto, mettendo dei blocchi
e la relazione che viene adesso è il basamento di questa colonna in quanto se
il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, il MIUR, non si fa
partecipe di queste esigenze che emergono da quello che speriamo sia un bel
matrimonio tra scuola e tecnologia, e promuove programmi e aiuta in queste cose
non potremmo andare molto avanti. Ecco perché il titolo del prossimo intervento
si chiama “Prospettive per il futuro” e viene fatto da Antonio Ciocca del MIUR.
Prego.
Antonio Ciocca – buonasera.
Mi chiamo Antonio Ciocca e rappresento il MIUR per l'Innovazione Tecnologica,
cioè la Direzione Generale per i Servizi
Informativi. Diciamo che per quanto detto proprio adesso dal coordinatore, il
MIUR sia qui l’interlocutore, la sponda di riferimento del discorso, cioè al di
là dell'importantissimo scambio di esperienze è importante anche che poi ci sia
qualcuno che si faccia carico di sostenere questa attività e di svilupparla.
Credo che sia importante rendersi conto che ci si trova in una fase politico -
amministrativa che va presa in considerazione, cioè il fatto che oltre
all'autonomia delle istituzione scolastiche la riforma stessa del titolo V°
della Costituzione sta portando appunto a forme di decentramento e quindi allo
svilupparsi e moltiplicarsi di molte iniziative che non è possibile, tra
virgolette, gestire o coordinare nel senso tradizionale. Questo va tenuto
presente per non ingenerare equivoci su questa problematica. Però certamente
c'è un punto che secondo me è fondamentale. Ripeto il mio intervento vuole
essere un po’ di portare il discorso sui vari piani delle esperienze e delle
problematiche: da quella micro, interessantissima e questo già posso
anticiparlo, ne abbiamo parlato anche al Ministero con l'ingegner Cecchini, sull'aula
informatizzata, e quindi dell'unità di base, se vogliamo, di un sistema
rinnovato su basi tecnologiche, il sistema formativo, per arrivare, abbiamo
visto, all'esperienza fatta da Parma, a esperienze regionali e via via su piani
più complessi, e quello che io adesso presento è il piano nazionale se
vogliamo, istituzionale nel quadro anche europeo. E credo che sicuramente la
legittimazione di un ruolo nazionale al MIUR e alla amministrazione pubblica,
venga senz'altro dal processo di riforma della pubblica amministrazione che io
qui ho indicato che è stato avviato già negli anni 80 con la famosa relazione
degli esperti come Giannini, poi sviluppata dal ministro Cassese etc., quindi
tutta la riforma della pubblica amministrazione che si era fondata su alcuni
slogan, se vogliamo, ma anche su alcuni principi molto importanti: sicuramente
quello di efficacia, di efficienza, vi ricorderete la legge 241 e quello poi
della trasparenza che anticipa in qualche modo, appunto, l'accessibilità dei
siti della pubblica amministrazione. Quindi diciamo che i fondamenti del
discorso dal punto di vista istituzionale sicuramente sono questi. Sicuramente
l'accessibilità poi ha sviluppato il discorso sia sulla dimensione
internazionale, richiamandosi a principi molto più ampi, e sul piano
tecnologico oltre che quindi giuridico – amministrativo. Ma non si può appunto
trascurare assolutamente questa dimensione, come vedremo. Il discorso, lo
diceva il prof. Fogarolo per esempio, introdotto dalla legge Stanca,
all'articolo 5, sull'accessibilità di materiali didattici coinvolge tutt'ora la
problematica dei diritti d'autore e adesso addirittura siamo investiti da
questo. Io ho la fortuna di lavorare al CNIPA, Centro Nazionale per
l’Informatizzazione della Pubblica Amministrazione, proprio appunto anche tra
gli altri con esperti dell'ASPHI, e una delle problematiche più rilevanti è
questa della trasparenza perché non è pacifico. Adesso sta incominciando a
intervenire tutta la problematica della privacy. Ci sono adesso, lo avrete
letto sulla stampa, molte indicazioni. A me stesso sono stati rivolti molti
quesiti sulla privacy. In molte scuole, molti insegnanti si rifiutano di
presentare il loro nome e la materia, sul sito, su Internet; come la direttiva
dell'Authority prevede che non si possano dare più giudizi sugli elaborati dei
ragazzi. Sempre in questa linea dell'accessibilità il discorso si è andato
sviluppando con l'apertura di un osservatorio da parte del MIUR, l'Osservatorio
Tecnologico, per vedere come nello specifico della scuola le istituzioni
scolastiche affrontino questo problema. Mi dispiace di non averlo fatto, lo
farò per un prossimo convegno, ma comunque se voi andate sul sito
"istruzione.it" del MIUR trovate una locandina in cui c'è
"innovazione tecnologica" e in “innovazione tecnologica” trovate una
sigla: "OTPA - Osservatorio Tecnologico della Pubblica
Amministrazione" e lì sono indicate tutta una serie di osservazioni,
valutazioni, soprattutto viene indicato qual è lo stato delle iniziative, delle
esperienze e anche degli studi fatti proprio per quanto riguarda
l’accessibilità dei siti scolastici. Si è visto che i siti scolastici spesso
non rispondono ai criteri minimi di accessibilità. Sembra che siano da
ricercare nella volontà, questa è la ragione della mancata accessibilità, di
creare siti troppo artigianali oppure troppo sofisticati. Cioè mancano ancora
degli standard, un formato modello-tipo, a cui si possono adeguare i siti
scolastici. Credo che in questo discorso si inserisca sicuramente anche quello
delle aule scolastiche perché c'è poi tutta una problematica sicuramente
collegata. In sintesi, i siti risultano poco conformi allo scopo principale che
il sito stesso dovrebbe avere e cioè quello di servizio a carattere pubblico.
Ecco perché mi sono richiamato alla riforma della Pubblica Amministrazione.
Perché il rischio è che mille fiori crescono e poi cresca una torre di babele,
nel senso che poi diventa difficile stabilire collegamenti e connessioni
significative e utili. Dei principi generali della riforma della pubblica
amministrazione ve ne avevo già parlato, ve l’ho anticipato, la legge 241 del
‘90. L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge, diretta
da criteri di economicità, di efficacia e di pubblicità. Si partiva
dall'accesso ai documenti amministrativi al fine di assicurare la trasparenza
dell'attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale. E’
riconosciuto a chiunque ne abbia interesse il diritto di accesso ai documenti
amministrativi. E’ considerato documento amministrativo ogni rappresentazione
grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del
contenuto di atti formati dalle pubbliche amministrazioni o comunque utilizzati
ai fini della attività amministrativa, e i target della comunicazione
scolastica, i principali di cui tiene conto il sito del Ministero, sono
famiglie e studenti. Qui dobbiamo precisare che abbiamo a che fare con una
popolazione studentesca di circa 8 milioni di studenti, uniti alle famiglie, agli
insegnanti e a tutto il resto si arriva a una realtà di circa 10 milioni di
persone in qualche modo interessate alla scuola. Quindi vi rendete conto della
dimensione e dei problemi di comunicazione che tutto questo comporta. Oltre
alle famiglie e agli studenti abbiamo le rappresentanze sociali, imprese, enti
locali, utenze interne, insegnanti, dirigenti etc. Quindi una grande varietà di
destinatari con i quali dobbiamo fare i conti, quindi anche qui il discorso
accessibilità, è stato bene detto prima, mi richiamo al prof. Fogarolo,
accessibilità non è soltanto ai non vedenti. Oltretutto abbiamo riscontrato che
i non vedenti, con tutta la problematica che questo comporta, non è la realtà
statisticamente più rilevante. Quindi come dovrebbe essere un sito scolastico
di qualità realmente accessibile? Dovrebbe presentare le seguenti
caratteristiche: dovrebbe essere usabile, chiaro, corretto e aderente agli
standard di questo consorzio internazionale che ha avuto un adattamento qui in
Italia presso il CNIPA. Non sto a precisare queste cose perché sono già state
sviluppate. In pratica si tratta di eliminare una serie di barriere nella
comunicazione, per produrre documenti fruibili e accessibili, cioè documenti
che possono essere utilizzati da tutti a prescindere dal sistema di navigazione
utilizzato in una serie di situazioni particolari, come quando usiamo un
browser non aggiornato, se si vuole navigare con dispositivi diversi. Il prof
Fogarolo aveva già fatto vedere tutta una serie di conseguenze. Queste sono indicazioni
comunque dell’Osservatorio Tecnologico, che mi sembra meritino, se non altro
come schema di lavoro. Se si hanno problemi di vista, problemi di sordità,
difficoltà di comprensione linguistica, ad esempio quando si è in un sito
straniero o quando si è anziani, ma resta immutata la curiosità o il bisogno di
ricevere informazioni dal web. Qui si vedono proprio le linee generali,
mondiali del W3C, il consorzio che si occupa della accessibilità. La qualità
dei siti scolastici. Gli obiettivi: rappresentare l'identità della scuola;
rendere trasparente l'attività della scuola stessa e le attività di gestione
del sito; favorire pratiche collaborative nella scuola e nel territorio;
diffondere contenuti culturali e didattici; offrire servizi didattici per gli studenti;
offrire servizi per i genitori. Su questi vari servizi didattici rimando a
quello che è già stato accennato qui nel senso che si sta riscontrando lo
svilupparsi molto positivo di comunità virtuali in Internet. Rimando a questo
proprio un approfondimento e una documentazione molto ampia, una ricerca fatta
da una società internazionale per conto del MIUR, sul nostro sito “innovazione
tecnologica” appunto il Libro Bianco sulle TIC o ICT, trovate una parte, in
questo ponderoso volume, dedicata all'e-learning e anche un utilissimo lessico,
un Tesaurus, ma trovate appunto tutta una serie di studi di ricerche specifiche
sui vari tipi di comunità esistenti, comunità di tipo educativo, formativo in
Internet. Alcune vie di soluzione sono queste proposte da varie istituzioni e
enti, quella del W3C, le linee guida per l'accessibilità sviluppate in Italia,
la Legge Stanca e poi adesso qui accenno a un progetto a proposito di
contenuti, un progetto internazionale che si conclude in questi giorni, il
progetto Minerva per la qualità dei siti culturali pubblici. Poi sempre per
concludere, i servizi per la scuola “porte aperte sul web”, siti, liste,
discussioni, forum, etc. Queste, per chi volesse approfondire tutta la
problematica sono alcune informazioni che lascio a disposizione dell'ASPHI e
che poi troverete sul nostro sito. Sono appunti fonti utili che io ho
utilizzato per questa occasione.
Un brevissimo
accenno a questo progetto Minerva che però comunque è di grande significato e
importanza. Iniziato tre anni fa, il progetto Minerva ha visto la
partecipazione di una ventina di paesi europei e non europei, come Israele. E’
stato coordinato dal Ministero dei Beni Culturali italiano, e appunto
l’obiettivo, la finalità era quella di sviluppare un modello comune per il web
culturale di qualità. In realtà, ottimizzare a livello europeo le attività di
digitalizzazione dei contenuti scientifici e culturali. Storicamente è il primo
grande esempio, tentativo di armonizzare, di trovare forme di armonizzazione a
livello culturale europeo. Richiamo chiaramente il trattato di Maastricht dal
quale era stata esclusa la dimensione della cultura europea. Con il progetto
Minerva questo viene recuperato. Fra gli obiettivi di Minerva: stabilire
criteri e metodologie specifiche per applicazioni
di qualità nei web culturali pubblici. Voi vi chiederete che cosa c'entra con
l'accessibilità e cosa centra con la scuola. In realtà c'entra moltissimo
perché è chiaro che nel momento in cui una scuola, un’istituzione culturale,
un’aula informatizzata vuole attingere al mondo dei beni culturali, quindi al
patrimonio storico-scientifico etc., è chiaro che può attingere finalmente a
questa fonte secondo un formato standard. Mentre prima collegarsi con un sito
museo olandese, belga, poteva comportare una serie di difficoltà, di
problematiche, ora invece è possibile appunto avere disponibile un formato
standard in dimensione europea. I soggetti interessati sono appunto gli
archivi, le biblioteche, i musei, gli scavi archeologici, il patrimonio culturale
diffuso, cioè quello dei musei e delle istituzioni culturali locali, e io ho
aggiunto, perché non c’era, le istituzioni educative e formative. Fra le altre
cose, vado a concludere, utili prodotte dal progetto Minerva che ci interessano
senz'altro è il manuale per la qualità nei siti web culturali, quindi trovate
concrete indicazioni, è un libro che potete richiedere al Ministero dei Beni
Culturali, andate sul sito “Minerva europe” e potete rivolgervi al ministero
per avere questo manuale. E’ un oggetto prezioso perché offre dei modelli di
lavoro di cosa per esempio un sito scolastico dovrebbe tenere conto in una
presentazione equilibrata, per cui quando poi l'utente si affaccia sul sito ha
le cose che sono considerate sul piano di scambio internazionale, condivise che
si considerano le più importanti. Nell'ambito del manuale c'è un discorso molto
interessante e utile che è il repertorio dei patterns per i servizi culturali
pubblici. Cosa sono i patterns? Me lo sono fatto spiegare da quello che ha
inventato il concetto, il Dott. Di Domenico Antonio a cui potete rivolgervi
presso il CNIPA. I patterns sono esperienze formalizzate in relazione alle
richieste e al gradimento di potenziali utilizzatori. Cosa significa in
pratica. Per esempio, quello che è stato presentato qui dai vari relatori
potrebbero diventare dei patterns, perché dalla loro viva esperienza (come in
Sardegna, quello che ci diceva il Prof. Masala, o a Parma), certo con una
opportuna elaborazione di tipo informatico, possono diventare delle buone
pratiche, se vogliamo, formalizzate e messe a disposizione degli utenti. Quindi
è una specie di prontuario. E’ allo stato iniziale, questo si riferisce molto
ancora al discorso beni culturali o altro, ma può essere sviluppato se siete
interessati ripeto potreste impostare dei progetti di lavoro dedicati proprio
al lavoro degli insegnanti, ecc.. La questione dell’articolo 5, su questo ne ha
parlato molto il prof. Fogarolo, vorrei dire che qui i problemi sono ancora
tutti aperti, se ne sta lavorando molto al CNIPA, i problemi sono di ordine
tecnico ed anche di ordine giuridico - amministrativo per quanto riguarda i
diritti d'autore. L'articolo 5 comunque apre una strada completamente nuova
nella storia della scuola e sicuramente oggi il discorso aperto dall'ASPHI è
una direzione valida, e da questo punto di vista il ministero sta rispondendo
positivamente a queste indicazioni offerte dall'ASPHI e in genere da chi si
occupa di questi problemi proprio per sviluppare l'articolo 5. In modo
particolare, più generale, diciamo che c'è sicuramente, posso testimoniarlo, un
grandissimo impegno da parte del MIUR di rispondere a quelle che sono le
esigenze del mondo della disabilità e più in generale rispondere a quelle che
sono le esigenze del mondo della disabilità, e più in generale di
un'innovazione della scuola. Tutto questo, pian piano viene metabolizzato nella
prospettiva di quella che si chiama la visione della scuola 2010, cioè c'è un
impegno da parte di tutti i ministri europei e del nostro in modo particolare, di
utilizzare le tecnologie per uno sviluppo dell'insegnamento in un grande
programma che si chiama appunto "scuola 2010" a cui poi io rimando a
tutto il resto. ringrazio gli organizzatori e tutti gli altri che hanno dato
ottimi contributi. Buonasera.
Giorgio Sommi - io ringrazio
lei, abbiamo ricevuto un messaggio, che è questo: l'accessibilità è veramente
una occasione importante per segnalare le esigenze dei disabili a un certo
livello, l'abbiamo potuto riscontrare, l'attenzione all'accessibilità è una
cosa che ci fa piacere, ma vorrei ricordare le parole di Flavio Fogarolo che ha
detto l'accessibilità è solo l'inizio, ben venga, ma che sia proprio un inizio,
e quindi abbia anche un seguito. Io qui concludo, ringrazio il pubblico che è
ancora rimasto, proponevamo di finire per le cinque, abbiamo finito per le
cinque, resta un minuto, se ci fossero eventuali domande da indirizzare ai
relatori, quelli che sono rimasti presenti, sono benvenute. Se non ci sono
domande allora io ricordo, di nuovo, che tutto quello che è stato fatto qua, è
rintracciabile sul sito HANDImatica sia il contenuto del convegno, che tutto
l’altro che l'ha accompagnato, con la traduzione in linguaggio dei segni, la
sottitolazione, ed anche tutto il materiale che è stato lasciato dai relatori,
tutte le slides, o gli abstracts di quello che è stato fatto. Grazie, e buon
proseguimento in HANDImatica.