Caratteristiche cliniche dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo e l’aiuto delle tecnologie informatiche

 

Visconti P., Peroni M., Truzzi R.

Ambulatorio Autismo, U.O. NPI, Ospedale Maggiore, Bologna

Introduzione

Tale relazione ha l’intento di valutare come e se le caratteristiche cliniche dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo possano avvalersi delle proprietà delle tecnologie informatiche (ICT). L’approfondimento di questo argomento è nato in ambito clinico presso l’Ambulatorio Autismo dell’Ospedale Maggiore di Bologna: un servizio pubblico di II livello per l’approfondimento di questi Disturbi situato all’interno dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria Infantile diretta dal Dott. Giuseppe Gobbi. Tale servizio offre valutazioni multidimensionali sia ai fini di un miglior inquadramento diagnostico e funzionale che per la stesura di progetti psicoeducativi individualizzati. Per rispondere alla crescente richiesta di informazioni e suggerimenti in ambito informatico per soggetti con Disturbi Pervasivi dello Sviluppo l’équipe dell’Ambulatorio Autismo si è attrezzata per comprendere i pro e contro dell’utilizzo di questi mezzi in modo da favorire lo sviluppo di questi utenti; una ricerca bibliografica periodicamente aggiornata e una sperimentazione applicata completano questo iter conoscitivo.

 

Presentazione dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo

Il Disturbo Autistico fa parte dei Disturbi Pervasivi dello Sviluppo (PDD): sindromi croniche accomunate da alterazioni qualitative nelle aree di funzionamento sociale, della comunicazione e del comportamento. Nell’immaginario collettivo quando si parla di autismo oramai viene in mente il film Rain Man, o forse ora il protagonista del best seller “lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte” di Haddon. Questi sono esempi rappresentativi di una piccola parte dei PDD, circa di un 25-30%, vale a dire dei PDD ad alto funzionamento, cioè soggetti con difficoltà marcate nelle aree sopracitate, ma con un livello di intelligenza nella norma. Bisogna invece considerare che circa un 70% dei pazienti diagnosticati con PDD presentano in associazione gradi diversi di Ritardo Mentale.

L’eterogeneità del quadro sintomatologico dei pazienti affetti da PDD dipende inoltre dalla presenza di segni neurologici associati, dall’età e dal livello di linguaggio acquisito (50% non parlano, molti altri hanno un tipo di linguaggio ripetitivo ed ecolalico). Risulta quindi difficile introdurre una strategia univoca per l’intervento con queste persone. Parlare dell’informatica come forma di intervento con i PDD, non significa quindi fornire un elenco di software didattici-riabilitativi utili ed utilizzabili con questi soggetti. Questo argomento va infatti affrontato in modo diametralmente opposto: bisogna infatti basarsi sull’identificazione dei bisogni individuali e sulle conoscenze teoriche e cliniche delle caratteristiche dei PDD per poter proporre suggerimenti di qualsiasi tipo.

Le caratteristiche dei PDD

Nei soggetti diagnosticati con PDD riscontriamo difficoltà immaginative che si traducono in una difficoltà nel gioco: il bambino autistico è spesso incapace di giocare in modo spontaneo, spesso il gioco è sostituito da attività stereotipate come ad esempio la macchinina non viene usata in modo funzionale, ma i soggetti tendono spesso a concentrarsi su un particolare, per esempio una ruota, facendola girare in modo ripetitivo. Se il gioco riesce a raggiungere il livello funzionale, quasi mai raggiunge il livello simbolico del “far finta”. I problemi in questo ambito appaiono quindi in modo ancora più evidente se si tratta di giochi di simulazione o di imitazione.

Spesso sono presenti anomalie sensoriali: spesso il bambino non risponde o non si volta, tanto che uno dei primi campanelli dall’allarme dei genitori è che il figlio possa essere sordo. In realtà non si tratta di sordità ma di risposte sensoriali incostanti: la persona autistica potrebbe essere iposensibile (per esempio, al richiamo del proprio nome) o ipersensibile a certi tipi di rumore (il fruscio delle foglie o il rumore dell’aspirapolvere), spesso si riscontra infatti una tipica stereotipia: mettere le mani sulle orecchie.

Nei contesti sociali non organizzati, la persona autistica non sa come comportarsi e spesso presenta comportamenti non del tutto appropriati e non perché sia dispettoso o maleducato, piuttosto perché non comprende le conseguenze delle proprie azioni, non si mette nei panni degli altri e non immagina di poter far male, non sa come comunicare un disagio e non comprende le regole sociali. Spesso possono apparire isolati, passivi oppure strani. Di fronte all’imprevisto, la persona autistica che ama la prevedibilità e la ripetitività, spesso reagisce con crisi comportamentali che denotano gravi difficoltà di anticipazione degli eventi.

Il profilo neuropsicologico di questi soggetti si presenta come disomogeneo: esistono gravi difficoltà come, ad esempio, modalità di comportamento rigide e stereotipate, difficoltà di astrazione e generalizzazione nel problem solving, incapacità connaturata di comprendere il comportamento altrui come veicolato da stati mentali. Gli stessi soggetti presentano ugualmente una buona capacità di discriminazione a causa di un’iperselettività dell’attenzione e buone abilità visuo-spaziali. In questo senso il deficit di comunicazione, per esempio, può essere bypassato con un approccio di tipo visuo-spaziale. Sulla base di questi ed altri principi si fonda ad esempio la filosofia del TEACCH (Treatment and Education of Autistic and Communication Handicapped Children) che prevede una strutturazione dello spazio, del tempo e delle attività per favorire l’autonomia, lo sviluppo funzionale e la comunicazione. Numerosi risultati empirici e sul grado di soddisfazione delle famiglie in articoli riportati in letteratura hanno confermato l’efficacia del TEACCH, validando l’approccio a livello scientifico.

Un altro tipo di intervento che può basarsi su informazioni visuo-spaziali è quello tramite il supporto di soluzioni a contenuto informatico (ICT).

 

 

 

Perché l’informatica è adatta al funzionamento dei soggetti con PDD

L’informatica, oltre a veicolare l’informazione attraverso il canale visuo-spaziale preferito dai soggetti con PDD, ha altre importanti caratteristiche che possono aiutare queste persone. Non dimentichiamo, per iniziare, che il computer, essendo una macchina, non si spazientisce, non si altera e di fronte ad errori reagisce in modo assolutamente “anaffettivo”, senza alcun tono di ironia o di disapprovazione. Nel caso di bambini con PDD, questo diviene un vantaggio, poiché questi soggetti presentano specifiche difficoltà di interazione e di pragmatica della comunicazione che rendono complicata anche la comprensione dell’ironia. Per una persona con PDD diviene probabile che sia più facile comprendere la voce meccanica di una sintesi vocale, poiché quest’ultima è in grado di produrre uno stimolo uditivo stabile e senza particolari inflessioni. Una sintesi vocale risulta quindi altamente prevedibile e  preferibile ad una voce umana. Ovviamente con l’utilizzo dell’informatica non si vuole alimentare la connaturata rigidità dei soggetti autistici: se da una parte il computer è facilitante perché reagisce sempre nella stessa maniera ad una data azione, dall’altra parte possiamo intervenire gradualmente per modificare il tipo di feedback. Nel caso della sintesi vocale si potrà, per esempio, modificare una serie di parametri, quali velocità, intensità, tipo di voce e tono.

L’apprendimento può essere potenziato con l’utilizzo di software specifici. Alcuni software in commercio rispondono a caratteristiche particolarmente motivanti per soggetti che devono intraprendere un percorso di apprendimento. I software possono essere presentati sotto forma di gioco, in quanto nella maggioranza dei programmi è evidente l’aspetto ludico e competitivo; infatti di solito questi prodotti assomigliano a videogiochi, molto apprezzati anche dagli adulti, caratterizzati da azione, sfida, possibilità di scelta e divertimento. Rispetto ai videogiochi, i software didattici si ispirano a dei modelli di apprendimento sottostanti che permettono il rinforzo di particolari strategie.

Per esempio, un software del tipo “prova e impara” che gratifica con feedback sistematici l’utente quando risponde bene, è evidentemente costruito secondo un modello di apprendimento di tipo behaviorista, che prevede la presenza di rinforzi sistematici a risposte corrette. Questo favorirebbe notevolmente l’apprendimento di soggetti autistici che, in questo modo, potrebbero muoversi in un ambiente altamente prevedibile in cui i rinforzi sono puntuali e coerenti (Trehin, 1997). Il modello di riferimento cognitivo-comportamentale è infatti l’approccio che sperimentalmente apporta maggiori risultati con i soggetti con PDD; inoltre per ottenere cambiamenti positivi e significativi è necessario adottare un processo abilitativo il più possibile precoce e intensivo, diretto all’insegnamento di abilità essenziali, che includa la partecipazione attiva dei genitori nella progettazione e la realizzazione dell’intervento, percorsi che si ritrovano ampiamente nell’approccio cognitivo-comportamentale. L’ICT può quindi essere facilmente inserita in questo tipo di didattica e in progetti psicoeducativi che rispondano a individualizzazione del percorso e focalizzazione dell’attenzione.

Infatti alcuni software didattici possono favorire l’attenzione, soprattutto se si sfruttano le caratteristiche multimediali ed interattive, il controllo attivo dell’apprendimento da parte dell’utente e la possibilità di intervenire a livelli diversi di difficoltà e con la presenza di molti esempi. Alcuni aspetti strutturali di alcuni software possono essere particolarmente utili, per esempio l’Analogicità: si possono rappresentare contenuti astratti per mezzo di figure, schemi, vignette, cartoni animati, suoni, ecc.. Tali elementi assolvono evidenti funzioni legate all’attrazione, alla stimolazione della curiosità e dell’interesse.

La psicologia del pensiero e dell’apprendimento ci insegnano che buona parte delle nostre conoscenze sono codificate mentalmente non in strutture logico formali, ma in strutture che conservano le caratteristiche fisico- percettive della realtà. La capacità del software di sfruttare queste caratteristiche analogiche offre un ancoraggio al dato percettivo, molto utile per l’apprendimento. Nel caso dei PDD questo aspetto dei software didattici risulta ancora più importante, per i motivi sopraelencati.

Un altro vantaggio di alcuni software è la verifica del lavoro dell’utente senza necessariamente mantenere una presenza costante; questo permette di sviluppare una maggiore autonomia nel soggetto che probabilmente aumenterà la sua autostima. Inoltre alcuni programmi didattici possono favorire la consapevolezza delle proprie strategie in quanto, in certi casi, permettono di registrare e quindi riesaminare in un momento successivo la serie di mosse e scelte attuate. Poter disporre di una traccia dei ragionamenti compiuti aiuta a riflettere su di essi (metacognizione).

Inoltre la richiesta del software di compiere scelte e decisioni aiuta a scandire il ragionamento in fasi, e anche questo può facilitare la presa di coscienza e invitare alla pianificazione di strategie. I soggetti con PDD hanno un deficit specifico di pianificazione (Ozonoff, Pennington, Rogers, 1991), quindi risulta evidente l’utilità di attivare questo processo esecutivo fondamentale.

Esistono infine alcuni strumenti nati nella pratica clinica-riabilitativa che sono stati testati e validati con soggetti autistici e hanno dimostrato una buona efficacia: per esempio,  Bernard-Opitz et al. (1999) riportano che soggetti autistici non verbali mostrano maggiori interazioni vocali nella situazione computer assisted instruction rispetto alla situazione di intervento tradizionale logopedico. In questo studio si utilizzava  il software riabilitativo IBM SpeechViewer: un programma in grado di elaborare la voce dell'utente e di rappresentarla graficamente sullo schermo del computer, il programma risponde alle corrette verbalizzazioni con grafica animata (per esempio, attivando un caleidoscopio o mostrando un pallone che si gonfia ogni volta che il bambino emette il suono richiesto). Il vantaggio di tale software è quello di trasformare l'input verbale in output mediato dal canale visuo-spaziale, preferito dai soggetti autistici. Tale vantaggio è stato sfruttato anche da altri prototipi riscontrando risultati interessanti e generalizzati per aumentare il vocabolario e la grammatica in soggetti autistici verbali.

Riassumendo ci sembra interessante valutare in parallelo caratteristiche dei soggetti con Disturbo Autistico e PDD e le proprietà delle soluzioni a contenuto informatico (ICT) come sottoesposto nei due riquadri riassuntivi (schema 1 e 2).

 

Schema 1: riassunto

 

 

Schema 2: riassunto

 

 

 

Conclusioni

Con questa introduzione alle caratteristiche dei PDD e  delle tecnologie informatiche abbiamo voluto mettere in evidenza alcuni punti fondamentali per mostrare l’”utilizzabilità” degli strumenti informatici nel percorso psicoeducativo dei soggetti autistici. D'altra parte ribadiamo la convinzione che sia necessario  partire sempre dalla persona per non confondere l'opportunità di usare l'ICT con una necessità. Occorre infatti rifuggire dal considerare la tecnologia come una "panacea", cioè il credere che sia sufficiente introdurre queste tecnologie perché automaticamente l'educazione conosca l'innovazione e diventi efficace. È chiaro che un allievo in difficoltà non risolve i suoi problemi per il semplice fatto di poter usufruire di un computer, d'altra parte si pensa di aver portato alcuni argomenti a favore del fatto che ne potrebbe trovare svago e giovamento ed è per questo che bisognerebbe tentare anche questa possibilità, insieme a tante altre.

Bisogna inoltre approfondire come e se l’informatica possa favorire aspetti non del tutto appropriati tipici dei PDD come l’isolamento sociale e l’apprendimento di tipo meccanico, risulta quindi necessario studi sperimentali che valutino l’impatto di questi mezzi nella vita dei soggetti. È dunque per questi motivi che sono stati attivati percorsi pilota di ricerca (Peroni e Visconti, 2005) e studi di casi singoli  (I casi di Fabio e Giulia, vedi Atti Handimatica), passando dalla teoria esposta in questa trattazione introduttiva, alla pratica che sarà oggetto di argomentazione nella successiva parte.

 

Riferimenti bibliografici

Bernard-Opitz, V.; Sriram, N; Sapuan, S. (1999) Enhancing vocal imitations in children with autism using the IBM SpechViewer. Autism. Jun; Vol 3(2): 131-147.

Grandin, T. (1997) Internet ‘Haven’ for autistics. Computers and Medicine, August.

Ozonoff, S. Pennington, B.F, Rogers S.J. (1991). Executive Function Deficits in High- Functioning Autistic Individuals: Relationship to Theory of Mind. Journal of Child Psychology and Psychiatry, Vol. 32, No. 7, 1081-1105.

Peroni M., Visconti P., Truzzi R., Amati C. (2005). Dalla scuola materna col computer: il percorso di Giulia. Atti Handimatica 2004

Peroni M., Visconti P., Truzzi R., Giovannini F. (2005). Tecnologie Informatiche e Abilità Sociali: un progetto nelle scuole superiori per Fabio.  Atti Handimatica 2004

Peroni M. e Visconti P. (2005). Una ricerca applicata: le nuove tecnologie con persone autistiche. Atti Handimatica 2004

Trehin, P. (1997) L’uso dell’informatica nel processo educativo dei soggetti autistici. Atti del convegno Autismo le nuove frontiere della riabilitazione. Nola (NA).