HANDIMATICA 2004

SALA EUROPA – POMERIGGIO

26/11/2004

 

 

Buonasera e benvenuti, grazie a tutti partecipanti, apriamo questo convegno su “scuole: tecnologie in evoluzione continua, per gli alunni disabili quali opportunità”. Prima di iniziare vi devo dare una notizia di carattere logistico, questo convegno, dal CINECA, che ha contributo collaborativo da parte di Acanto, questa manifestazione è ripresa in diretta su Internet, è ripreso non solo il contenuto del convegno, quello stiamo facendo questo momento, ma saranno inserite anche tutte le slides, tutta la sottotitolazione che vedete scorrere sullo schermo, e tutto quanto il materiale raccolto dall'interprete della lingua italiana dei segni. Questo potrà essere visto accedendo al sito www.handimatica.it a partire da adesso, e fra un po' sarà integrato anche con tutti i dati che vengono anche dall’altra sala, che è la sala Italia, quindi, per la sala Europa e per la sala Italia, tutti i convegni che sono stati fatti, saranno registrati e visibili collegandosi al sito. Bene, fatta questa comunicazione di carattere logistico, entriamo sul tema vivo di questo convegno: scuola e tecnologie. Allora, queste due parole devono essere coniugate in qualche maniera, l'importante è quando si coniugano, e come è importante in tutte quelli accoppiamenti in cui interviene la tecnologia, è che sia la tecnologia ancella della scuola, e non sia la scuola ancella della tecnologia, come sappiamo, cioè, la tecnologia è diventata una presenza molto ingombrante un grande fratello potremmo dire se il termine non fosse stato pochino banalizzato delle recenti trasmissioni televisive, un grande fratello nel senso del romanzo di Orwell, che è presente, è un po' invadente, invece, noi vorremmo cogliere in questo tipo di discorso tutte le opportunità e le cose buone che porta la tecnologia, ma, metterle al servizio di quell'aspetto che è la creatività e l’innovazione che l'insegnamento può dare. In questo senso, è opportuno fare un riferimento un pochino alla storia della parola tecnologia, la parola tecnologia, dal greco, è la fusione di due parole, “tecne” per i greci era l'arte, Prassite e Fidia possedevano una “tecne”, e la parola “logia” che era la sapienza, quindi sapienza nell'uso delle cose, ecco, questa sarebbe una bella accezione da usare, purtroppo la tecnologia è diventata invece una cosa molto più arida, molto più senza fantasia, invece dovremmo tornare a questo. Se mi permettete di fare un esempio su un uso corretto della tecnologia, visto che siamo qua a Bologna, terra di buona cucina, io mi rifarei alla tavola a quanto dice la Artusi, che intitola il suo libro: la scienza in cucina e l'arte del mangiar bene. In questo caso direi: la scienza, la tecnologia, la conoscenza dell'arte è la scienza, ma quello che serve per fare la buona cucina, è l'arte di chi mette insieme queste cose e che dà il contributo innovativo, quindi speriamo che questo convegno offra attraverso i vari interventi un esempio di buona cucina perché ha sia i buoni ingredienti che i buoni cuochi. Allora, fatta questa premessa, io adesso cedo la parola ai primi oratori che sono Piero cecchini e Stefan von Prondzinski di ASPHI, che vi parleranno di una, il titolo esatto è, scusate ma devo leggerlo perché è lungo: l’aula per tutti, tecnologia ed interfacce per migliorare la possibilità di attività e partecipazione di alunni e insegnanti, prego.

Piero Cecchini – un buongiorno a tutti, ho l'onore di fare il primo intervento insieme a Stefan von Prondzinski che mi seguirà nella seconda parte, dovremmo trattare proprio l’argomento dell’uso delle tecnologie in aula, questa era l’intenzione che guidava questo incontro. Per fare l'intervento abbiamo pensato di darci dei tempi abbastanza ridotti e per trattare un argomento come questo abbiamo pensato di usare anche le immagini che ci facciano da sfondo: vogliamo parlare della tecnologia e dell'uso della tecnologia nell'aula, quindi nella scuola. Adesso ci facciamo guidare da questa presentazione, come vedete abbiamo fatto una matrice in cui c'è l'aula e la tecnologia dall'altra parte, e poi ci sono gli anni, le date, abbiamo scelto di iniziare dagli anni 50 e 60, sullo schermo vedete che c'è rappresentata un'aula così come era allora, con i banchi, la lavagna, la cattedra e la carta geografica. Allora le aule potevano proprio essere le aule speciali, c'erano delle aule che erano riservate agli alunni disabili che stavano a parte, e poi c'era la tecnologia. Questa foto credo che rimandi bene a cos'era la tecnologia allora: questi erano computer in cui si entrava letteralmente dentro per accedere alle memorie, un intreccio di cavi e di valvole, poi arriviamo all'anno 1977, è entrata la formica potremmo dire, vedete che l'aula è sempre quella però i banchi hanno questa novità costruttiva. Le aule speciali, proprio perché il ‘77 è l'anno dell'integrazione, devono essere sciolte, e i ragazzi devono entrare nelle aule normali. Questo processo naturalmente avverrà con un certo tempo, ma è avvenuto. Per quanto riguarda la tecnologia vedete che gli elaboratori sono ancora delle cose enormi, che stanno a parte, ci sono i tecnici che lavorano con i camici ma sono ambienti ancora molto separati. Poi negli anni ‘80 – ‘90 invece avviene qualcosa di particolare, cioè l'avvento del pc ha cambiato completamente il rapporto con questa tecnologia, perché il computer è entrato nell'ambiente di lavoro, ma è entrato nelle case, e, per quanto riguarda la scuola, l'aula è rimasta la stessa, i ragazzi disabili abbiamo detto che sono entrati in qualche modo nelle classi, ed una novità di quegli anni è rappresentata dalle aule laboratorio, cioè, la tecnologia è entrata nei laboratori dove si faceva e si fa informatica. Poi arriviamo ai giorni nostri e l'aula spesso è sempre ancora quella, con quelle caratteristiche, e per quanto riguarda l'uso delle tecnologiche c'è la possibilità di vedere sempre più spesso una tecnologia che o è a parte dall'aula, quindi c'è lo stanzino con l'informatica per gli alunni disabili oppure entra nelle classi ma è sempre un qualcosa a parte, in genere è un computer appoggiato contro il muro in cui c'è la postazione per il ragazzo disabile. Poi abbiamo visto la comparsa in alcuni casi delle aule multimediali che sono ancora abbastanza rare e che cominciano ad avere l'uso della tecnologia proprio per la comunicazione nella didattica. E che cosa accade per la tecnologia? Abbiamo simboleggiato questo cambiamento, questa novità, con un palmare, cioè ci sono degli strumenti che non hanno più bisogno di essere connessi con il computer, ma che consentono di inviare e ricevere comunicazioni e messaggi, ma soprattutto comunicazioni, ci sono macchine che consentono di restare connessi e di comunicare con tutti gli altri strumenti che stanno nella società, cioè noi abbiamo un'aula come avete visto che è ancora come quella di una volta e abbiamo i ragazzi che vanno a scuole che sono pieni di tecnologie, sono pieni di telefonini e di strumenti che servono proprio per comunicare. A questo punto noi abbiamo un'aula che è molto simile a quella disegnata da Norman Rockwell diversi anni fa, che ha queste caratteristiche, ed abbiamo tutta quella tecnologia, allora dovremmo pensare come questa tecnologia possa diventare qualcosa che si può usare, e vedete che abbiamo dei personal che sono connessi a reti locali ed a internet, che possono essere collegati senza fili, dei palmari, dei tablet, tutto questo può usufruire della banda larga quindi possiamo trasmettere molte informazioni, e poi abbiamo WiFi, bluetooth, ci sono delle sigle che ci portano a una diversa comunicazione di collegamento, poi fanno capolino però, finalmente, anche degli strumenti che sono pensati per l'ambiente di apprendimento, parliamo ad esempio delle lavagne digitali, degli strumenti per la teleconferenza che consentono di destrutturare l'aula, di trasformarla, proiettori per vedere che cosa accade, e poi abbiamo anche la tecnologia a supporto della disabilità: screen reader, sintesi vocali, dispositivi braille, riconoscitori di voce, le varie tastiere espanse, tutta la serie di sensori che naturalmente avete visto e vedrete nell'area espositiva di HANDImatica. Se noi andiamo a vedere uno schema come questo vedete che l'uso delle tecnologie "per tutti" richiede una certa complessità e anche lo studio delle connessioni è molto complesso perché ci sono tante funzioni che vengono svolte dai vari attori che, che sono lo studente, in questo caso,  il docente e i compagni. Quindi a questo punto noi ci poniamo un problema: come facciamo a progettare un'aula che sia effettivamente per tutti? Adesso passo la parola a Stefan von Prondzinski che condurrà la seconda parte di questo intervento. 

Stefan von Prondzinski – buon pomeriggio a tutti, quando Piero mi ha chiesto di preparare insieme a lui una relazione sull’aula per tutti non era difficile dire di si, non era neanche difficile scrivere questa frase “aula per tutti”, e credo che non sarà difficile trovare una grande numero di persone che condividono questa richiesta dell'aula per tutti, ma quando ci siamo chiesti "tutti" chi è tutti? Com'è definito il gruppo di tutti? Ci siamo trovati di fronte a un grande problema, non avevamo ben chiaro l'idea di "tutti". Possiamo partire dall'idea che facciamo la somma delle persone, se io in questo momento dovessi elencare le vostre caratteristiche di tutti i presenti arriveremmo a un elenco lunghissimo di caratteristiche, quindi un concetto di "tutti" che alla fine non è fattibile perché se noi dobbiamo elencare le caratteristiche di tutti gli esseri umani non arriviamo alla fine, quindi ci vuole un qualcosa di diverso, ci vuole un modello di riferimento che analizza la persona in senso globale e non analitico. Cosa deve analizzare? Non le sue caratteristiche esterne, ma ad esempio il suo funzionamento. In base a questa analisi troviamo dei modelli operativi di progettazione, e lì c'è il modello dello standard che si basa sul concetto di maggioranza. Qual è la caratteristica o il funzionamento di maggioranza della persona? Ed in base a quello viene fatta un'aula, l'aula della prima classe elementare dove vedo le sedie e i tavoli della stessa altezza, poi abbiamo un alunno che è alto un metro e l'altro alunno è 1 e 40, per il primo la sedia è troppo alta, per il secondo la sedia è troppo bassa. Quindi a quel punto quello che è stato pensato per la media, per la maggioranza non va bene a nessuno, e dobbiamo riadattare l'aula, lo strumento, l’ambiente, lo standard, purtroppo, per il nostro percorso non è un punto di riferimento. L'aula per tutti può essere progettata in base a un modello diverso, un modello universale, un modello integrativo e soprattutto un modello interattivo, questo modello non dovevamo farlo noi due, Piero e io, ci siamo informati e esiste già qualcuno che ha fatto questo modello multifunzionale del funzionamento dell'uomo: è stata l'organizzazione mondiale della sanità con l'introduzione dell'ICF, della classificazione internazionale del funzionamento della disabilità e della salute. Questo era un modello completamente innovativo che portava a una nuova filosofia, una nuova cultura, la struttura di questo modello è particolarmente complesso a prima vista, dopo, si vede che è molto ben analizzato, abbiamo due parti di questo modello, uno riguarda il funzionamento disabilità, l'altro i fattori contestuali, ogni parte ha delle componenti e qui vediamo il corpo e le funzioni e strutture, questa parte analizza tutte le funzioni dell'essere umano e tutte le sue strutture che sono uguali per tutti. In più vengono classificate tutte le attività e partecipazioni che possono essere qualificate e misurate in forma di capacità e di performance, dove la capacità è la prestazione massima in un ambiente standard, mentre la performance è quella che noi facciamo in un ambiente attuale, reale. Il fattore innovativo era quello di considerare l'ambiente, i fattori personali, un elemento non staccabile dal funzionamento dell'essere umano, questo fattore ambientale può essere misurato in termini di facilitatori e di barriere, quindi l'ambiente, gli strumenti, i sistemi, le politiche, possono ostacolare o facilitare il funzionamento della persona. Questo era un modo di vedere il mondo completamente diverso, in questo modo si cerca di enfatizzare ciò che abbiamo in comune come esseri umani per rendere più facile il rispetto e l'adattamento alle cose che ci rendono diversi, non più guardare solo la diversità, ma prima partire su ciò che abbiamo in comune. A quel punto possiamo focalizzare l'attenzione su come le persone funzionano e di cosa hanno bisogno per vivere al meglio le loro potenzialità: è possibile in questo modo porre fine all'isolamento e alla discriminazione e promuovere così l'integrazione. Il punto di partenza è la salute: la salute comprende la disabilità, ogni persona in qualunque momento della sua vita può trovarsi in condizioni di salute che in un ambiente negativo potrebbero diventare disabilità, quindi tutti noi siamo esposti nel percorso della nostra vita di trovarci in situazioni dove il nostro organismo funziona di meno, questo funzionare di meno è in relazione all'ambiente in cui viviamo. Stamattina arrivando a Bologna ho trovato una nebbia di 30 metri di visibilità, questa nebbia mi ha reso molto difficile e molto pericoloso l'arrivo a Bologna, ci sono condizioni ambientali che rendono anche più facile la partecipazione. Qui vedete un'immagine al contrario, dove alla fine è difficile capire cos'è la disabilità: qui vediamo delle persone che sono in un momento molto positivo, un contesto, una situazione piacevole, uno deve guardare due volte per capire: ma dov'è qui la disabilità? Sembra quasi che il ragazzo sia disabile oppure limitato, in quanto non prende l'iniziativa, la ragazza, che ha una disfunzione nel cammino in questo contesto la sua disabilità non è presente. Quindi il contesto ambientale, la situazione, è fondamentale per ridurre o eliminare la cosiddetta disabilità. A quel punto ci siamo chiesti: l'aula per tutti come deve essere? In base all'analisi dell'ICF l'aula per tutti deve tenere presente le diverse forme di funzionamento della persona, quindi deve essere di modello universale, deve facilitare le diverse forme di attività e di partecipazione in relazione ai fattori ambientali, quindi un modello interattivo. L'aula deve analizzare i prodotti all'interno di un sistema interrelazionale, quindi non prendere un qualche ausilio informatico, per poi vedere se questo ausilio, va bene nella classe, noi abbiamo bisogno di elencare tutte le condizioni e i fattori che definiscono questo contesto per vedere che quest'elemento è integrabile in quel contesto. Facciamo un esempio: guardiamo come all'interno dell'ICF viene analizzato il problema della comunicazione che è un’attività importante nell'aula. La comunicazione fa parte come capitolo del settore di attività personale, comunicazione. La comunicazione è suddivisa in tre livelli, noi possiamo ricevere comunicazione, possiamo produrre comunicazione, e possiamo intercambiare, conversare, o personalmente o mediante le tecnologie, possiamo scendere ad un livello ancora in profondità, possiamo analizzare su come ricevere l'informazione, in questo momento voi ricevete da parte mia informazione verbale, messaggi verbali, ma allo stesso momento io posso comunicare mediante messaggi non verbali, posso usare la mia mano, posso girare la mia testa per vedere se tutti sono attenti, per comunicare con voi, io posso comunicare con simboli comuni che spesso troviamo nella applicazione di proiezione, noi possiamo comunicare con disegni e fotografie come Piero stamattina ha cominciato a farvi vedere la storia in termini fotografici, noi possiamo comunicare anche con il linguaggio dei segni, basta guardare a sinistra e vedete un’altra forma di comunicazione. Noi possiamo comunicare con i messaggi scritti, basta guardare qui dietro, c'è una persona che traduce la mia voce in informazione scritta, quindi in questa situazione usiamo diverse forme di comunicazione che non sono qui casualmente, prima di fare l'HANDImatica sono stati contattati tutti i servizi per tradurre, i sistemi di proiezione, per preparare le diapositive, quindi ci vuole una grande organizzazione anche tecnologia per fare questo. Noi vorremmo scegliere un esempio di un prodotto e capire come possiamo analizzare un prodotto come una lavagna per facilitare la comunicazione e l'apprendimento di tutti. Ripasso la parola a Piero. 

Piero Cecchini - ringrazio Stefan e riprendo l'argomento proprio dal concetto di lavagna. Abbiamo pensato di osservare la lavagna, fra l'altro abbiamo una di queste lavagne proprio nello stand ASPHI, probabilmente molti di voi l’avranno vista, se qualcuno di voi è interessato a capire meglio naturalmente lo potrà fare visitando il nostro stand. Abbiamo voluto guardare alla lavagna come un oggetto per la comunicazione interattiva, cioè quell'aula che abbiamo visto nelle immagini precedenti essere rimasta praticamente immobile, ha sempre però un oggetto che è quello dell'apprendimento condiviso: la lavagna, che per sua caratteristica è il luogo dove si scrive, davanti alla quale si parla, lo fa l'insegnante e lo fanno anche gli alunni e che viene cancellata puntualmente. L'introduzione di alcuni oggetti multimediali come lavagne di questo tipo ci sembra particolarmente interessante all'interno di un’aula in cui ci sono persone, come diceva prima anche Stefan, che sono fra loro diverse ma che hanno molti tratti comuni, qual è la particolarità maggiore di lavagne come queste? Che ricevono informazioni e le possono rimandare in output, che possono essere di tipo analogico ed anche di tipo digitale, e noi sappiamo che quando l'informazione è digitale consente poi al computer di trasformare un messaggio che è solo testo in voce o viceversa la voce in testo, o di poterla trasmettere a distanza. Quindi l'uso di questi strumenti lascia intravedere la possibilità di avere un ambiente in cui le persone possono effettivamente partecipare secondo le loro possibilità, quindi lasciano bene sperare per un concetto di integrazione, cioè diventano strumenti che guardano proprio alla possibilità di avere le persone che stanno dentro nello stesso contesto educativo. Qui questa immagine ci richiama a un fatto importante, la lavagna viene cancellata, ma una lavagna di questo tipo invece lascia una traccia, di questo filmato che abbiamo girato l'altro giorno sono rimaste le tracce digitali, e quindi abbiamo il testo che potremmo trasformare, abbiamo le immagini ed abbiamo la memoria di quello che è stato fatto. A questo punto, e siamo alla fine, alla conclusione dell'intervento, quello che ci viene da chiedere a gran voce è la possibilità di fare progetti sperimentali che analizzino l'introduzione di strumenti come quelli che sono stati analizzati nella prima parte dell'intervento e anche di oggetti come questa lavagna, cioè di avere degli ambienti in cui si possa lavorare in modo sperimentale e che diano gli elementi per potere progettare delle aule che abbiano delle dotazioni di base, per tutti naturalmente, e che poi possano prevedere l'introduzione di ausili personali per l'alunno disabile che guarda caso saranno tutte le volte saranno diverse fra loro proprio perché la persona ha delle necessità sue particolari. L'organizzazione dell'attività didattica, quindi attività disciplinari, attività di supporto individuale, attività scuola - casa. Per potere poi sostenere l'uso di strumenti come questi è inevitabile andare verso una formazione continua, è la necessità che noi abbiamo di avere una formazione continua su questo che possa essere fatta in presenza e attraverso il web, quindi a distanza e attraverso l'e-learning. Nel nostro piccolo, nel 2005 faremo partire due progetti su questo tema proprio per analizzare la possibilità di uso di questi strumenti e ci auguriamo che altri seguano questa traccia e che vogliano rimanere collegati su una esperienza come questa. Io ho concluso, vi ringrazio per l'attenzione, passo la parola al relatore. 

Giorgio Sommi - la tecnologia ci propone continuamente un limite che si sposta davanti a noi, sul discorso di quello che sta avvenendo sui computer tutti abbiamo percepito il fatto che si sta scendendo di dimensioni e cercando di liberarsi dalla schiavitù dei fili, tutto diventa più piccolo e più portabile, e tutto, se possibile, collegabile senza dover andare a cercare una spina nel muro. Questo porta a un discorso di grande autonomia, di grande libertà ma introduce anche dei nuovi problemi dei quali occuparsi, in particolare è affascinante il discorso di potere avere su una cosa che ha le stesse dimensioni di un libro, forse anche meno, la possibilità di caricare e leggere un’intera biblioteca, perché è di questo che si parla, si parla di centinaia di libri caricati nella memoria di qualcosa che io mi porto appresso e che leggo come leggo lo schermo del computer. Però devo tenere presente una cosa, questa è una libertà, ma c'è anche un altro discorso: quando devo rendere fruibili questo da parte di tutti, che ne faccio dei prodigi di quantità se non ho anche dei prodigi di qualità di quello che ho? Questo è il problema che verrà trattato dal prossimo oratore, cioè che cosa accade in un libro digitale che ha certi vantaggi grandissimi quando questo deve essere utilizzato da una persona disabile che ha tutti i diritti di servirsene? Quindi cedo la parola a Flavio Fogarolo del CSA di Vicenza il quale parlerà dei libri di testo in formato digitale. Prego.

Flavio Fogarolo – grazie buonasera, concludo io, non solo diritto alla accessibilità ma occasione per migliorare la qualità dell'integrazione scolastica, ecco, già se ci fosse l’accessibilità sarebbe già qualcosa, poter avere questi libri di testo, ecc., ma è un qualcosa in più, cioè è un modo, come vedremo, di cambiare la modalità d’integrazione, di fare scuola in modo diverso, un qualcosa in più, un'occasione che va senza dubbio sfruttata. La riflessione parte dalla legge 9 gennaio 2004, la legge Stanca, che risponde finalmente a due problemi molto sentiti nella scuola: uno è l'accessibilità dei prodotti didattici multimediali e l'altro è l'accesso ai libri di testo in formato digitale. La legge è composta di due commi, il primo è abbastanza chiaro: le disposizioni della presente legge si applicano altresì al materiale formativo e didattico utilizzato nelle scuole di ogni ordine e grado, il significato è chiaro, la legge dice che tutto deve essere accessibile che l'amministrazione pubblica deve acquistare prodotti che siano accessibili, da tutta una serie di definizioni,  c'è un regolamento tecnico che dice cosa è accessibile, questo ricorda semplicemente: attenzione, non è che e il software didattico, il dizionario, l'enciclopedia sia un'altra cosa, anche questo è applicativo, anche questo deve essere accessibile. Meno male che l'ha detto perché qualcuno altrimenti rischiava di dimenticarsene. Il secondo comma è un po' più contorto: le convenzioni stipulate tra ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca e le associazioni di editori per la fornitura di libri alle biblioteche scolastiche, prevedono sempre la fornitura di copie su supporto digitale degli strumenti didattici fondamentali accessibili agli alunni disabili e agli insegnanti di sostegno nell'ambito delle disponibilità di bilancio. Questo dice che dobbiamo avere i libri di testo in formato digitale, in realtà il soggetto di tutto sono le convenzioni stipulate tra il ministero dell’istruzione con i fornitori di libri e le biblioteche, chi è dentro la scuola sa che non esiste convenzione di questo tipo. Questo ha creato qualche problema evidentemente, questo è frutto degli ultimi cambiamenti che ha avuto la legge in sede di commissione, con vari proposte, come sempre succede un po' di compromesso, perché la legge è stata approvata all'unanimità, questo significa che prima si sono messi d'accordo? Si è arrivati a questa dicitura che non è il massimo, però dice qualcosa di molto chiaro, di molto importante. Intanto, si vede dagli atti parlamentari, è chiaro, si vede che l'intenzione di chi ha presentato queste modifiche è stata quella di estendere l'efficacia della legge, quindi non solo libri di testo ma tutti gli strumenti didattici e formativi, compresi chiaramente i libri delle biblioteche. Secondo punto importante quando dice: accessibili agli alunni disabili e agli insegnanti di sostegno. Queste sono righe importanti secondo me, perché gli insegnanti di sostegno non hanno un problema di accessibilità, in genere leggono, parlano, vedono, perché devono essere accessibili agli insegnanti di sostegno? Sono accessibili agli insegnanti di sostegno perché sono uno strumento didattico, e poi vedremo cosa vuol dire questo, quindi non è solo un modo diverso di leggere i libri, è un modo diverso di fare scuola e di far sostegno, e questo chiaramente è una cosa che va sfruttata. Il primo punto: accessibilità di prodotti multimediali. In Italia è ancora molto scarsa l'attenzione agli studenti con esigenze particolari nella progettazione del software didattico e di consultazione. Noi abbiamo avuto in questi anni una notevole attenzione rispetto all’accessibilità dei siti web, se ne parla da anni, si spinge da una direzione all'altra l'utenza, gli stessi tecnici, abbiamo una normativa però non sappiamo veramente qual è la causa e qual è l'effetto, se i siti sono accessibili è perché c'è la legge Stanca? O la legge Stanca c'è perché stato un movimento, una attenzione, una spinta, una cultura dell'accessibilità? Probabilmente è un po' un misto, tutti e due. Per quello che riguarda il nostro software didattico e di consultazione non esiste niente di tutto questo, la situazione attuale è praticamente identica a quella che era 3 - 4 - 5 anni fa, cioè, le case editrici producono il software pensando all'utente medio, come diceva prima Stefan quello alto un metro e trenta, e non pensando ai casi particolari: se è così va bene, sennò va bene lo stesso. In questi giorni noi siamo qua a HANDImatica a Genova c'è il TED. Anche qui non si capisce perché due appuntamenti di questo tipo non potevano andare d'accordo: questa non è integrazione, una da una parte e l'altro dall'altra: di là si parla di handicap e dall'altra parte si parla di tecnologie. Guai se si incontrano. L'anno scorso girando per gli stand del TED andavo a chiedere alle case editrici: cosa dite riguardo l’accessibilità? Le vostre enciclopedie, i vostri prodotti, sono accessibili? Non uno che mi abbia detto che è accessibile, ma soprattutto non uno che sapesse cosa volesse dire accessibile, mi guardavano con gli occhi fuori dalla testa, la cosa non esiste. Siamo veramente indietro da questo punto, sono ignorate regole basilari, per esempio, se uno fa fatica a leggere dobbiamo dargli dei caratteri chiari, scrivere bene, la possibilità di ingrandire i caratteri, il fatto di non essere legati al mouse, tanti programmi si possono usare solo con il mouse, testo riconosciuto dalla sintesi vocali, per esempio, se la sintesi non legge di quello lì non ce ne facciamo niente, quindi abbiamo difficoltà estrema ad usare molti prodotti che pure le scuole acquistano, che usano: vocabolari, dizionari, enciclopedie, sistemi autore per costruire gli ipertesti, che poi chiaramente anche gli ipertesti che vengono costruiti non sono accessibili, ecco, accessibilità non significa assenza di immagini, filmati o animazioni, cioè il sito spartano, rigido, solo testo, cose di questo tipo, ognuno può mettere tutte le animazioni che vuole, tutte le immagini, si tratta di progettare le cose affinché tutti possono usufruire, come l'assenza di barriere architettoniche non vuole mica dire fare le case a un piano, significa semplicemente pensare un modo in cui tutti possono raggiunger le varie parti. In Italia non esiste un dizionario d'italiano con i caratteri ingrandibili, a volte lo chiedono, sono tutti ragazzini piccoli, scuole elementari, un dizionario di latino che possono usare i ciechi non esiste, basta andare nel salone di là, quante tecnologie ci sono, le abbiamo acquistate, ce le hanno le scuole, dovremmo dare autonomia ai ragazzi, finalmente possono fare le loro ricerche con i loro strumenti, da soli, non lo possono fare perché nessuna casa editrice ha mai pensato a loro, ed i prodotti per costruire opere multimediali, ecc.. Quindi il primo comma di questa legge chiaramente è importante e speriamo veramente che questo venga approvato presto, anche perché i ritardi si accumulano, non è come il sito web che una volta deciso di rifarlo in modo accessibile, si cambia, il sito vecchio non esiste più, c’è solo il sito nuovo accessibile, un prodotto di questo tipo vuole dire magazzini pieni di vecchi cd, di vecchi prodotti, prima che il nuovo prodotto sostituisca il vecchio si aspettano anni, se poi anche si aspettano anni per fare le leggi applicative, veramente, siamo messi male. Il secondo punto era l'accesso ai libri di testo in formato digitale, un altro grosso problema, sono sempre di più gli alunni delle nostre scuole che usano il computer come strumento di lavoro, per compensare minorazioni di tipo visivo, motorio, o disturbi alla lettura. Per tutti loro diventa essenziale disporre dei libri in formato digitale. Cosa si fa adesso? Qualcuno riesce ad averli dalle case editrici, molto pochi, per gli altri è necessario un lungo lavoro di trasformazione, scanner e ocr, pazienza e tempo. Attualmente, solo gli alunni disabili visivi sono assistiti, anche se in modo incompleto, nella fornitura di libri in formato alternativo, per loro esistono delle leggi, parlo di ciechi ed ipovedenti, di tutela, soprattutto gli enti locali, la provincia, per cui, come avevano prima, hanno ancora libri in Braille, possono avere anche i libri ingranditi, libri in formato digitale, ecc.. Per gli altri l'onere ricade interamente sulla famiglia o sulla scuola, insisto,  anche se in modo incompleto. Per esempio la biblioteca dei ciechi di Monza, che pure ha un accordo con l’associazione degli editori, riesce ad avere dagli editori il 40% dei libri, significa che tutti gli altri libri vengono presi a mano. Se pensate che una qualsiasi famiglia che va a chiedere alle case editrici i libri digitali, quindi privatamente, riesce ad averne 3 - 4 – 2, su 7 - 8 - 10 libri, grossomodo. Quindi, la biblioteca di Monza con il suo accordo che ha fatto con l’associazione editori, riesce ad avere gli stessi libri che ha una famiglia normale, questo vuol dire veramente quanta urgenza ci sia di intervenire su questo punto, ripeto, ore ed ore di scanner, adesso voi pensate cosa vuole dire per una famiglia, a volte, prendere tutti i libri di testo, prenderli tutti con lo scanner, trasformarli, magari libri in altre lingue, libri in tedesco, ho conosciuto una famiglia che ogni sabato e domenica dovevano passare tutti i libri in tedesco, e naturalmente non sapevano il tedesco, e tutti i libri in latino, il latino è peggio perché in tedesco esiste il correttore ortografico, almeno gli errori dello scanner li trova, col latino non esiste un correttore ortografico, questo fa veramente rabbia perché le famiglie lo vivono come una ingiustizia, questi file ci sono e non solo dagli editori, questo è il bello, molto spesso ci sono anche, più volte, dei trascrittori Braille, dove i libri sono stati presi con lo scanner ed esiste il file, ma di una ditta o di un altro centro di trascrizione, però alle famiglie non possono arrivare. A chi servono i libri di testo in formato digitale? Ecco, questo è un punto su cui vorrei insistere, non è un discorso che interessa solo i ciechi e gli ipovedenti, certamente interessa i ciechi perché un libro di carta non lo possono leggere quello sul digitale sì, interessa gli ipovedenti perché possono ingrandire e cambiare i caratteri, ecc., ma interessa anche gli alunni con minorazioni agli arti superiori, perché possono, in questo modo, gestire il file, girare le pagine,  trovare i punti che gli interessano senza usare le mani, gli alunni dislessici, sempre di più adesso, questo è un punto importante, se guardiamo anche i numeri, chiaramente i primi sono molto pochi, coi dislessici già cominciamo, i primi si parla di qualche per mille, qui cominciamo a parlare di qualche per cento, e sapete che gli alunni dislessici, se hanno possibilità di sentire un file, magari con un supporto di tipo visivo, aumentano di molto la loro comprensione e riescono a studiare da soli. Infine ci sono tutti gli alunni con difficoltà cognitive o linguistiche, tutti gli alunni che hanno bisogno di libri di testo adattati, personalizzati, libri di testo che siano semplificati, dove c’è bisogno, schematizzati, ristrutturati. Un lavoro lungo che attualmente viene fatto spesso dagli insegnanti di sostegno, viene fatto con sistemi tradizionali: copia e incolla, taglia, etc., dove però copia si intende fotocopiatrice, taglia si intende la forbice, incolla si intende la colla, e poi evidenziatore, pennarelli, ecc., per dare una struttura diversa più chiara, più semplice, al testo. Riguarda tantissimi alunni, pensate solo le scuole superiori, tutti gli alunni che fanno un percorso di tipo non differenziato, ma su obbiettivi minimi, quindi che devono che devono affrontare tutte le discipline devono portare un programma su tutte le discipline e devono essere aiutati su tutte le discipline. E’ chiaro che produrre questo materiale e questi libri alternativi è molto più semplice se si parte da un qualcosa che esiste, e si toglie quello che non c’è, si dà una forma diversa a quello che resta, si cambia la formattazione, che non, se dobbiamo scriverlo di nuovo tutto quanto. Insisto su questo punto perché la legge dice: accessibile agli alunni e agli insegnanti di sostegno, quindi, gli insegnanti di sostegno hanno diritto ad avere anche questo tipo di testo. A chi servono quindi i libri? Definire le tipologie dei destinatari è indispensabile per capire anche che cosa vuole dire accessibilità e fruibilità. Gli alunni ciechi hanno bisogno di un formato accessibile agli screen reader, chiaramente, col loro strumento deve essere trasparente, e secondo, deve essere esportabile come testo per poter fare delle stampe in Braille se ne hanno bisogno, e poi per gestire le esercitazione al computer, i libri di testo non sono fatti solo per essere letti, ci sono anche degli esercizi da fare, ci sono dei compiti, dei questionari da completare, quindi devono essere testi su cui si può lavorare. Qui abbiamo fatto uno schema dove ci sono i quattro formati che vanno per la maggiore: il pdf, l’ e-book reader che è il sistema degli e-book della Microsoft, formati doc o rtf, quelli di word, poi html, xml, i linguaggi di marcatura. Il pdf per i ciechi è accessibile se è fatto bene, normalmente gli screen reader lo leggono, l’e-book, assolutamente  non è accessibile per i ciechi, da qui, il doc e l’html è pienamente accessibile. Gli ipovedenti di che cosa hanno bisogno? Per loro serve la possibilità di ingrandire e reimpostare la pagina, cioè non basta ingrandire, quello che ho chiamato qui "zoom statico", assolutamente non va bene, lo zoom statico è quello che consente d'ingrandire la pagina, però non la ristruttura, quindi, ingrandendo la pagina, si perde una porzione, non vedo più la riga intera ma ne vedo mezza, quindi per leggere una riga devo spostarmi con il mouse o con il cursore, questo fatto 1-2-5 volte per una frase va bene, ma pensare di leggere, di studiare un libro per ore con questo sistema è veramente impossibile. Quindi questi programmi che danno solo questo zoom di tipo statico assolutamente non sono adatti. Spesso l'ipovedente ha bisogno di ricorrere alla sintesi vocale perché nel momento in cui si stanca a seguire con gli occhi, se il testo che ha una struttura abbastanza semplice di tipo sequenziale, lui fa prima a fare partire la sintesi vocale e lavorare con le orecchie anziché con gli occhi, riposare gli occhi, quindi la sintesi vocale deve essere riconosciuta. Infine anche in questo caso c'è bisogno di potere eseguire le esercitazioni al computer, morale: il pdf non va bene perché ha uno zoom solo di tipo statico, l'e-book reader, sì e no, perché ha la possibilità di ingrandire un po’ il carattere, però di poco, arriva praticamente a due o tre livelli di ingrandimento, possiamo arrivare al corrispondente di un 14 – 16 di font, questo può andar bene per certi casi di ipovisione lieve ma quando incominciano i problemi grossi questo non va più bene , e comunque, non è possibile estrapolare il testo per fare gli esercizi, chiaramente anche in questo caso il doc e i documenti, l’html, vanno più che bene. Per gli alunni con minorazioni motorie, probabilmente sono quelli dove ci sono meno problemi, dove, perché a loro bastano dei browser ad alta accessibilità che si possono gestire con tastiere alternative, con sensori, con riconoscimento vocale e loro possono girare la pagina, trovare un punto senza grosse difficoltà, rimane il problema delle esercitazioni al computer. I dislessici di cosa hanno bisogno? Serve un formato che sia utilizzabile con i programmi maggiormente usati nelle scuole, il “Carlo” lo conoscete benissimo, il “Carlo” attualmente riconosce solo l’rtf, si può convertire, è tanto per capire di cosa stiamo parlando, e riconosciuto dalle sintesi vocali. Per gli alunni con disabilità cognitive o di linguaggio, in questo caso importantissimo sono anche i sordi che hanno bisogno di libri ristrutturati e adattati proprio dal punto di vista linguistico, dato che il lavoro va fatto dagli insegnanti, hanno bisogno di poter copiare, tagliare, incollare, spostare, riformattare, chiaramente, serve un formato che sia gestibile con i più comuni programmi di videoscrittura che ci lasci fare queste cose. Questo schema conclusivo mostra come di fatto questi sistemi, che sono attualmente il pdf e l’e-book, che sono quelli preferiti dalle case editrici per la diffusione dei loro libri, siano assolutamente inadatti per il nostro scopo, mentre a noi servono formati flessibili che possono essere gestiti e modificati. Ci sono dei problemi aperti: senz’altro, ad esempio, il problema di testi non puramente testuali, libri di matematica, libri di chimica, greco antico, musica, in questo caso trovare delle alternative testuali in sistemi che siano accessibili a tutti è evidentemente molto difficile, però anche qui si sta lavorando, per esempio per la matematica, mentre stiamo parlando qui, nell'altra sala vengono presentati ben due progetti che consentono di gestire la matematica ai ciechi, tutti e due, che, hanno possibilità di importazione, anche qui le difficoltà ci sono, ma la situazione è in evoluzione. C'è chiaramente il problema del diritto d'autore. Qui nessuno vuole andare contro queste cose, è sacrosanto, è oltretutto anche una cosa che va tutelata anche nel nostro interesse, perché se non c'è più diritto d'autore, chiaramente questi smettono di fare libri e siamo messi peggio di prima, però, la cosa da rimarcare, come in altri contesti, è che l'accessibilità e protezione non sono oggi tecnicamente conciliabili, un file veramente protetto è inaccessibile, un file accessibile purtroppo non ha protezione. L'unica soluzione è quella di tutelare il diritto d'autore lavorando più sul controllo della distribuzione che non mettendo dei finti blocchi ai prodotti distribuiti. Già oggi abbiamo ben tre centri in Italia, che sono la biblioteca dei ciechi di Monza, il Cavazza di Bologna e la fondazione Galliano di Cosenza, che distribuiscono i file digitali, anche di libri con diritti d'autore, di libri recenti di narrativa, di best sellers; li distribuiscono su file attraverso delle procedure particolari, cioè: la persona si qualifica, dimostra di avere esigenze particolari, porta il certificato d'invalidità, si fa dare i libri secondo una certa procedura e dichiara la sua responsabilità, se questo è possibile con dei privati, tanto più, può essere fatto con delle scuole dove c'è un ente pubblico, un’istituzione, c’è un dirigente etc.. quindi, la soluzione, per noi, può essere solo questa, basata sul controllo della distribuzione, non su filtri e su blocchi. Il problema della fruibilità, questo è un altro grossissimo problema, noi non possiamo prendere un file da otto mega darlo al ragazzino di prima media e dire questo è il tuo libro di storia. Il file deve essere preparato, deve essere predisposto, deve essere reso in modo fruibile, amichevole, in modo che lui ci possa navigare che possa trovare velocemente le informazioni che gli servono e possa passare da un punto all'altro. Quindi il documento va riorganizzato, vanno previsti strumenti di selezione, navigazione, indici e così via. Nel caso di oggetti secondari, molto frequenti nei nostri libri di testo, i riquadri, le note, le e tabelle, devono essere tutti correttamente collegati, è un lavoro lungo, ci vuole anche un po' di pazienza, però è indispensabile per offrire veramente un qualcosa che sia valido. Naturalmente per i non vedenti va prevista una descrizione delle immagini, se queste hanno un peso informativo particolare, se sono immagini puramente decorative possiamo lasciar perdere, ma dove le immagini sono importanti per la comprensione, vanno descritte con parole. Quindi, i libri di testo in formato digitale, quindi non solo come diritto all'accessibilità, ma anche come occasione per migliorare la qualità. Quindi, alcune riflessioni veloci per finire: perché le tecnologie non fanno integrazione? Io lo do per scontato, attualmente le tecnologie non fanno integrazione o fanno poca integrazione, la situazione migliore è quella in cui il ragazzino con il suo computer, con le sue tecnologie, molto diverse da quelle dei compagni, a volte molto anche invadenti, che manifestano in modo chiaro anche la sua diversità, comunque, il ragazzino in classe con gli altri riesce a fare cose che fanno gli altri, col suo computer insieme agli altri. E’ purtroppo una rarità questa. Molto spesso abbiamo questa situazione: che il ragazzino con il suo computer va da un'altra parte in un'aula di sostegno o aula multimediale, è interessante anche cercare di capire perché molto spesso anche in scuole, situazioni in cui si è fatto un grosso lavoro per l'integrazione, in cui certi principi sono ormai ben consolidati, davanti a queste tecnologie, a questa specie di totem, sua maestà il computer, fanno tranquillamente marcia indietro, rinunciano a certi principi, e si accetta tranquillamente che il ragazzino vada fuori, che faccia da solo, che usi il computer da solo, il programma per gli handicappati, il software per questo e per quello, ecc.. C'è da chiedersi il perché, e poi andiamo in aule informatiche dove tutti quanti hanno il computer davanti, anche lui ha il suo computer davanti, ma purtroppo non può usarlo come agli altri, perché non ha gli strumenti, non ha l’accessibilità. Perchè le TIC siano davvero risorse per l'integrazione servono diverse cose, servono gli strumenti, chiaramente, serve il computer, senza quelli non si fa niente, servono le competenze sia tecniche che didattiche, bisogna saperle usare, servono gli atteggiamenti, la cultura dell'integrazione, volere l'integrazione, lavorare per l'integrazione, serve l'accessibilità, che i software, i prodotti, i contenuti siano aperti a tutti, e serve, infine, l’organizzazione, perché se ognuno va  via per conto suo, se la gente non si parla, gli insegnanti non si parlano, le risorse rimangono bloccate non si combina niente. Probabilmente servirà anche qualcos'altro, abbiamo individuato questo: noi per anni ci siamo concentrati solo sui primi due, che erano chiaramente quelli che ci bloccavano tutto, gli strumenti e le competenze, non c'erano i computer, non ci sono i soldi per acquistare, quello diventa il problema, superato quello trovare qualcuno che lo sappia usare e sappia fare. Adesso questi due qui non sono più problemi: gli strumenti, in qualche modo si trovano, le competenze ci sono, quelle tecniche ci sono di sicuro, e quelle didattiche si possono sviluppare, diventano veramente cruciali gli altri punti, e ci stiamo impantanando proprio lì, sulla cultura della integrazione, per cui, purtroppo, molto spesso accettiamo cose che prima non avremmo mai accettato, ci stiamo impantanando sull'accessibilità perché non riusciamo a usare come vorremmo questi strumenti, e ci stiamo impantanando sull'organizzazione, per cui ognuno fa per conto suo, ognuno parte con il computer, ognuno fa quello che vuole. Io finisco con alcune immagini: con le TIC abbiamo fatto tanta strada, le abbiamo comperate, abbiamo cominciato ad usarle, non solo noi, i ragazzi, tanta formazione, tanta fatica per imparare e fare cose nuove, tanti sforzi da parte di tantissime persone, oggi siamo in una situazione in cui la mancanza di accessibilità diventa come un paracarri inutili, noi siamo in questa situazione: abbiamo fatto tantissima strada, stiamo creando una scuola tecnicamente alla portata di tutti e andiamo a metterci dei paracarri dove non dovrebbero esserci e dove non ha senso che ci sia. Grazie per l’attenzione.

Giorgio Sommi - grazie a Flavio Fogarolo per il suo interessante intervento, mi viene da commentare che qui si tratta di presentare un cibo a qualcuno dandogli soltanto dei buoni ingredienti messi lì senza applicare la ricetta che dice come si combinano oppure dimenticando addirittura degli ingredienti, per fare una buona cucina ci vogliono dei buoni ingredienti, ma come dicevo prima, ci vuole anche un buon cuoco. 

Il prossimo intervento tratta di un problema che introduce l'aspetto di un altro grande fratello che è presente, incombente, che è internet. Uno degli aspetti più significativi del successo di internet è stato probabilmente quello che l'ha fatto decollare, quello che ha dato il nome del web, è la possibilità di condividere delle informazioni e nella condivisione c'è l'integrazione e c'è la possibilità di costruire, anche a distanza, qualcosa che unisce, è un discorso che pian piano porta a costruire una classe che non è fatta soltanto dalla presenza fisica delle persone all'interno di una classe, ma dal fatto che tutti sono uniti da un comune intento, dal desiderio di condividere qualcosa e di conoscere. Nel titolo del prossimo intervento di Enza Benigno e Silvia Dini dell'istituto tecnologie didattica del CNR di Genova, che sono qui nonostante la contemporaneità del TED, si parla di formazione continua. Cedo la parola a Silvia Dini, ricordando soltanto che ci sono due aspetti importanti: la condivisione e la conoscenza. 

Silvia Dini - sono stata preceduta da interessantissime esposizioni che hanno messo in risalto come cambia la scuola, cambia la classe, grazie anche alle tecnologie, cambiano i libri, cambia anche la formazione, e cambia la possibilità di avere classi che non siano legate all'aula fisica, ma siano classi virtuali, comunità virtuali. In questo caso, classi anche di docenti stessi. Abbiamo parlato di alunni disabili, ma chi lavora con gli alunni disabili in prima linea sono proprio gli insegnanti di sostegno. Il progetto che da molti anni, è un progetto pluriennale, portato avanti dall’istituto tecnologie didattiche, che è proprio su questo: sulla formazione continua basata sull'uso delle tecnologie e sullo sviluppo di progetti didattici dove le tecnologie avessero una importanza fondamentale. Nel settore delle disabilità le tecnologie e dell'informazione e comunicazione hanno proprio modificato la qualità e il tenore di vita di molti alunni, ed in questo, hanno giocato un ruolo cruciale la scuola e i suoi docenti, non soltanto i ricercatori, anzi, in particolare proprio i docenti e quelli di sostegno che operano in un contesto dinamico e spesso problematico, vuoi per motivi organizzativi, vuoi per altre situazioni, e a questi docenti è richiesta una buona dose di flessibilità, di adattamento e a volte su più casi diversi e anche di adattamento all'ambiente, utilizzare tecnologie a disposizione. Quindi sono docenti che quotidianamente costruiscono la loro professionalità e quindi necessitano anche di comunicare, di condividere e di confrontare le proprie esperienze per non rimanere isolati a risolvere ogni volta ciascuno i propri problemi. Nel caso del progetto chiamato "clicca il mondo" portato avanti dall'ETD, le TIC svolgono un ruolo indispensabile, in particolare viene data enfasi alla realizzazione ed al consolidamento di uno spazio per la formazione permanente per favorire due cose: lo sviluppo di una comunità di pratica, per condividere quindi quanto sperimentato con altri colleghi nell'ottica di elaborare un approccio culturale metodologico comune, e lo sviluppo collaborativo di progetti e sperimentazioni didattiche, riferiti a soggetti con specifiche disabilità, usando ausili o approcci metodologici che facciano uso delle TIC. Ci siamo posti alcune domande, come può un docente di sostegno rendere più efficace la sua azione educativa grazie all’uso delle TIC, è possibile valorizzare la propria professionalità e migliorare la qualità della didattica specializzata e in che modo un docente può avvalersi del web. Partiamo dall'identikit del docente di sostegno: è un docente opportunamente specializzato, opera in un contesto dinamico e problematico, ha un rapporto individualizzato con il ragazzo, anche se il docente appoggia tutta la classe ma spesso deve comunque avere un rapporto diretto e specifico su uno o più ragazzi. E’ un lavoro spesso e volentieri solitario, questi dati provengono dalla realtà, dal nostro contatto con gli insegnanti di sostegno quindi penso che possano essere condivisi da chi conosce la scuola, ed è nella scuola, abbiamo notato un elevato rischio di burnout per l’eccessiva responsabilizzazione, e soprattutto, l'insegnante è un costruttore della propria professionalità e se la costruisce direttamente sul campo, la formazione spesso non basta, ma la realtà poi aiuta a migliorare, quindi quali esigenze sono state espresse dai docenti di sostegno? Innanzitutto la necessità di individuare spazi e tempi per la formazione continua, considerato che risultano spesso insufficienti le competenze acquisite attraverso i corsi di specializzazione, molto spesso la teoria è ottima come base per sapere che cosa c'è, poi applicarlo è un'altra cosa, soprattutto col fatto che le tecnologie cambiano e arrivano quindi considerevoli informazioni provenienti dal mondo della ricerca psicopedagogica e anche tecnologica, quindi c'è la necessaria di tenersi sempre aggiornati ma nello stesso tempo ci si sente anche un po' pressati, quindi, occorre comprendere l'utilità delle TIC a favore della propria professionalità per mille situazioni: l'accesso a informazioni a basi documentati, a materiali didattici, per comunicare e collaborare con colleghi per provvedere quindi al proprio aggiornamento e, aspetto molto interessante, per condividere le buone pratiche didattiche e prendere parte a una comunità di pratica. La comunità di pratica, in questo progetto, è un concetto centrale, è un contesto in cui un docente professionista, quindi c'è una forte valutazione della professionalità del docente di sostegno, che alimenta la sua competenza attraverso un continuo rimando fra esperienza e anche una sua costruzione riflessiva. Cioè l'insegnante di sostegno non solo fa, ma ha anche un pensiero su quanto fa, che ha una progettualità, che, se condivisa, può contribuire a costituire delle buone prassi, quindi in una comunità di pratica, le conoscenze formali e esplicite e le conoscenze empiriche si alimentano a vicenda in  risposta a problemi via via emergenti, altro aspetto interessante è che questo, consente di lavorare su problemi reali, concreti, problemi che riscontrano i docenti nella loro professione quotidianamente, questi diventano gli argomenti per la formazione, quindi c'è un ciclo dove si alimenta la professionalità proprio a partire dall'attività stessa dell'insegnante. Questo è un breve schema per riepilogare le dinamiche della comunità di pratica, cioè una base di conoscenza condivisa attraverso modalità di problem solving e di socializzazione, sia come modalità di interazione, sia come ulteriori possibilità di scambio e di modalità online, e anche però, in parte, in presenza, perché il progetto di formazione era prevalentemente online, ma prevedeva anche incontri in presenza. Il progetto "clicca il mondo" aveva come obbiettivo, aveva ed ha, perché è da circa sei anni che viene portato avanti sempre con buoni risultati e sempre con grandi attenzioni, non ha avuto un calo di attenzione, proprio perché è orientato a esigenze reali dei docenti, più o meno 40 - 60 docenti sono stati coinvolti in questo arco di tempo all'interno di questo progetto e quali sono gli obiettivi? Individuare spazi e momenti di formazione ma anche di informazioni per tutti gli insegnanti e soprattutto scambiare esperienze. Favorire l'elaborazione di progetti didattici in maniera collettiva, in maniera cooperativa, da realizzare e verificare parallelamente o successivamente allo svolgimento del corso, facendo uso, comunque, di risorse tecnologiche. I progetti di maggiore interesse vertevano proprio sulla costruzione di ipertesti e, più recentemente, sulla realizzazione di tele e videoconferenze con gli alunni, quindi sull’organizzazione di sessioni di aula virtuale fra gli alunni delle scuole che costituiscono la rete che hanno aderito a questo progetto. L'attività si sviluppa in quattro aree di interesse per l'autoformazione: sono la sperimentazione, è stata l’area più importante, la fase di progettazione, il monitoraggio, cioè il tutoraggio dei progetti a opera di esperti che di volta in volta potevano essere richiesti in base all'argomento della sperimentazione e un'area più libera (informazione bazar) dove in maniera meno strutturata si potevano fare circolare informazioni o fare richieste. L'area di lavoro relativa alla progettazione, i gruppi o i singoli docenti, ma soprattutto sono stati i gruppi di docenti, cioè a livello di organizzazione si è notato che il docente singolo aveva più difficoltà poi a partecipare concretamente ai progetti, quindi risultava migliore dove c'era l'appoggio di una scuola, dove la scuola stessa aveva modificato in parte il proprio assetto, quindi i gruppi di docenti intervengono per uno sviluppo di un progetto didattico riferito a soggetti con specifiche disabilità. Nelle varie edizioni, vedete, si è trattato di ricostruire ipertesti, videoscrittura con ausili, interventi sulle psicosi e sulle disabilità motorie. Nella fase di sperimentazione i docenti coordinano le loro attività di sperimentazione, ed in questi anni, grazie al web, grazie ad internet, la tele-video conferenza, è stata l’argomento più interessante. La formazione, e, se vogliamo, anche la supervisione che può essere necessaria per i docenti di sostegno o comunque per chi lavora con situazioni di disagio e di difficoltà era curata da un esperto psichiatra o psicologo, ma anche da esperti su tematiche specifiche più legate alle tecnologie. La formazione è rivolta specificamente a fare da contenimento alle possibili difficoltà, cadute di motivazione, cioè alle difficoltà che via via… I problemi emergono man mano che si lavora, quindi, era un modo per monitorare, non solo, ma nell’area di monitoraggio, il partecipante può addirittura proporre un caso sul quale sta lavorando, oppure un’esperienza didattica, su cui richiedere proprio un intervento collettivo per essere aiutato a valutare sul proprio operato e per essere aiutato, cosi, a vedere, sotto aspetti diversi, ecco, un occhio esterno ha comunque un modo diverso di valutare e di intravedere anche soluzioni. Quindi, questo è stato molto importante e molto produttivo. Il bazar, come dicevo prima, era uno spazio per lo scambio di informazioni più libero. Le metodologie, come dicevo prima, questo progetto sono che questo progetto è basato sull'uso della rete per creare ambienti virtuali proprio sull'interazione diretta dei partecipanti, quindi forte comunicazione interpersonale e la produzione di progetti didattici in maniera collaborativa. Grazie alla cooperazione possono essere privilegiate forme di apprendimento diverse rispetto alla formazione uno a molti che si ha normalmente quando si fanno corsi di aggiornamento, e queste forme diverse scaturiscono dal gruppo di lavoro, dalla condivisione, dal confronto culturale, docenti di zone diverse hanno realtà diverse con le e quali si confrontano, quindi anche questo interviene pesantemente sulla propria attività, e dalla cooperazione nel raggiungimento di obiettivi comuni sui quali poi ci si confronta a fine progetto, il progetto di formazione segue l'anno scolastico come periodo di intervento, la cooperazione facilita lo sviluppo di un ambiente nel quale chi apprende ha la possibilità di: applicare le proprie conoscenze alla risoluzione di problemi, di controllare e partecipare attivamente al proprio apprendimento, di sentirsi parte di un gruppo di lavoro e imparare dagli altri e con gli altri, perché sono molti i risvolti dell’uso della tecnologia per cooperare, non è solo uno strumento per comunicare meglio, non è uno strumento neutro sicuramente. Questo riepiloga graficamente l’organizzazione di questo tipo di percorsi formativi: gli esperti e i tutor fanno da polo, ai quali si rivolgono i partecipanti che vengono messi in collaborazione tra di loro, questa invece è come si svolge l'attività poi normalmente nell'ambito del progetto. Questa è la piattaforma virtuale messa a disposizione dall’ ITD, dall'istituto tecnologie e didattiche, la piattaforma sulla quale collegarsi per effettuare appunto tutta la parte di supporto tecnica e telematica per lo scambio e l'incontro virtuale. Queste, brevemente, le indicazioni metodologiche: i tutor danno indicazioni nell'area di progettazione e invitano i partecipanti a discutere nel gruppo locale, perché sono previsti incontri in presenza o virtuale, i tutor stimolano la discussione e gli esperti danno indicazioni di contenuto su specifiche disabilità nell’area deputata alla formazione come vi dicevo prima. Il forum pubblico, questo qua  è il messaggio di benvenuto, è aperto a tutti, certo che chi vuole aderire deve cercare di mantenere l'impegno almeno per l'anno per il quale ha dato la sua disponibilità, il progetto ha un nome altisonante, clicca il mondo, anche un po’ scherzoso, il messaggio vuole essere un modo per rompere il ghiaccio. Per saperne di più ci si può collegare all'indirizzo internet http://saxophone-fc.etd.ge.cnr.it, e, come nome utente inserire la parola "ospite" e come password inserire il nome “clicca”, appunto il nome del progetto. “Clicca il mondo”, e qui concludo, è quindi una comunità di pratica che privilegia la valorizzazione delle competenze della professionalità dei docenti, la valorizzazione della condivisione e della documentazione delle esperienze, e la valorizzazione della progettualità, quindi, è una formazione attiva e non una formazione subita questa. Per qualunque altra informazione si può contattare direttamente Enza Benigno, questo è il suo indirizzo di email per chi fosse interessato a partecipare può collegarsi alla piattaforma e poi contattare lei per sapere a che punto sono e come pensano di intervenire ulteriormente.  E qui chiudo e restituisco la parola, grazie.

Giorgio Sommi – grazie a Silvia Dini per il suo intervento, ho dimenticato di complimentarmi con i relatori per la qualità delle loro slides, potremmo discutere se queste slides sono multicanale, ancora non lo sono, però hanno fatto un bello show di quelle che sono le tecnologie disponibili attualmente anche per fare le presentazioni, a questo riguardo, ricordo, di nuovo, per chi non fosse stato qua all’inizio, tutto quanto avviene in questo convegno viene ripreso in diretta su internet ed è disponibile accedendo al sito www.handimatica.it. Il CINECA, che collabora con ACANTHO, fa la raccolta di: non solo il materiale visivo, che è quello che vedete voi in questo momento dalla sala, ma anche di tutte le slides, di tutte le sottotitolazioni e di tutto quello che hanno detto le interpreti con la LIS.

Ricordato questo, passiamo al prossimo intervento. Il prossimo intervento è di Silvia Mossini, del Laboratorio di Telematica per il territorio della provincia di Parma. Il tema, è un tema affine a quello che abbiamo ascoltato, quello dell’e-learning, cioè uso di un collegamento, uso delle famose tecnologie TIC: l’e-learning per il sistema dell'istruzione sul territorio della provincia di Parma, in particolare un progetto che si chiama “Scuola et Bardi”, ed altre esperienze che verranno raccontate dalla dottoressa Mossini, prego. 

Silvia Mossini – Buon giorno a tutti, io lavoro per il laboratorio di telematica per il territorio, che è una società pubblica della provincia di Parma, e che è supporto tecnologico, ma anche metodologico ad una serie di esperienze che utilizzano le tecnologie dell'informazione e della comunicazione con l'obiettivo di ampliare l'offerta di formazione sul territorio provinciale inteso proprio nel suo complesso. Non parlerò di progetti che sono particolarmente destinati a studenti con disabilità, ma progetti che cercano comunque di superare la distanza, distanza, come vedremo, fisica, dai luoghi deputati della formazione, distanza anche culturale, cioè rientro all’accesso di possibilità formative da parte di persone che magari ne sono state escluse o hanno abbandonato prima della fine i percorsi di apprendimento. Quindi queste possibilità, garantite sul territorio provinciale, da questi progetti che cercano proprio di utilizzare le risorse dell'apprendimento a distanza, ma anche, appunto, il supporto e le metodologie, come vedremo, per colmare queste distanze. Iniziamo velocemente guardando, con uno sguardo veloce al territorio provinciale: la nostra provincia è costituita per più di due terzi da territorio montano, quindi appenninico, quindi difficoltà per gli studenti per raggiungere le sedi della formazione, studenti di scuola secondaria superiore, quindi necessità di verificare con progetti di questo tipo la possibilità di dare a questi studenti la scuola vicino a casa. Questi progetti sono inseriti da parte dell'amministrazione provinciale di Parma in un piano telematico territoriale che mira proprio a favorire nuove dinamiche di sviluppo e riequilibrio territoriale attraverso l'apprendimento a distanza. Il progetto della scuola di Bardi che vedremo tra poco è uno dei progetti del piano telematico territoriale. Riequilibrio territoriale significa possibilità di accedere a risorse e soprattutto a risorse della formazione. Oggi abbiamo sentito anche dagli interventi che mi hanno preceduto quanto è risaputo che la tecnologia è lì, c’è, c’è tutto, dobbiamo trovare il modo di usarla nel miglior modo possibile per raggiungere gli obiettivi propri del maggior numero di possibili utenti, quindi per ampliare l'accesso alla formazione. Il paese di Bardi è un paese dell'Appennino, come dicevo, soggetto a bassa densità di popolazione, marginalizzazione geografica. E’ un paese da sempre soggetto a spopolamento, gli studenti e i lavoratori sono costretti al pendolarismo e l'idea è stata quella di utilizzare le risorse telematiche, in un ambiente che è stato creato presso il locale istituto comprensivo, per dare la possibilità agli studenti residenti nella vallata di frequentare la scuola vicino a casa per tre giorni alla settimana. Parliamo di e-learning. Se parliamo di e-learning oggi, parliamo di nuove opportunità di apprendimento che consentono di ampliare l'accesso a risorse formative e soprattutto consentono di superare distanze: distanze spaziali, distanza dai luoghi deputati della formazione, da Parma per esempio, superamento di distanze temporali, possibilità di accedere, quindi, alle risorse formative, materiali didattici, in momenti diversi, per persone, per esempio lavoratori o persone che non possono frequentare un'offerta strutturata. Un apprendimento che quindi diventa flessibile e può essere personalizzato; una tipologia di approccio didattico che è basata su ciò che la rete telematica oggi offre, che costituisce il valore aggiunto della rete telematica che è proprio l'interazione, la comunicazione e la collaborazione. Parlare di e-learning significa quindi parlare di rete in molti sensi: un sistema per l'e-learning è formato in primo luogo dalla rete telematica, quindi accesso a risorse telematiche affidabili, veloci, soprattutto, e a costi contenuti. Significa creare una rete di collaborazione tra istituzioni e soggetti competenti sul territorio, significa mettere insieme risorse finanziarie fornite dall'amministrazione provinciale con la collaborazione delle scuole che si sono messe in rete per creare questo progetto. Significa rete tra sistemi formativi, scuola superiore ma anche educazione continua ed educazione per adulti, e significa soprattutto una rete di tecnologie, di metodologie e di professionalità. Quindi vediamo che l'e-learning è un sistema in cui la tecnologia, banda larga, piattaforme, possibilità di accedere a sistemi di videoconferenza con delle sessioni live, è uno dei nodi problematici di questo sistema. Altri nodi sono costituiti dai materiali didattici che devono essere multimediali, interattivi e accessibili, dalle metodologie, quindi, nuovi approcci metodologici alla didattica, e soprattutto da una rete di sistemi di supporto formati da un tutoring attivo, da nuove figure professionali. Vedremo come tutti questi aspetti sono stati affrontati nei progetti in corso sul territorio. Dicevo una rete ampia di soggetti formata da amministrazione provinciale, amministrazioni comunali e comunità montane, da distretti scolastici  e centri servizi amministrativi, da scuole superiori del territorio, centri territoriali permanenti e LTT, che è il supporto tecnologico a tutta l'esperienza. Progetti provinciali coinvolgono le scuole secondarie superiori che sono in poli remoti, attrezzati su tutto il territorio provinciale, e integrano diverse modalità di apprendimento, in questo caso si parla di percorsi di apprendimento misto in cui le attività di aula sono affiancate a attività in videoconferenza e attività online. Il progetto di scuola di Bardi quindi riguarda un biennio di scuola superiore, gli studenti e residenti nella vallata, che sono iscritti a tre scuole di diversi indirizzi. Una scuola di indirizzo tecnico, un liceo scientifico e una scuola professionale frequentano per tre giorni alla settimana la scuola vicino a casa costituita presso il locale Istituto Comprensivo, una scuola che frequentano attività miste: alcune materie sono in classe, alcune materie sono in videoconferenza, utilizzano una piattaforma per l'e-learning con materiali strutturati e soprattutto il supporto di comunicazione per tenere i contatti con le scuole di riferimento. Questa esperienza è supportata da un forte supporto tutoriale dal punto di vista sia tecnologico che didattico. Ulteriori informazioni su questo progetto si possono trovare a questo indirizzo che vedete e che è presente anche nelle slides che trovate in rete. Quali sono le principali criticità rilevate rispetto a questo progetto? Soprattutto il forte ricambio, il frequente ricambio del personale docente. Progetti di questo tipo che mettono insieme scuole diverse, che vogliono raggiungere degli obiettivi formativi alti, dare una scuola di qualità in un territorio marginale, hanno bisogno, utilizzano in modo intensivo le tecnologie telematiche, hanno bisogno di personale altamente qualificato, hanno bisogno di tutors altamente qualificati. Il frequente ricambio del personale docente che, come sappiamo, nelle scuole di montagna non ci rimane molto e spesso chiede il trasferimento molto velocemente, questa è una grande criticità che ci ha costretto a mantenere un programma di formazione continua di insegnanti che anno dopo anno si avvicendano in questo progetto. Questa è una delle cose fondamentali. Progetti di questo tipo devono essere supportati dalla sicurezza di avere personale formato. Carenza di materiali interattivi, didattici, curriculari. Molti dei materiali che noi troviamo per la scuola superiore sono materiali che non sono creati per il curricolo scolastico, per fornire le competenze necessarie al curricolo scolastico, per sostituire in qualche modo le attività di aula. Sono tutti materiali che vengono utilizzati a supporto dell'attività didattica tradizionale, d'aula per intenderci. Qual è stato l'impatto di questo progetto? Un impatto molto forte, sia a livello locale che a livello provinciale nel suo complesso. siamo riusciti a ridurre parzialmente il pendolarismo, soprattutto abbiamo creato un polo formativo telematico a disposizione di tutto il territorio e che oggi costituisce un polo che eroga formazione professionale, formazione per adulti oltre che alla scuola diurna, il biennio di scuola consortile diurno. Soprattutto questo progetto ha mostrato agli amministratori le potenzialità delle nuove tecnologiche per fare accedere a risorse per la formazione un numero crescente di persone che altrimenti non avrebbero potuto avere accesso a queste risorse, perché distanti dalle sedi di formazioni oppure perché impossibilitati, per ragioni di lavoro, di frequentare queste attività formative. Questo ha portato a un sistema di poli, a livello provinciale, oggi ne abbiamo otto come vediamo, poli telematici attrezzati per l'e-learning su tutto il territorio provinciale. In ogni polo formativo possiamo trovare, oltre naturalmente al laboratorio informatico, possiamo trovare una piattaforma per l'e-learning tramite la quale accedere a materiali didattici curriculari. Abbiamo la possibilità di avere strumenti per la videocomunicazione. Abbiamo la possibilità di avere un supporto sia online, per le attività didattiche, che on-site. Tutto questo ci ha permesso di creare dei gruppi classe delocalizzati sul territorio e quindi di vedere il territorio nel suo complesso come una vera e propria classe virtuale. Per questo motivo è stato possibile attivare una serie di altri progetti. Il primo è questo, uno dei più importanti, è questo di un biennio di scuola serale per adulti che rientrano in formazione. Anche qui il modello è quello misto, formazione d'aula, materiale online, utilizzo intensivo della video- comunicazione. Questo significa che oggi abbiamo realizzato sul territorio una vera e propria delocalizzazione dell'offerta formativa ridando pari dignità a tutte le parti del territorio. Attraverso il sistema di video- comunicazione oggi anche un paese di montagna può offrire la propria esperienza a tutto il resto del territorio. Non c'è più bisogno di essere residenti a Parma, di frequentare la scuola di Parma, di dovere scendere per frequentare la scuola serale dalla propria residenza o località di lavoro dell'Appennino per potere accedere a queste risorse. Questo per noi è un risultato molto importante perché è in funzione di un riequilibrio territoriale, che significa potere vivere la propria vita in territori in cui normalmente non si poteva avere accesso a risorse per la formazione. Sempre a seguito di questi progetti è stato quindi possibile, con i materiali strutturati, avviare dei percorsi di sostegno scolastico per gli studenti delle scuole superiori e di aiuto durante il periodo estivo. Anche per questi fortissimo è il supporto tutoriale. Su questo volevo insistere un attimo perché nei nostri progetti la tecnologia è importantissima, i sistemi di video- comunicazione sono importantissimi, i laboratori attrezzati importantissimi, la cosa più importante è il supporto. Questi strumenti funzionano se c'è un adeguato supporto. Questo significa se ci sono persone formate proprio per questa nuova tipologia di apprendimento. Dicevamo moduli didattici online che quindi possono essere aggregati per formare numerosi percorsi formativi e per tutte queste attività viene utilizzata una piattaforma che è stata creata dal laboratorio di telematica per il territorio e che è stata resa accessibile, come vediamo, per i disabili visivi attraverso una collaborazione che noi abbiamo attivato con un signore, che è un disabile visivo, non vedente proprio, che ha partecipato, è stato coinvolto in un corso di formazione professionale per esperti in metodologie di e-learning che è stato attivato sul nostro territorio proprio per creare figure professionali di sostegno a questo tipo di attività. L'inserimento di questa persona e il coinvolgimento di questa persona non vedente è stato veramente fondamentale per la riuscita di questo corso perché ci ha dato la possibilità di capire quali sono le problematiche, le criticità legate all'e-learning per persone non vedenti. Tra l'altro, come esito di questo corso, si è creata una cooperativa a Parma proprio di persone che si chiama "alfa learning" che utilizza, sperimenta, progetta attività anche in e-learning per disabili soprattutto per la riqualificazione professionale di disabili visivi.  Io mi fermo qui e grazie per l’attenzione.

Giorgio Sommi - grazie a Silvia Mossini per il suo intervento. Una frase che lei ha detto mi ha fatto venire in mente un certo tipo di illusione, che speriamo non sia tale. Si dice che non si è mai vista una mela matura che messa in un cesto faccia diventare tutte le altre mele mature anche se sono marce. Ecco una certa speranza c’è che attraverso Internet si diffondano i buoni esempi, e una frase detta prima da Silvia Mossini mi ha fatto pensare a questo: fosse vero, speriamo che si possa continuare, almeno che qualcosa prosperi perché sappiamo che anche i cattivi esempi si diffondono molto rapidamente con Internet.

Il prossimo intervento è di Carmelo Masala, che appartiene al consorzio Tecnofor di Cagliari e ci parlerà di, anche qui un lungo titolo: “Accessibilità informatica, apprendimento e situazione di handicap, esperienze in Sardegna”, da dove viene il Dott. Masala. In particolare il progetto si chiama "m@rte handicap", e in Marte c’è la chiocciolina. Fatemi dire un’altra cosa su questa chiocciolina. Io che mi occupo da un pò di tempo di informatica, quando è arrivata questa chiocciolina, taluni computer la prendevano come back-space logico e quando uno batteva la chiocciolina facevano un salto all'indietro e mangiavano il carattere scritto appena prima. Io non ho mai capito perché questa chiocciolina debba aver avuto tale diritto di cittadinanza,  e anzi, sia  diventato una specie di vezzo nelle reti, a parte il fatto tutti gli episodi umoristici di quanto uno cita dal telefono “chiocciola” e qualcuno scrive: ci, a, o, cc,i, o, elle, a. Va bene questo è un discorso: mai lasciare prevalere la tecnologia, ma trattarla con un pochino di intelligenza. Prego Dott. Masala.

Carmelo Masala - sono abbastanza soddisfatto degli interventi che mi hanno preceduto perché in parte hanno tracciato la strada di quello che doveva essere il contenuto del mio intervento. Devo dire che avevo preparato una relazione che è stata consegnata all'ASPHI (che troverete nel sito) in cui si formalizza la necessità di utilizzare il modello ICF come supporto e guida a questi interventi che riguardano questo sviluppo delle applicazioni informatiche e in particolare, appunto, l'utilizzo dell'informatica nelle persone con situazioni di handicap. In questa relazione c'è una premessa che è una sollecitazione alla precisione semantica, con un piccolo excursus storico in cui si fa un accenno a quelli che sono stati gli sviluppi, i passaggi dal concetto di invalidità, di invalido civile, al modello ICF, passaggio che è avvenuto tramite il modello ICDH che praticamente rappresenta l'ispirazione, il supporto alla legge quadro 104  del 92. Ricordo che nel modello ICDH e anche nella legge quadro si parla di menomazione, disabilità e handicap. Ciò che c'è di innovativo in quel modello è che la parola "handicap" cessa di significare “ portatore di handicap”, quindi la parola handicap non significa equivalente di paraparetico ad esempio, o emiplegico o afasico, ma significa qualcosa che ha a che fare con l'impatto che la persona, che ha una menomazione o una disfunzione di questo tipo, ha con la società. Quindi introduce un concetto molto dinamico della parola "handicap" che significa che si è handicappati momento per momento, diciamo in tempo reale, in base alle circostanze della vita che ci pone degli ostacoli che poi rendono molto più evidenti di quanto dovrebbero essere i nostri difetti. Dico questo perché sopravvive probabilmente anche in questo contesto, vedete sempre il termine portatore di handicap che diventa una sorta di bestemmia rispetto a questo modello. Portatore significa uno che porta qualcosa, che ha un difetto. Invece la parola handicap non significa più difetto ma situazione in cui il difetto diventa più evidente di quanto dovrebbe essere. Il modello ICF va ancora più avanti perché parla di partecipazione. Direi che anche l'ultima relazione era un inno alla partecipazione. E si parla di partecipazione e non si parla più di partecipazione necessariamente rivolta al soggetto in situazione di handicap, ma si parla di partecipazione di tutti. E’ un modello che praticamente ci rende classificabili tutte quelle condizioni che possono determinare il nostro funzionamento. Quindi diciamo c'è una condizione di salute e questa nostra condizione di salute può essere più o meno valida, più o meno accettabile, più o meno funzionale in base all'intervento di tutta una serie di condizioni, condizioni che possono avere un carattere fisico, come per esempio essere amputati, possono avere un carattere funzionale, come ad esempio avere delle difficoltà di linguaggio, possono condurre ad una situazione di disabilità, ma la stessa situazione di disabilità a sua volta non statica, perenne, ma è qualche cosa che poi diventa più o meno evidente, cioè io sono più o meno abile, a seconda degli strumenti, delle condizioni dello mio status psicologico, della situazione ambientale che appunto mi permette di essere abile e di potere partecipare. Il tutto è molto bello, diciamo, ma poi nella pratica è di difficile applicabilità, ovviamente, sia appunto perché ci sono delle nostre categorie mentali che ci conducono ancora a dire "portatore di handicap" e a dire ancora "disabile", e che ci rendono poi  difficile fare di volta in volta la fotografia di tutto ciò che può determinare la mia situazione di inabilità in quel momento e di difficoltà alla partecipazione. Si può essere molto pignoli, diciamo. Io direi che il modello ICF può essere anche insensibile in questo senso. Uno può avere diversamente abile a seconda che possa avere una carrozzina in grado di poter fare il fuori strada o di essere più veloce e più agile oppure al fatto che io abbia la strada asfaltata o c’e l’abbia piena di fango, ad esempio. Quindi pur essendo ugualmente paraparetico, sarò più o meno disabile, più o meno partecipante a seconda di tutta una serie di fattori contestuali che ho disponibili. Ho fatto questa premessa per dire, come abbiamo già visto e come è già stato anche esemplificato, questo discorso entra nell'informatica. Creare una rete quindi ci può rendere abili nella partecipazione, ma ci potrebbe rendere meno abili se abbiamo delle difficoltà a navigare in rete. Così come si è parlato dei libri che possono essere letti al computer. Anche qui ci sono situazioni di abilità o disabilità a seconda delle condizioni, e così vale per tutta una serie di soluzioni. Si può dire che eliminare le barriere architettoniche per gli emiplegici, non va bene per i parkinsoniani, perché i parkinsoniani hanno bisogno di difficoltà ambientali perché nelle difficoltà ambientali si muovono meglio, mentre gli emiplegici si muovono peggio. E tutto questo crea delle differenze e crea la necessità di dovere intervenire, misurare, valutare di volta in volta ciò che può modificare il nostro stato. Ovviamente tutto questo ha anche dell'utopia, no? Passiamo a "m@rte". M@rte significa: moduli di apprendimento reti tecno educative. Quindi non ha a che fare con il pianeta se non nell'ambizione del progetto. Diciamo che da questo punto di vista il progetto potrebbe essere considerato un progetto marziano. Progetto marziano perché, almeno per come è stato attivato in Sardegna, prevede una informatizzazione sistematica di tutte le scuole medie inferiori e superiori, o quasi tutte diciamo. Sono circa 500 scuole, quindi sono 500 aule d'informatica, 10 computer per aula, quindi 5000 computer, tutti collegati in rete, rendendo possibile ad ognuno uno scambio di informazioni, quindi una messa in rete diretta, che si attua sia con una possibilità di comunicazione diretta, ad esempio le chat, sia attraverso dei forum, sia attraverso un portale, e sia con l'utilizzo diffuso di strumenti anche software. Ad esempio la De Agostini sta provvedendo alla costruzione, credo che sia in fase già ormai di realizzazione, di semi lavorati per facilitare l'insegnamento di alcune materie, quali per esempio la fisica ed altre. Penso alla fisica perché mi immagino già che cosa si può mettere con la multimedialità per quanto riguarda la fisica, rendendo possibile però anche delle manipolazioni del programma, e quindi una certa possibilità da parte degli insegnanti, si parla di semi lavorati in questo senso, di  poter adattare il programma al proprio stile e alle necessità locali. Questo progetto, è un progetto anche abbastanza costoso, credo che siano circa 60 miliardi il costo complessivo del progetto. Si tratta di un progetto pilota che è stato voluto dalla regione sarda, c'è il MIUR nella collaborazione. E’ un progetto pilota che potrebbe poi essere esteso anche nelle altre regioni e questo si vedrà in base a quella che sarà l'efficacia e i problemi che saranno resi evidenti dal progetto stesso. Il progetto ha anche una sua sezione, devo dire tutto sommato ahimè  piccola, per quanto riguarda la cifra destinata, comunque presente, che riguarda l'handicap. Ecco devo dire il motivo per il quale è stata usata la parola handicap, perché ormai con l’ICF si dovrebbe parlare di partecipazione, di ricerca delle abilità. Si è chiamato "handicap" perché l'ICF non era stato ancora pubblicato, quindi quando è stato formulato il progetto eravamo ancora in pieno ICDH, quindi in piena legge quadro. L'ICF è del 2001 quindi, l'impostazione del progetto è avvenuta prima. La parte che riguarda l'handicap vuole essere il riconoscimento che anche in questo progetto, per le cosiddette persone in situazioni di handicap, quindi uso la vecchia terminologia, ci sia una accessibilità al progetto stesso quindi all'utilizzabilità di questi computers e diciamo delle risorse che questi computer possono offrire. Per avere questo appunto, sono state pensate alcune cose. Innanzitutto ci si è chiesti quante fossero le persone certificate. Voi sapete che il termine “situazione di handicap” nella scuola si abbina anche all’essere certificati, quindi ad avere anche l'insegnante di sostegno. Quindi, i soggetti, usiamo il termine handicappato, quindi quanti handicappati erano presenti in queste scuole, quindi quale grado di onere ci dovesse essere per rendere accessibile a tutti questi soggetti la rete stessa. Si è pensata anche un'altra cosa: di sperimentare l'utilizzabilità di tutti quei programmi che vengono costruiti per migliorare la situazione di handicap, per migliorare la situazione di disabilità, per migliorare la situazione menomazione, di vedere appunto in che modo tutti questi strumenti potessero determinare anche dei miglioramenti nell'ambito dell'apprendimento, nell'ambito della socializzazione, nell'ambito di una serie di condizioni che si devono andare a classificare e individuare. Per fare questo si è ricorso, quindi, faccio un passo indietro, al modello ICDH, e si sono create otto categorie di disabilità. Si è pensato ad otto categorie di disabilità pur sapendo che stavamo ricorrendo a un attributo personale piuttosto che a una situazione di individualizzazione personale. Si è pensato quindi ai non vedenti, ai non udenti, ai soggetti con ritardo mentale, soggetti con autismo, ai soggetti con disturbi specifici di apprendimento, ai soggetti con disturbi motori. Insomma abbiamo individuato otto categorie di persone e su queste categorie di persone si è pensato di agire in diversi modi: un modo è quello di vedere se era necessario ricorrere a degli ausili cosiddetti hardware: ad esempio tastiere speciali, mouse, situazioni di accesso alla tastiera, lettore di schermo e così via, e si è pensato anche di ricorrere a dei software cosiddetti didattici. Questo ha comportato una prima fase che ha interessato 40 soggetti che ci ha dato una panoramica delle necessità, delle esigenze, delle difficoltà di potere lavorare con la scuola, con gli insegnanti di sostegno in una modalità che non è universalmente accettata e che per certi versi può essere ancora contrastata. Questo ha costituito una prima fase della realizzazione del progetto. Ora siamo in una seconda fase per cui si sono complessivamente scelti 100 studenti, quindi con altrettanti e più insegnanti di sostegno, per i quali si fa una diagnosi funzionale sull'accessibilità informatica e sulle necessità informatiche. Si fa un corso di formazione per gli insegnanti. Si è preparato un protocollo di valutazione degli ausili informatici in cui si devono esprimere dei giudizi sull'utilizzabilità, sul tipo di utilizzabilità, sulla bontà della utilizzabilità e se vi è rispondenza, ad esempio, se l'uso indicato dai costruttori, dai produttori di questi programmi o di questo hardware corrisponda poi realmente alle necessità. Si è passato infine a una sperimentazione, praticamente che si sviluppa momento per momento perché siamo, da questa fase di tipo valutativo, orientativo, passati a un qualcosa che corrisponde ad un vero e proprio "PEI, Piano Educativo Individualizzato" in cui i moduli tecnico-educativi entrano massivamente. Quindi siamo in una fase in cui dovremmo in parte vedere quello che dovrà succedere anche se, dobbiamo dire, siamo a tre quarti del cammino per quanto riguarda le valutazioni, l'individuazione delle necessità. Diciamo che quelli che nel nostro gruppo conducono maggiormente l'esperimento hanno una formazione clinica, per cui questo ci ha portato a prediligere, rispetto alla scelta categoriale iniziale, a dover prediligere l'individuo e quindi la valutazione individuale delle necessità. Quindi praticamente ci saranno 100 diverse diagnosi funzionali e ci saranno probabilmente molte configurazioni personalizzate diverse, quindi poi si tratterà di vedere se per esempio un'aula di informatica dovrà essere attrezzata all'inizio della sua costruzione oppure se dovrà essere attrezzata successivamente, in base ai diversi alunni che dovranno fare parte della classe. Vi ricordo che quest'anno è stata promulgata la Legge Stanca che obbliga le pubbliche amministrazioni all'accessibilità informatica, quindi penso che anche un progetto di questo tipo dovrà prevedere soluzioni del genere. Questo però significa dovere attrezzare l'aula con tutta una serie di componenti hardware o software che potrebbero non necessariamente essere idonei per quei ragazzi che poi di fatto, staranno all'interno della scuola, correndo il rischio di avere degli strumenti che non servono e di non avere quelli che servono. Quindi noi stiamo un po’ spingendo sulla possibilità di essere molto analitici e quindi di ricorrere a dei progetti individualizzati, che sono poi veri progetti per l’alunno. Ecco vi ho raccontato quella che è la nostra storia, perché penso forse di essere andato oltre nel tempo, per cui se avete qualche domanda sarò lieto di rispondere.  Grazie.

Giorgio Sommi - se qualcuno ha domande le faremo tutte quante alla fine ai nostri relatori. L'ultima relazione che è l’ultima in ordine, non a caso è stata scelta per ultima perché abbiamo costruito come una colonna cominciando dall'alto, mettendo dei blocchi e la relazione che viene adesso è il basamento di questa colonna in quanto se il Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, il MIUR, non si fa partecipe di queste esigenze che emergono da quello che speriamo sia un bel matrimonio tra scuola e tecnologia, e promuove programmi e aiuta in queste cose non potremmo andare molto avanti. Ecco perché il titolo del prossimo intervento si chiama “Prospettive per il futuro” e viene fatto da Antonio Ciocca del MIUR. Prego.

Antonio Ciocca – buonasera. Mi chiamo Antonio Ciocca e rappresento il MIUR per l'Innovazione Tecnologica, cioè la Direzione Generale  per i Servizi Informativi. Diciamo che per quanto detto proprio adesso dal coordinatore, il MIUR sia qui l’interlocutore, la sponda di riferimento del discorso, cioè al di là dell'importantissimo scambio di esperienze è importante anche che poi ci sia qualcuno che si faccia carico di sostenere questa attività e di svilupparla. Credo che sia importante rendersi conto che ci si trova in una fase politico - amministrativa che va presa in considerazione, cioè il fatto che oltre all'autonomia delle istituzione scolastiche la riforma stessa del titolo V° della Costituzione sta portando appunto a forme di decentramento e quindi allo svilupparsi e moltiplicarsi di molte iniziative che non è possibile, tra virgolette, gestire o coordinare nel senso tradizionale. Questo va tenuto presente per non ingenerare equivoci su questa problematica. Però certamente c'è un punto che secondo me è fondamentale. Ripeto il mio intervento vuole essere un po’ di portare il discorso sui vari piani delle esperienze e delle problematiche: da quella micro, interessantissima e questo già posso anticiparlo, ne abbiamo parlato anche al Ministero con  l'ingegner Cecchini, sull'aula informatizzata, e quindi dell'unità di base, se vogliamo, di un sistema rinnovato su basi tecnologiche, il sistema formativo, per arrivare, abbiamo visto, all'esperienza fatta da Parma, a esperienze regionali e via via su piani più complessi, e quello che io adesso presento è il piano nazionale se vogliamo, istituzionale nel quadro anche europeo. E credo che sicuramente la legittimazione di un ruolo nazionale al MIUR e alla amministrazione pubblica, venga senz'altro dal processo di riforma della pubblica amministrazione che io qui ho indicato che è stato avviato già negli anni 80 con la famosa relazione degli esperti come Giannini, poi sviluppata dal ministro Cassese etc., quindi tutta la riforma della pubblica amministrazione che si era fondata su alcuni slogan, se vogliamo, ma anche su alcuni principi molto importanti: sicuramente quello di efficacia, di efficienza, vi ricorderete la legge 241 e quello poi della trasparenza che anticipa in qualche modo, appunto, l'accessibilità dei siti della pubblica amministrazione. Quindi diciamo che i fondamenti del discorso dal punto di vista istituzionale sicuramente sono questi. Sicuramente l'accessibilità poi ha sviluppato il discorso sia sulla dimensione internazionale, richiamandosi a principi molto più ampi, e sul piano tecnologico oltre che quindi giuridico – amministrativo. Ma non si può appunto trascurare assolutamente questa dimensione, come vedremo. Il discorso, lo diceva il prof. Fogarolo per esempio, introdotto dalla legge Stanca, all'articolo 5, sull'accessibilità di materiali didattici coinvolge tutt'ora la problematica dei diritti d'autore e adesso addirittura siamo investiti da questo. Io ho la fortuna di lavorare al CNIPA, Centro Nazionale per l’Informatizzazione della Pubblica Amministrazione, proprio appunto anche tra gli altri con esperti dell'ASPHI, e una delle problematiche più rilevanti è questa della trasparenza perché non è pacifico. Adesso sta incominciando a intervenire tutta la problematica della privacy. Ci sono adesso, lo avrete letto sulla stampa, molte indicazioni. A me stesso sono stati rivolti molti quesiti sulla privacy. In molte scuole, molti insegnanti si rifiutano di presentare il loro nome e la materia, sul sito, su Internet; come la direttiva dell'Authority prevede che non si possano dare più giudizi sugli elaborati dei ragazzi. Sempre in questa linea dell'accessibilità il discorso si è andato sviluppando con l'apertura di un osservatorio da parte del MIUR, l'Osservatorio Tecnologico, per vedere come nello specifico della scuola le istituzioni scolastiche affrontino questo problema. Mi dispiace di non averlo fatto, lo farò per un prossimo convegno, ma comunque se voi andate sul sito "istruzione.it" del MIUR trovate una locandina in cui c'è "innovazione tecnologica" e in “innovazione tecnologica” trovate una sigla: "OTPA - Osservatorio Tecnologico della Pubblica Amministrazione" e lì sono indicate tutta una serie di osservazioni, valutazioni, soprattutto viene indicato qual è lo stato delle iniziative, delle esperienze e anche degli studi fatti proprio per quanto riguarda l’accessibilità dei siti scolastici. Si è visto che i siti scolastici spesso non rispondono ai criteri minimi di accessibilità. Sembra che siano da ricercare nella volontà, questa è la ragione della mancata accessibilità, di creare siti troppo artigianali oppure troppo sofisticati. Cioè mancano ancora degli standard, un formato modello-tipo, a cui si possono adeguare i siti scolastici. Credo che in questo discorso si inserisca sicuramente anche quello delle aule scolastiche perché c'è poi tutta una problematica sicuramente collegata. In sintesi, i siti risultano poco conformi allo scopo principale che il sito stesso dovrebbe avere e cioè quello di servizio a carattere pubblico. Ecco perché mi sono richiamato alla riforma della Pubblica Amministrazione. Perché il rischio è che mille fiori crescono e poi cresca una torre di babele, nel senso che poi diventa difficile stabilire collegamenti e connessioni significative e utili. Dei principi generali della riforma della pubblica amministrazione ve ne avevo già parlato, ve l’ho anticipato, la legge 241 del ‘90. L'attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge, diretta da criteri di economicità, di efficacia e di pubblicità. Si partiva dall'accesso ai documenti amministrativi al fine di assicurare la trasparenza dell'attività amministrativa e di favorirne lo svolgimento imparziale. E’ riconosciuto a chiunque ne abbia interesse il diritto di accesso ai documenti amministrativi. E’ considerato documento amministrativo ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti formati dalle pubbliche amministrazioni o comunque utilizzati ai fini della attività amministrativa, e i target della comunicazione scolastica, i principali di cui tiene conto il sito del Ministero, sono famiglie e studenti. Qui dobbiamo precisare che abbiamo a che fare con una popolazione studentesca di circa 8 milioni di studenti, uniti alle famiglie, agli insegnanti e a tutto il resto si arriva a una realtà di circa 10 milioni di persone in qualche modo interessate alla scuola. Quindi vi rendete conto della dimensione e dei problemi di comunicazione che tutto questo comporta. Oltre alle famiglie e agli studenti abbiamo le rappresentanze sociali, imprese, enti locali, utenze interne, insegnanti, dirigenti etc. Quindi una grande varietà di destinatari con i quali dobbiamo fare i conti, quindi anche qui il discorso accessibilità, è stato bene detto prima, mi richiamo al prof. Fogarolo, accessibilità non è soltanto ai non vedenti. Oltretutto abbiamo riscontrato che i non vedenti, con tutta la problematica che questo comporta, non è la realtà statisticamente più rilevante. Quindi come dovrebbe essere un sito scolastico di qualità realmente accessibile? Dovrebbe presentare le seguenti caratteristiche: dovrebbe essere usabile, chiaro, corretto e aderente agli standard di questo consorzio internazionale che ha avuto un adattamento qui in Italia presso il CNIPA. Non sto a precisare queste cose perché sono già state sviluppate. In pratica si tratta di eliminare una serie di barriere nella comunicazione, per produrre documenti fruibili e accessibili, cioè documenti che possono essere utilizzati da tutti a prescindere dal sistema di navigazione utilizzato in una serie di situazioni particolari, come quando usiamo un browser non aggiornato, se si vuole navigare con dispositivi diversi. Il prof Fogarolo aveva già fatto vedere tutta una serie di conseguenze. Queste sono indicazioni comunque dell’Osservatorio Tecnologico, che mi sembra meritino, se non altro come schema di lavoro. Se si hanno problemi di vista, problemi di sordità, difficoltà di comprensione linguistica, ad esempio quando si è in un sito straniero o quando si è anziani, ma resta immutata la curiosità o il bisogno di ricevere informazioni dal web. Qui si vedono proprio le linee generali, mondiali del W3C, il consorzio che si occupa della accessibilità. La qualità dei siti scolastici. Gli obiettivi: rappresentare l'identità della scuola; rendere trasparente l'attività della scuola stessa e le attività di gestione del sito; favorire pratiche collaborative nella scuola e nel territorio; diffondere contenuti culturali e didattici; offrire servizi didattici per gli studenti; offrire servizi per i genitori. Su questi vari servizi didattici rimando a quello che è già stato accennato qui nel senso che si sta riscontrando lo svilupparsi molto positivo di comunità virtuali in Internet. Rimando a questo proprio un approfondimento e una documentazione molto ampia, una ricerca fatta da una società internazionale per conto del MIUR, sul nostro sito “innovazione tecnologica” appunto il Libro Bianco sulle TIC o ICT, trovate una parte, in questo ponderoso volume, dedicata all'e-learning e anche un utilissimo lessico, un Tesaurus, ma trovate appunto tutta una serie di studi di ricerche specifiche sui vari tipi di comunità esistenti, comunità di tipo educativo, formativo in Internet. Alcune vie di soluzione sono queste proposte da varie istituzioni e enti, quella del W3C, le linee guida per l'accessibilità sviluppate in Italia, la Legge Stanca e poi adesso qui accenno a un progetto a proposito di contenuti, un progetto internazionale che si conclude in questi giorni, il progetto Minerva per la qualità dei siti culturali pubblici. Poi sempre per concludere, i servizi per la scuola “porte aperte sul web”, siti, liste, discussioni, forum, etc. Queste, per chi volesse approfondire tutta la problematica sono alcune informazioni che lascio a disposizione dell'ASPHI e che poi troverete sul nostro sito. Sono appunti fonti utili che io ho utilizzato per questa occasione. 

Un brevissimo accenno a questo progetto Minerva che però comunque è di grande significato e importanza. Iniziato tre anni fa, il progetto Minerva ha visto la partecipazione di una ventina di paesi europei e non europei, come Israele. E’ stato coordinato dal Ministero dei Beni Culturali italiano, e appunto l’obiettivo, la finalità era quella di sviluppare un modello comune per il web culturale di qualità. In realtà, ottimizzare a livello europeo le attività di digitalizzazione dei contenuti scientifici e culturali. Storicamente è il primo grande esempio, tentativo di armonizzare, di trovare forme di armonizzazione a livello culturale europeo. Richiamo chiaramente il trattato di Maastricht dal quale era stata esclusa la dimensione della cultura europea. Con il progetto Minerva questo viene recuperato. Fra gli obiettivi di Minerva: stabilire criteri e metodologie specifiche per applicazioni di qualità nei web culturali pubblici. Voi vi chiederete che cosa c'entra con l'accessibilità e cosa centra con la scuola. In realtà c'entra moltissimo perché è chiaro che nel momento in cui una scuola, un’istituzione culturale, un’aula informatizzata vuole attingere al mondo dei beni culturali, quindi al patrimonio storico-scientifico etc., è chiaro che può attingere finalmente a questa fonte secondo un formato standard. Mentre prima collegarsi con un sito museo olandese, belga, poteva comportare una serie di difficoltà, di problematiche, ora invece è possibile appunto avere disponibile un formato standard in dimensione europea. I soggetti interessati sono appunto gli archivi, le biblioteche, i musei, gli scavi archeologici, il patrimonio culturale diffuso, cioè quello dei musei e delle istituzioni culturali locali, e io ho aggiunto, perché non c’era, le istituzioni educative e formative. Fra le altre cose, vado a concludere, utili prodotte dal progetto Minerva che ci interessano senz'altro è il manuale per la qualità nei siti web culturali, quindi trovate concrete indicazioni, è un libro che potete richiedere al Ministero dei Beni Culturali, andate sul sito “Minerva europe” e potete rivolgervi al ministero per avere questo manuale. E’ un oggetto prezioso perché offre dei modelli di lavoro di cosa per esempio un sito scolastico dovrebbe tenere conto in una presentazione equilibrata, per cui quando poi l'utente si affaccia sul sito ha le cose che sono considerate sul piano di scambio internazionale, condivise che si considerano le più importanti. Nell'ambito del manuale c'è un discorso molto interessante e utile che è il repertorio dei patterns per i servizi culturali pubblici. Cosa sono i patterns? Me lo sono fatto spiegare da quello che ha inventato il concetto, il Dott. Di Domenico Antonio a cui potete rivolgervi presso il CNIPA. I patterns sono esperienze formalizzate in relazione alle richieste e al gradimento di potenziali utilizzatori. Cosa significa in pratica. Per esempio, quello che è stato presentato qui dai vari relatori potrebbero diventare dei patterns, perché dalla loro viva esperienza (come in Sardegna, quello che ci diceva il Prof. Masala, o a Parma), certo con una opportuna elaborazione di tipo informatico, possono diventare delle buone pratiche, se vogliamo, formalizzate e messe a disposizione degli utenti. Quindi è una specie di prontuario. E’ allo stato iniziale, questo si riferisce molto ancora al discorso beni culturali o altro, ma può essere sviluppato se siete interessati ripeto potreste impostare dei progetti di lavoro dedicati proprio al lavoro degli insegnanti, ecc.. La questione dell’articolo 5, su questo ne ha parlato molto il prof. Fogarolo, vorrei dire che qui i problemi sono ancora tutti aperti, se ne sta lavorando molto al CNIPA, i problemi sono di ordine tecnico ed anche di ordine giuridico - amministrativo per quanto riguarda i diritti d'autore. L'articolo 5 comunque apre una strada completamente nuova nella storia della scuola e sicuramente oggi il discorso aperto dall'ASPHI è una direzione valida, e da questo punto di vista il ministero sta rispondendo positivamente a queste indicazioni offerte dall'ASPHI e in genere da chi si occupa di questi problemi proprio per sviluppare l'articolo 5. In modo particolare, più generale, diciamo che c'è sicuramente, posso testimoniarlo, un grandissimo impegno da parte del MIUR di rispondere a quelle che sono le esigenze del mondo della disabilità e più in generale rispondere a quelle che sono le esigenze del mondo della disabilità, e più in generale di un'innovazione della scuola. Tutto questo, pian piano viene metabolizzato nella prospettiva di quella che si chiama la visione della scuola 2010, cioè c'è un impegno da parte di tutti i ministri europei e del nostro in modo particolare, di utilizzare le tecnologie per uno sviluppo dell'insegnamento in un grande programma che si chiama appunto "scuola 2010" a cui poi io rimando a tutto il resto. ringrazio gli organizzatori e tutti gli altri che hanno dato ottimi contributi. Buonasera.

Giorgio Sommi - io ringrazio lei, abbiamo ricevuto un messaggio, che è questo: l'accessibilità è veramente una occasione importante per segnalare le esigenze dei disabili a un certo livello, l'abbiamo potuto riscontrare, l'attenzione all'accessibilità è una cosa che ci fa piacere, ma vorrei ricordare le parole di Flavio Fogarolo che ha detto l'accessibilità è solo l'inizio, ben venga, ma che sia proprio un inizio, e quindi abbia anche un seguito. Io qui concludo, ringrazio il pubblico che è ancora rimasto, proponevamo di finire per le cinque, abbiamo finito per le cinque, resta un minuto, se ci fossero eventuali domande da indirizzare ai relatori, quelli che sono rimasti presenti, sono benvenute. Se non ci sono domande allora io ricordo, di nuovo, che tutto quello che è stato fatto qua, è rintracciabile sul sito HANDImatica sia il contenuto del convegno, che tutto l’altro che l'ha accompagnato, con la traduzione in linguaggio dei segni, la sottitolazione, ed anche tutto il materiale che è stato lasciato dai relatori, tutte le slides, o gli abstracts di quello che è stato fatto. Grazie, e buon proseguimento in HANDImatica.